Bruxelles e Mosca si preparano per il 9 maggio. Da un lato, la Piazza Rossa di Mosca, trasformata in un palcoscenico di memoria celebra l’80esimo anniversario della sconfitta del nazismo: un momento di affermazione politica, un rito nazionale che riflette le ambizioni del Cremlino. In un contesto internazionale segnato da tensioni, il Giorno della Vittoria continua a essere una celebrazione che divide e schiera.
Dall’altro lato, l’Europa si prepara a festeggiare la sua Giornata che pone le proprie radici nella “dichiarazione Schuman“, un discorso storico di Robert Schuman nel 1950 che pose le basi per la futura cooperazione europea e che quest’anno ha raggiunto i suoi 75 anni.
Due anniversari importanti, due radici diverse e i riflettori di tutto il mondo puntati: perché è così importante il 9 maggio e quali saranno gli assenti e i presenti al fianco di Putin?
Festa della Vittoria
La celebrazione del Giorno della Vittoria ha vissuto profonde trasformazioni. Nasce il 24 giugno 1945, quando le truppe dell’Armata Rossa, reduci da Berlino, deposero le bandiere naziste davanti al mausoleo di Lenin. Stalin scelse di non dare eccessivo risalto a questa giornata, retrocedendo nel ’47 la Festa a semplice giorno lavorativo, oscurato dalla più importante celebrazione della Rivoluzione d’Ottobre. Parte di questa decisione derivava dalla volontà di Stalin di minimizzare la popolarità del maresciallo Georgij Žukov, eroe della guerra. Fu Leonid Brežnev, ex segretario generale del Partito comunista dell’Unione sovietica, che nel 1965 reintrodusse la festività, stabilendo che fosse celebrata ogni cinque anni.
Quando Vladimir Putin salì al potere, comprese immediatamente il valore emotivo e politico della celebrazione e nel 2005, trasformò il 9 maggio in un evento centrale per la Russia, con una parata imponente e una forte enfasi sull’eroismo della società sovietica. Se vent’anni fa, la Russia con Putin ospitava leader occidentali come l’americano George W. Bush, il francese Jacques Chirac, il tedesco Gerhard Schröder e l’italiano Silvio Berlusconi, oggi gli equilibri sono cambiati.
Il 9 maggio in Piazza Rossa: “Tregua con Kiev”
Negli ultimi anni, il Giorno della Vittoria ha assunto una dimensione sempre più politica. Con l’invasione dell’Ucraina, il Cremlino ha accentuato la retorica sulla Seconda guerra mondiale, tracciando parallelismi tra il conflitto attuale e la lotta contro il nazismo.
Non sorprende che Kiev abbia preso le distanze da questa rappresentazione, nel 2023, firmando una legge per spostare la commemorazione al giorno precedente, l’8 maggio, in linea con la tradizione europea. Oggi Zelensky ha precisato che non potrà garantire la sicurezza dei funzionari stranieri che decidano di partecipare alla cerimonia russa: “Non possiamo essere ritenuti responsabili di ciò che accade sul territorio della Federazione Russa”. Un segnale evidente della frattura politica che ormai domina il significato della festa.
Una festa tra tensioni e attacchi?
Le celebrazioni si svolgeranno in un clima di alta tensione. Gli attacchi con droni da parte dell’Ucraina hanno già inciso sulle misure di sicurezza. In Crimea, la parata militare è stata cancellata per ragioni precauzionali, mentre a Mosca, in queste ore, almeno 105 droni sono stati abbattuti dalle difese russe.
Il Cremlino ha annunciato una tregua di tre giorni per la Festa della Vittoria, ma Kiev non l’ha riconosciuta, definendola una semplice “tregua da parata”. Zelensky ha ribadito che sarebbe disposto a negoziare un cessate il fuoco più duraturo, ma ha accusato Mosca di aver continuato gli attacchi lungo la linea del fronte, nonostante l’annuncio del Cremlino. Dallo scorso 29 aprile, secondo fonti ucraine, la Russia avrebbe lanciato più di 1.800 bombardamenti, causando centinaia di vittime.

Giornata dell’Europa, assenti e presenti a Mosca
Nessun leader di primo piano della Ue o della Nato sarà presente, ad eccezione del premier slovacco Robert Fico e del leader serbo-bosniaco Milorad Dodik. Il presidente serbo Aleksandar Vučić, che inizialmente aveva confermato la sua partecipazione, ha dovuto rinunciare per problemi di salute.
L’occasione assume ancora più valore visto l’anniversario altrettanto sentito per i 75 anni della dichiarazione che pone le basi dell’Unione europea.
A fianco di Putin ci saranno invece il cinese Xi Jinping, il bielorusso Aleksandr Lukashenko e il brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, insieme a Nicolas Maduro, presidente del Venezuela, Miguel Díaz-Canel, Cuba, e Mahmoud Abbas, Palestina. Il messaggio è chiaro: Mosca non cerca più riconoscimenti dall’Occidente, ma rafforza i legami con alleati considerati strategici.

Oltre la festa: gli incontri bilaterali tra Mosca e Il Cairo
Nonostante la tensione, la celebrazione sarà anche un’occasione diplomatica. Il presidente russo Vladimir Putin incontrerà il leader egiziano Abdel Fattah al-Sisi per discutere i rapporti bilaterali tra Mosca e Il Cairo, con particolare attenzione ai progetti economici comuni, come la costruzione della prima centrale nucleare egiziana. L’Egitto, da sempre mediatore in Medio Oriente, potrebbe avere un ruolo chiave nei negoziati futuri della Russia nella regione.
Il Giorno della Vittoria, in sintesi, continua a essere il momento più simbolico del calendario russo, ma il suo significato è mutato profondamente. Se nel 2005 rappresentava una giornata di unità e diplomazia, oggi si è trasformato in un evento che riflette nuove sfere d’influenza e la ridefinizione dei blocchi geopolitici.