Che cosa rende una regione europea più competitiva di un’altra? Quali elementi contribuiscono al divario tra le aree più sviluppate e quelle in difficoltà? E, soprattutto, in che modo le politiche dell’Unione Europea possono colmare queste distanze per costruire un futuro più coeso e prospero? L’ultima edizione dell’Indice di Competitività Regionale (RCI) 2.0, pubblicata dalla Commissione Europea, offre un’analisi approfondita sulle dinamiche che influenzano la competitività territoriale nel nostro continente. Grazie a una metodologia completamente rinnovata, il rapporto presenta un quadro dell’Europa a più velocità, mettendo in evidenza progressi e criticità nei percorsi di sviluppo delle sue regioni.
L’Indice di Competitività Regionale si configura come uno strumento essenziale per comprendere le dinamiche economiche e sociali all’interno dell’Unione Europea. Introdotto nel 2010 e aggiornato ogni tre anni, questo indice fornisce una visione dettagliata della capacità delle regioni di attrarre imprese e cittadini attraverso un contesto favorevole e sostenibile. L’edizione 2022, elaborata con una metodologia aggiornata, consente di tracciare l’evoluzione della competitività regionale negli ultimi sei anni, evidenziando progressi, stagnazioni e arretramenti.
Utrecht, Île-de-France e Zuid-Holland sul podio
Le regioni di Utrecht e Zuid-Holland nei Paesi Bassi, insieme all’Île-de-France, svettano come le più competitive dell’Unione Europea. Questa leadership si riflette non solo nei valori del PIL pro capite, ma anche nella capacità di attrarre neolaureati, garantire opportunità lavorative e creare un contesto favorevole per le donne. La ricetta del successo è composita: infrastrutture all’avanguardia, istituzioni solide e un mercato del lavoro efficiente sono solo alcuni degli ingredienti. Tuttavia, il divario con le regioni meno sviluppate è ancora profondo, specialmente nelle aree dell’Europa orientale e meridionale, dove molti territori lottano per mantenere il passo con la media europea.
Le mappe interattive dell’indice, che analizzano i dati delle regioni statistiche NUTS 2, delineano un continente diviso in tre macro-gruppi. Da un lato, i paesi dell’Europa centrale e settentrionale vantano tutte le regioni sopra la media Ue. Dall’altro, l’Europa dell’Est presenta un quadro opposto, con poche eccezioni rappresentate dalle capitali. Infine, il Sud Europa, Italia compresa, oscilla sotto la media, con poche regioni che emergono positivamente, tra cui la Lombardia, la Catalogna e l’area metropolitana di Lisbona.
Lenti miglioramenti nell’Europa orientale e frenate nel Sud
Un dato interessante è l’evoluzione della competitività regionale nel tempo. Tra il 2016 e il 2019, molte regioni meno sviluppate, soprattutto nell’Europa orientale, hanno registrato progressi significativi, grazie anche agli investimenti della politica di coesione europea. La Polonia, gli Stati baltici, la Croazia e la Slovenia hanno mostrato una crescita costante, mentre in paesi come la Romania e la Bulgaria alcune aree hanno addirittura peggiorato le proprie performance rispetto alla media Ue. Nel triennio successivo (2019-2022), il trend è proseguito, ma in modo meno uniforme. Se da un lato le regioni orientali hanno continuato a recuperare terreno, dall’altro le regioni meridionali, in particolare quelle italiane e cipriote, hanno segnato il passo.
Il caso italiano merita un approfondimento particolare. Nonostante il miglioramento della Lombardia, unica regione sopra la media europea con un indice sintetico di 103,3, molte altre regioni italiane sono rimaste indietro. La Calabria, ad esempio, con un indice di 58,9, è la regione meno competitiva d’Italia e si colloca al 220° posto tra le regioni europee. Un miglioramento si registra invece nelle Marche e in Puglia, grazie ai progressi in innovazione, infrastrutture e alta formazione. La Liguria, al contrario, ha perso punti rispetto al passato, nonostante un lieve recupero nella qualità delle istituzioni.
Capitali trainanti, ma con sfumature nazionali
Un elemento ricorrente è il ruolo delle regioni delle capitali come poli di competitività. Tuttavia, il divario tra queste e le altre regioni varia notevolmente da un paese all’altro. In Francia, Romania e Slovacchia, ad esempio, il gap è particolarmente marcato, mentre nei paesi più competitivi, come i Paesi Bassi e la Germania, le differenze risultano meno accentuate. Questo dato suggerisce che una distribuzione più uniforme delle risorse e degli investimenti può favorire una crescita più equilibrata, riducendo le disparità interne.
Nel caso italiano, sorprende che la Lombardia non sia la regione più competitiva d’Europa, nonostante alcuni indicatori positivi come la dimensione del mercato (177,1) e le infrastrutture (137). La qualità istituzionale resta un tallone d’Achille, con un indice di appena 57,1, evidenziando la necessità di riforme strutturali per migliorare la governance.
Un’Europa a più velocità, ma con obiettivi comuni
In un’Europa sempre più interconnessa, la competitività regionale non è solo una questione economica, ma un elemento chiave per il benessere sociale e la sostenibilità ambientale. L’RCI 2.0, con i suoi 68 indicatori e 11 pilastri, ci offre una prospettiva multidimensionale per comprendere le dinamiche del continente. Le sfide restano molteplici, ma l’obiettivo è chiaro: costruire un’Europa più equa e coesa, dove ogni regione possa esprimere il proprio potenziale.
L’indice di competitività regionale non è solo una fotografia statica, ma uno strumento prezioso per guidare le politiche europee. Come sottolinea Elisa Ferreira, Commissaria per la Coesione e le Riforme, “poiché ciascuna regione è unica, forniamo un sostegno su misura a ognuna in modo da responsabilizzarla e aiutarla a sfruttare i propri punti di forza”. Questo approccio è fondamentale per promuovere la convergenza verso l’alto, garantendo che le regioni meno competitive migliorino i loro risultati senza penalizzare quelle più avanzate.
La politica di coesione dell’Ue, principale strumento di investimento regionale, gioca un ruolo cruciale in questa strategia. Gli interventi mirano a creare posti di lavoro, sostenere la competitività delle imprese, favorire la crescita economica e migliorare la qualità della vita dei cittadini. Tuttavia, per massimizzarne l’impatto, è necessario un monitoraggio costante e un adattamento delle politiche alle esigenze specifiche di ciascun territorio.
Se il cammino verso la convergenza è ancora lungo, l’importante è continuare a muoversi nella giusta direzione, investendo nelle infrastrutture, nella formazione, nell’innovazione e, soprattutto, nelle persone. Perché, in fin dei conti, la competitività di una regione non si misura solo in numeri, ma nella qualità della vita che offre ai suoi cittadini.