La crisi dell’automotive europea non deriva dalle norme ‘green’ di Bruxelles, ma dal mancato adeguamento culturale e tecnologico del settore. Ne è convinto Giuseppe Corcione, Ceo e co-founder di Reinova, azienda italiana leader nell’engineering di powertrain elettrificati e nella validazione e testing delle batterie elettriche.
Per Corcione, la narrazione sulla crisi della auto Ue ignora il problema principale: “Stiamo offrendo al mercato dei veicoli elettrificati che scimmiottano il veicolo tradizionale”, spiega ai microfoni di Eurofocus, e aggiunge: “Sono assolutamente d’accordo con la vicepresidente esecutiva Ribera: non bisogna fare passi indietro sull’auto green. Dobbiamo cavalcare il salto tecnologico, non temerlo”.
Con questa convinzione nel 2021 è nato il laboratorio di Reinova che affonda le radici a Soliera, nel cuore della motor valley, e nel giro di un anno ha istaurato delle solide partnership in Europa.
Auto Ue, qualcosa si è rotto
Il 5 dicembre del 2022 ricevevi in Campidoglio il riconoscimento “Storie di Eccellenza-100 Eccellenze Italiane” per aver contribuito all’innovazione industriale del territorio e alla conversione verso nuovi mercati. Quante cose sono cambiate da allora nel settore dell’automotive?
“Tantissime. Il primo cambio netto c’era stato già nel 2019, quando l’Unione europea ha pubblicato le prime indicazioni sulla messa al bando dei motori endotermici. Ma non sarebbe giusto ragionare per momenti o sliding doors. – spiega Corcione – C’è stato un flusso continuo di variazioni soprattutto è cambiata la velocità con cui le nuove tecnologie vengono implementate all’interno del ciclo vita di un nuovo prodotto. È cambiata la tecnologia di base, è cambiato il modo di utilizzare il veicolo, è cambiata l’infrastruttura”.
Il problema principale, sostiene il Ceo di Reinova, è che il comparto industriale non è progredito alla stessa velocità della tecnologia. I risvolti economici sono evidenti, con colossi dell’automotive europeo che continuano a chiudere stabilimenti e i conti sempre più in rosso. “Non basta fare grossi investimenti, la chiave di svolta è la capacità di adattamento a questi cambiamenti tanto rapidi quanto devastanti per un settore storicamente stabile come quello dell’automotive degli scorsi cinquanta, sessant’anni, quando il cambiamento tecnologico era molto più lento rispetto ad oggi”.
Credi che il progresso normativo sia stato troppo veloce rispetto all’infrastruttura reale?
“No, credo che le norme siano avanzate nei tempi e nei modi corretti. A mancare è stata la velocità di reazione delle aziende ai progressi tecnologici” ribadisce Corcione evidenziando quanto sia cruciale avere una strategia di lungo termine per affrontare cambiamenti così rapidi: “Le aziende devono implementare un cambio culturale, tecnologico, di design e di infrastrutture prima di produrre e mettere sul mercato un’offerta di veicoli adeguata in termini di costi e di tecnologia”.
Dalla metalmeccanica alla meccatronica
Volkswagen chiude quattro stabilimenti, Stellantis registra un rosso da record e le altre seguono a ruota. Molte aziende sono in crisi nonostante abbiano dedicato ingenti investimenti all’innovazione tecnologica richiesta da Bruxelles. Dal tuo punto di vista, come spieghi questo tracollo?
“Sono convinto che il problema principale non sia il cambio tecnologico o la neutralità tecnologica. La crisi non viene da lì, la crisi viene da un mercato che sta cambiando radicalmente. Pochi lo dicono, ma la crisi non nasce dal mercato europeo, ma dalla incapacità delle case automobilistiche di essere ancora competitivi nei principali mercati del mondo. Mi riferisco a Cina e Stati Uniti dove è cambiato profondamente il modo di utilizzare e concepire i veicoli a prescindere dal fatto che i motori siano elettrici, ibridi o endotermici. Non stiamo producendo le auto che vengono richieste in questi mercati e le marginalità crollano in maniera evidente”. Oltre ai rapporti con gli Usa, che si fanno scivolosi con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, il rischio è che l’Ue diventi dipendente da Pechino, come segnalato da una recente analisi del Rhodium Group.
In cosa consiste questo ‘nuovo modo di concepire’ il veicolo? Qual è il cambiamento che l’industria automobilistica europea non ha ancora colto?
“Grandi case automobilistiche, tra cui anche alcune di quelle tedesche, sono andate in forte crisi per le loro incapacità di rendere stabili i software all’interno dei loro veicoli. Per rispondere alle esigenze dei grandi mercati dobbiamo trasformare il settore dell’automotive dalla metalmeccanica alla meccatronica, ma questo in Europa non lo abbiamo ancora capito. Siamo indietro nella capacità di integrare i software, mentre le aziende americane, cinesi e coreane sono molto avanti su questo aspetto”, spiega ancora Corcione. A questo si aggiunge la grave dipendenza dell’Europa in termini di materie prime, a partire dai semiconduttori: “Le batterie sono solo una minima parte di questo progresso che avanza velocemente nel resto del mondo”.
