Competitività, Rapporto Draghi: se l’Ue non agisce, sarà una lenta agonia

L’Europa ha davanti una sfida esistenziale ancora prima che economica: per vincerla, servono investimenti doppi di quelli del Piano Marshall
1 settimana fa
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Mario Draghi e Ursula von der Leyen (Wiktor Dabkowski/ZUMA Press Wire/Shutterstock/IPA/Fotogramma)

Se l’Unione europea non farà qualcosa, si spegnerà in una lenta agonia. Nell’Ue “siamo già in modalità crisi. Non riconoscerlo significa ignorare la realtà”. Ecco perché occorre agire: subito, radicalmente. È questo il punto di partenza dell’ex premier italiano Mario Draghi, che oggi a Bruxelles ha presentato ufficialmente in suo attesissimo Rapporto sulla competitività insieme alla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che glielo aveva commissionato un anno fa con l’obiettivo di capire come risollevare le sorti dell’economia del blocco.

“Questo rapporto – ha detto Draghi – arriva in un momento difficile per il nostro continente. Dobbiamo abbandonare l’illusione che solo rimandando si possa preservare il consenso. In realtà, la procrastinazione ha solo prodotto una crescita più lenta. E di certo non ha prodotto alcun consenso. Siamo arrivati al punto in cui, senza agire, dovremo sacrificare il nostro benessere, il nostro ambiente o la nostra libertà“.

Per l’Europa è una sfida esistenziale prima che economica

Come trapelato nei giorni scorsi, Draghi sostiene la necessità di un cambio radicale, a 360 gradi, se l’Unione non vuole continuare ad arretrare in un contesto internazionale in rapida evoluzione ma vuole mantenere un ruolo forte nello scacchiere mondiale. Aumentare la propria produttività e dunque la propria competitività è la condizione sine qua non, nel lungo periodo, per preservare il proprio modello sociale. Non è solo una questione economica, ma una vera e propria “sfida esistenziale”, ha sottolineato l’ex capo della Bce.

Che ha spiegato il concetto con molta chiarezza: “Se l’Europa non potrà diventare più produttiva saremo costretti a scegliere. Non saremo in grado di diventare, allo stesso tempo, leader nelle nuove tecnologie, un faro della responsabilità climatica e un attore indipendente sulla scena mondiale. Non saremo in grado di finanziare il nostro modello sociale. Dovremo ridimensionare alcune, se non tutte, le nostre ambizioni”.

“I valori fondamentali dell’Europa – ha continuato – sono prosperità, equità, libertà, pace e democrazia in un ambiente sostenibile. L’Ue esiste per garantire che gli europei possano sempre beneficiare di questi diritti fondamentali. Se l’Europa non sarà più in grado di fornirli ai suoi cittadini, o se dovrà barattare l’uno con l’altro, avrà perso la sua ragion d’essere. L’unico modo per affrontare questa sfida è crescere e diventare più produttivi, preservando i nostri valori di equità e inclusione sociale. E l’unico modo per diventare più produttiva è che l’Europa cambi radicalmente”.

E proprio per questo senso di urgenza, le misure contenute nel Rapporto sul futuro della competitività europea “sono concepite per essere attuate rapidamente, per fare una differenza tangibile per le prospettive dell’Europa”.

Per questo, ha evidenziato Draghi, il Rapporto è “granulare e concreto: contiene 170 proposte a livello generale poi declinate in sotto-proposte di vario tipo. Non partiamo da zero, ma abbiamo la speranza di poter realizzare tutto quello che indichiamo nel rapporto”.

Draghi: “Nella nostra unità troveremo la forza per riformare”

Tuttavia, ha chiarito l’ex capo della Bce, “perché la strategia delineata in questo rapporto abbia successo dobbiamo iniziare una valutazione comune della nostra posizione, degli obiettivi a cui vogliamo dare priorità, dei rischi che vogliamo evitare e dei compromessi che siamo disposti a fare. Dobbiamo garantire che le nostre istituzioni, democraticamente elette, siano al centro di questi dibattiti. Le riforme possono essere veramente ambiziose e sostenibili solo se godono del sostegno democratico”.

Per Draghi, “dobbiamo assumere una nuova posizione nei confronti della cooperazione: rimuovendo gli ostacoli, armonizzando regole e leggi e coordinando le politiche. Ci sono diversi ambiti in cui possiamo procedere. Ma quello che non possiamo fare è non andare avanti affatto”.

“La nostra fiducia che riusciremo ad andare avanti – ha sottolineato – dovrebbe essere forte. Mai in passato la dimensione dei nostri Paesi è apparsa così piccola e inadeguata rispetto alla portata delle sfide. Da molto tempo l’autoconservazione non era un problema simile, che riguarda tutti. Le ragioni per una risposta unitaria non sono mai state così convincenti. Nella nostra unità troveremo la forza per riformare”.

Servono investimenti doppi al Piano Marshall

L’Unione, ha notato Draghi, “sta entrando nel primo periodo della sua storia recente in cui la crescita non sarà sostenuta dall’aumento della popolazione. Entro il 2040, si prevede che la forza lavoro diminuirà di quasi 2 milioni di lavoratori ogni anno. Dovremo puntare maggiormente sulla produttività per stimolare la crescita”.

Per far ciò, nei prossimi anni dovranno essere messi in campo investimenti in una misura “senza precedenti” nella storia recente dell’Unione.

