La Cina applicherà dei dazi sul brandy importato dall’Ue. La nuova battaglia della guerra commerciale tra Bruxelles e Pechino prenderà il via il 15 novembre, quando il Dragone applicherà le tariffe su “alcune importazioni di brandy” dall’Ue, come si legge in una nota del ministero del Commercio cinese. Lo stesso dicastero ha annunciato di aver scoperto che questo liquore “è oggetto di dumping nel mercato cinese, il che ha causato danni significativi all’industria nazionale” del settore.
Il ministero ha rilevato questo meccanismo nell’ambito dell’indagine antidumping sui prodotti Ue avviata nei mesi scorsi, mentre l’ipotesi dei dazi Ue sulle auto elettriche cinesi diventava sempre più concreta. Dal 31 ottobre, l’ipotesi si è trasformata in realtà. Ora Pechino ha deciso di applicare le restrizioni sul brandy proprio nell’ambito dei negoziati con Bruxelles per far cessare i dazi europei, che arrivano fino al 35,3%, ovvero al 45,3% considerando la tariffa del 10% genericamente applicata su tutti i prodotti cinesi importati nell’Unione europea.
A nulla è servito il viaggio a Shanghai del ministro francese del Commercio estero, Sophie Primas per convincere la Cina a risparmiare l’industria del cognac da un’indagine che riguarda anche formaggi e carne suina prodotti in Ue.
Dazi, la trattativa Pechino-Bruxelles
La tensione ruota attorno ai dazi sulle auto elettriche del Dragone decisi da Bruxelles per rispondere alla “concorrenza sleale” di Pechino che ‘droga’ il mercato con ingenti aiuti economici alle case automobilistiche cinesi. Entrambe le parti si sono rivolte più volte al Wto, dove è in corso una complicata trattativa per evitare l’escalation dei dazi.
Intanto, a giugno la Cina ha risposto all’Unione europea con un’indagine antisovvenzioni sulle importazioni di carne suina dall’Unione Europea per verificare se i sussidi forniti dai Paesi europei ai propri produttori di carne suina siano conformi alle normative dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Non sono stati ancora imposti dazi definitivi, ma l’indagine potrebbe portare a tali misure in futuro.
Situazione analoga per quanto riguarda i formaggi europei su cui Pechino ha avviato un’indagine antidumping dal 21 agosto. Anche in questo caso, l’obiettivo è speculare a quello europeo, ovvero determinare se i sussidi statali dei Paesi europei alle imprese di settore violino le regole internazionali.
Intanto, la Commissione Europea ha dichiarato di essere pronta a difendere gli interessi dei produttori lattiero-caseari dell’Ue contro eventuali dazi, che al momento non sono partiti. Il Paese europeo più esposto al rischio di una guerra commerciale con Pechino è la Spagna, che tra brandy, formaggi e carne suina è il principale Paese esportatore in Cina. Non a caso, prima che i dazi europei sulle auto cinesi entrassero in vigore, il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez ha chiesto pubblicamente alla Commissione e agli Stati membri di “riconsiderare” le tariffe proposte sulle auto elettriche cinesi dopo aver raggiunto Xi Jinping a Pechino: “Dobbiamo riconsiderare tutti, non solo gli Stati membri ma anche la Commissione, la nostra posizione nei confronti di questo movimento”, ha dichiarato Sánchez a Shanghai, ultima tappa della sua visita ufficiale di quattro giorni in Cina. “Come ho detto prima – ha proseguito il leader socialista – non abbiamo bisogno di un’altra guerra, in questo caso una guerra commerciale. Dobbiamo costruire ponti tra l’Unione europea e la Cina”.
Durante l’incontro con il presidente cinese Xi Jinping, Sánchez ha evidenziato il “ruolo centrale” che la Cina svolge sulla scena mondiale, paragonando la sua influenza a quella dell’Europa: “dobbiamo fare sforzi costruttivi per trovare soluzioni che vadano a beneficio di tutte le parti”.
La Commissione europea ha assicurato che, in caso di accordo con la Cina nei prossimi cinque anni, sospenderà i dazi ma non li cancellerà. In questo modo, se Pechino non dovesse rispettare l’eventuale accordo, Bruxelles potrebbe riattivare i dazi senza dover ripetere l’iter che ha già messo in luce una profonda divisione sul tema tra i Ventisette.
Una storia già vista, ma al contrario
“La storia non si ripete ma fa rima”, affermava lo scrittore americano Mark Twain. In effetti, l’Ue ha già visto qualcosa di molto simile, ma dall’altra parte c’erano gli Stati Uniti, non la Cina: il 18 ottobre 2019, gli Usa avevano applicato una dazio aggiuntivo del 25% sulla lunga lista di prodotti importati dall’Italia e dall’Unione Europea, tra cui Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Gorgonzola, Asiago, Fontina, ma anche salami, mortadelle, crostacei, agrumi, succhi e liquori come amari e limoncello. Cinque anni fa, il cibo europeo era stato ‘sanzionato’ nell’ambito della guerra commerciale che contrapponeva l’Unione Europea agli Stati Uniti sugli aiuti al settore aereonautico che riguardava l’americana Boeing e l’europea Airbus.
Tutti i prodotti citati ricalcano la nuova guerra commerciale tra Cina e Ue che, rispetto al 2019, avviene in un contesto geopolitico molto più polarizzato, soprattutto a causa dell’invasione russa in Ucraina che ha riportato uno spirito di collaborazione tra Ue e Usa. Almeno fino alla rielezione di Donald Trump, che fa del protezionismo uno dei pilastri della sua politica.
Mattarella: “No al protezionismo”
In questo contesto il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha lanciato un monito proprio dalla capitale cinese, in occasione di una lectio magistralis all’università di Pechino: “Nessuno in Europa, men che meno l’Italia, immagina una stagione di protezionismo. In coerenza con questa impostazione riteniamo che situazioni e procedure riguardanti un settore commerciale, volte al raggiungimento di un’equa e corretta concorrenza e di intese reciprocamente vantaggiose, non debbano ripercuotersi sulle pratiche commerciali di altri comparti”.
Implicito il riferimento alla risposta di Pechino, che ai dazi sulle auto minaccia di rispondere con i dazi su altri settori, ben diversi come la carne suina, i formaggi e il brandy che dal 15 novembre potrebbe diventare il primo prodotto europeo concretamente oggetto di dazi cinesi.
Il presidente Mattarella ha concluso il suo messaggio ricordando che: “Un dialogo tra Pechino e l’Unione Europea fluido, responsabile e approfondito anche in ambito politico e strategico, rappresenterebbe un valore”.