Quindi la crisi dell’automotive non è generata tanto dal mercato europeo, quanto dalla obsolescenza dell’offerta europea in termini di software?
“Sì, e l’ascesa di Tesla ce lo dimostra chiaramente”, risponde Corcione spiegando come l’azienda di Elon Musk sia riuscita a entrare nel mercato europeo “partendo da zero” usando una integrazione software basilare ma stravolgente rispetto all’offerta europea.
“Tesla non ha un CarPlay e neppure un sistema comune di Human Interface tra il veicolo e l’utente, eppure ha riscosso successo in Europa. Questo succede perché noi proponiamo al mercato dei veicoli elettrificati che scimmiottano il veicolo tradizionale.Se una casa automobilistica riesce a penetrare un mercato portando alcuni dei suoi modelli ai primi livelli di vendita in Europa, facendo crollare altri, vuol dire che il problema non è solo di chi deve comprare, ma è anche di qual è l’offerta che noi stiamo mettendo in campo, che non è adeguata in termini di costi, in termini di feature e anche rispetto alle infrastrutture che abbiamo”, chiosa Giuseppe Corcione ribadendo che “il veicolo elettrificato non è migliore o peggiore del veicolo tradizionale, è semplicemente un veicolo che necessita di una cultura di utilizzo completamente nuova”.
La crisi delle auto e le tensioni con Cina e Usa
Quali conseguenze stanno generando le tensioni commerciali con la Cina e con l’America?
Le conseguenze della scarsa reattività europea rischiano di acuirsi con le tensioni commerciali: “In America è piuttosto sviluppata la guida autonoma che richiede un’altissima integrazione software. A sua volta questa integrazione richiede altissime conoscenze tecnologiche e sistemi di gestione che sono dominanti nel mercato americano”.
Bruxelles rischia di trovarsi schiacciata da entrambi i lati, come spiega ancora Corcione: “Le Big Five del mondo software si trovano negli Stati Uniti, mentre l’Oriente, Cina in primis, fa la voce grossa in materia in materia di semiconduttori, elettronica di potenza e batterie. Il gap – precisa – è sia in termini produttivi che tecnologici”.
Mentre si moltiplicano le ipotesi sulla crisi dell’automotive europea, Corcione invita a spostare il focus dall’alimentazione dei veicoli alla tecnologia: “In Europa non abbiamo un sistema paragonabile a quello americano. Non abbiamo una Google, una Microsoft o una Apple europea. Il controllo, il software, la gestione del dato e delle informazioni di un veicolo è la base portante del futuro dell’automobile”.
Alla luce di queste riflessioni, come commenti le parole della Vicepresidente esecutiva della Commissione europea, Teresa Ribera, per cui non ci sarà nessun dietro dietrofront sullo stop alle auto a motore termico dal 2035?
“Sono assolutamente d’accordo con la sua posizione. Non possiamo subire un’evoluzione tecnologica dominata da altre potenze economiche. Dove eravamo negli scorsi sessant’anni, quando neanche si parlava di neutralità tecnologica? Oggi si sta lavorando a una nuova idea di veicoli che riduca l’inquinamento ambientale, atmosferico e acustico, ma il vero obiettivo è avere una tecnologia diversa da quella che usavamo prima”.
Che è poi la storia del progresso tecnologico: “Quanto sta succedendo nell’automotive è già successo con le telecomunicazioni. Ricordo che vent’anni fa Samsung aveva una valorizzazione ed una distribuzione a livello mondiale praticamente inesistente. Oggi la conoscono tutti”, evidenzia Corcione che aggiunge: “In questi anni, noi europei siamo stati a guardare mentre l’elettronica, lo sviluppo del software, le applicazioni crescevano esponenzialmente a livello globale. Esattamente come uno smartphone viene usato anche per chiamare, ma principalmente per fare altro, la vettura moderna ha anche la funzione di trasportare cose e persone, ma serve a fare tanto altro.
Come ridurre il gap con Cina e Usa
Cosa possiamo fare in Ue per fermare l’emorragia del settore automotive?
Per Giuseppe Corcione, così come per molti analisti, la strada è quella dell’unità europea. “Non possiamo avere informazioni, conoscenze e norme così diverse tra i Ventisette. Servono delle regole chiare non solo in Europa ma nei singoli Stati membri”, dice il Ceo di Reinova ribadendo almeno in parte la teoria di Anu Bradford. In un recente paper, l’autrice di Brussels Effect ha spiegato come la frammentazione sia una delle principali cause del ritardo tecnologico europeo.
Il Ceo di Reinova conclude con un appello: “Non dobbiamo combattere il progresso tecnologico, ma cavalcarlo. Solo così potremo tornare ad essere attori protagonisti, come lo siamo stati per decenni nel settore dell’automotive tradizionale”.