Quanto? Queste le cifre snocciolate da Draghi: “Per digitalizzare e decarbonizzare l’economia e aumentare la nostra capacità di difesa, la quota di investimenti in Europa dovrà aumentare di circa 5 punti percentuali del Pil. Si tratta di un dato senza precedenti: per fare un confronto, gli investimenti aggiuntivi previsti dal piano Marshall tra il 1948 e il 1951 ammontavano a circa l’1-2% del Pil annuo”.

Tradotto in soldoni, il fabbisogno finanziario necessario all’Ue per raggiungere gli obiettivi indicati nel rapporto Draghi è di almeno 750-800 miliardi di euro di investimenti aggiuntivi annui. Il Piano Marshall, per continuare il confronto, aveva impiegato 13 miliardi di dollari (circa 150 miliardi di dollari di oggi)

Nuovo debito comune per finanziare Difesa e Industria

Ma come reperire le risorse necessarie? I soli capitali privati non potranno coprire il cospicuo fabbisogno di investimenti che il Vecchio Continente avrà nei prossimi anni, per cui Draghi spinge perché l’Ue emetta un nuovo debito comune per finanziare le sue esigenze industriali (competitività) e di difesa (sicurezza europea), basandosi sul modello del NextGenerationEu. L’Unione dovrebbe prevedere forme di “finanziamento congiunto” per i “beni collettivi europei fondamentali”, magari emettendo “safe asset” europei (titoli obbligazionari a basso rischio).

“Inoltre, quanto più l’Ue sarà disposta a riformarsi per generare un aumento della produttività, tanto più aumenterà lo spazio fiscale e tanto più facile sarà per il settore pubblico fornire sostegno” ai capitali privati, si legge nel Rapporto. A tale scopo, prosegue, “il bilancio dell’Ue dovrebbe essere riformato per aumentarne l’efficacia e l’efficienza, oltre a essere meglio sfruttato per sostenere gli investimenti privati, istituendo un pilastro della competitività”. Non solo: “l’emissione di asset comuni su base più sistematica richiederebbe un insieme più forte di regole di bilancio che garantiscano che un aumento del debito comune sia accompagnato da un percorso più sostenibile del debito nazionale”.

Draghi raccomanda inoltre nel suo rapporto di “aumentare i finanziamenti europei per la Ricerca e Sviluppo nel campo della difesa e di concentrarli su iniziative comuni. Nessuno Stato membro può finanziare, sviluppare, produrre e sostenere efficacemente tutte le capacità e le infrastrutture necessarie per mantenere la leadership nelle tecnologie più avanzate di oggi”.

Oltre all’aspetto finanziario, c’è anche quello normativo: l’Unione europea, ha spiegato Draghi, ‘tarpa’ lo sviluppo delle imprese innovative, con il risultato che i pochi ‘unicorni’ che nascono in Europa vanno a crescere negli Usa. “Il problema non è che all’Europa manchino idee o ambizioni. Abbiamo molti ricercatori e imprenditori di talento che depositano brevetti. Ma l’innovazione è bloccata nella fase successiva: non riusciamo a tradurre l’innovazione in commercializzazione, e le aziende innovative che vogliono espandersi in Europa sono ostacolate, in ogni fase, da normative incoerenti e restrittive“.

“Di conseguenza, molti imprenditori europei preferiscono cercare finanziamenti da venture capitalist statunitensi ed espandersi nel mercato Usa. Tra il 2008 e il 2021, quasi il 30% degli ‘unicorni’ fondati in Europa, startup che in seguito sarebbero state valutate oltre 1 miliardo di dollari, hanno trasferito la propria sede all’estero. E la stragrande maggioranza si è trasferita negli Stati Uniti”, ha ricordato.

Una settimana calda per l’Unione europea

Il Rapporto sul futuro della competitività in Europa inaugura una settimana ‘calda’ per le istituzioni dell’Unione: mercoledì è prevista la presentazione della nuova Commissione da parte di VDL, e giovedì la riunione della Bce dove si attende un ulteriore taglio ai tassi. Ma il Rapporto arriva anche in un momento delicato della storia europea, con i Paesi trainanti – Francia e Germania – alle prese con crisi istituzionali e di consenso, oltre che economiche, e senza dimenticare l’ascesa dei populismi, di destra e di sinistra, e dei nazionalismi che non vedono certo di buon occhio una maggiore cooperazione e una eventuale ulteriore cessione di sovranità. Basti pensare alla Brexit e alla paventata uscita della Germania dall’Unione europea, sostenuta dall’estrema destra Afd, fresca di un grosso successo elettorale alle elezioni in Turingia e Sassonia.

Sicuramente il rapporto solleverà molte critiche, da destra – secondo cui Draghi ha ignorato l’immigrazione, e da sinistra – preoccupata che l’ex capo della Bce voglia colpire i lavoratori. A tal proposito, a una specifica domanda se nel rapporto si consigli di flessibilizzare ancora il mercato del lavoro e tagliare i salari, Super Mario ha risposto che l’analisi “non contiene nulla” in questo senso, visto che oggi “la competitività non si gioca sul costo del lavoro. Non in misura primaria”.

Ma al di là delle critiche, rimane il fatto che l’Europa qualcosa deve fare: 15 anni fa le economie di Usa e Ue erano alla pari, oggi la prima è più grande della seconda del 50%. E, ha avvisato Draghi, “le famiglie europee ne hanno pagato il prezzo, in termini di standard di vita andati perduti”.

Intanto Ursula von der Leyen, colei che ha commissionato l’analisi e che ha in mano il governo dell’Unione per il prossimo lustro, ha commentato: “I nostri scambi negli ultimi mesi hanno sicuramente arricchito le mie linee guida politiche. Il Rapporto Draghi ispirerà mio lavoro per prossimi anni“.