Il 2025 potrebbe segnare un punto di svolta per l’industria automobilistica europea, e non solo perché sta crescendo la volontà politica di risolvere quella che sta diventando una delle più gravi crisi nella storia del settore. Verso la fine di un 2024 segnato da un calo generale delle vendite, dalla chiusure di fabbriche storiche e dalle dimissioni di titani come il ceo di Stellantis Carlos Tavares, la riconfermata presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha promesso di avviare un “Dialogo strategico sul futuro dell’industria automobilistica europea” nel mese di gennaio.
L’auto elettrica non è stata affatto immune da questi trend negativi. Ma come confermato dalla vicepresidente esecutiva della Commissione, Roxana Minzatu, Bruxelles rimane convinta della necessità di accelerare sulla transizione all’elettrico per non rimanere indietro rispetto al processo di rapida elettrificazione in molte delle economie più mature.
Barra dritta su 2035 ed emissioni
Pare dunque che rimarrà in auge il piano europeo di restrizione progressiva dei limiti di emissioni, che culminerà nello stop alla vendita di nuove auto a motore endotermico nel 2035 – a dispetto della spinta di diversi Paesi, Italia in testa, per rivedere questo processo. “I target fissati non sono in discussione”, ha detto il vicepresidente esecutivo con la delega alla prosperità e alla strategia industriale, Stéphane Séjourné, aprendo solo alla possibilità di rivedere “in modo pragmatico” le multe previste per le case che non rientrano nei nuovi limiti “per non penalizzare i produttori ai quali viene chiesto di fare molto”.
L’International Council on Clean Transportation ritiene che per farcela i produttori dovranno aumentare la quota di veicoli elettrici a batteria venduti dal 16% del 2023 a circa il 28%. Al momento i veicoli elettrici rappresentano circa il 25% delle nuove vendite in tutta l’Ue, ma secondo le stime dell’Icct questi supereranno i veicoli a combustione intorno al 2030, il prossimo step di inasprimento dei limiti alle emissioni. E alcuni produttori europei stanno aumentando i prezzi dei veicoli a combustione e tagliando quelli dei veicoli elettrici esistenti per contribuire al raggiungimento degli obiettivi.
Il versante cinese
Chi viene penalizzato sono invece i produttori cinesi, forti di un apparato statale che li sostiene lungo l’intera catena del valore – dalla presa delle compagnie di Stato sui flussi globali di materie prime ai pesanti sussidi sul prodotto finito, passando per la supremazia tecnologica e commerciale sul versante delle batterie. Il 2024 ha segnato un irrigidimento della posizione europea (sulla scorta della Francia di Emmanuel Macron e a dispetto della Germania di Olaf Scholz). Il risultato: dazi fino al 35,5% sulle case automobilistiche del Dragone, commisurati al livello di trasparenza che questi hanno garantito. E, con ogni probabilità, una perdita di competitività delle auto Made in China.
Elettriche e accessibili
Tutto questo dovrebbe coincidere con l’entrata sul mercato delle auto elettriche europee a prezzi più accessibili – una boccata d’ossigeno per il consumatore finale, per cui l’acquisto di una macchina nuova in certi casi si è fatto più caro del 40% rispetto al 2019. Nel 2024 il veicolo elettrico più venduto in Ue è stata la Tesla Model Y, con prezzi superiori ai 40.000 euro in assenza di sussidi; nel 2025 è previsto (tra gli altri) l’arrivo di due utilitarie con una targhetta del prezzo sui 25.000 euro, la Volkswagen ID.2all e la Fiat Grande Panda (con la versione ibrida che costerà circa 19.000 euro).
Guardando al futuro
Naturalmente sul destino dell’auto elettrica europea pesano anche le sorti delle singole economie, tra cui Germania e Francia, entrambe alle prese con una grande instabilità politica e una salute economica quantomeno fragile. Sarà la domanda dei grandi mercati, Italia inclusa, a decidere il futuro del settore. E sui consumatori italiani peserà la rasoiata data dal governo italiano al Fondo per l’automotive, passato dagli 8,7 miliardi previsti dalla squadra di Mario Draghi nel 2022 a 500 milioni di euro nel 2025.
Nel mentre, la Commissione europea ha fissato per il 26 febbraio la presentazione del suo Clean Industrial Deal – la revisione in chiave industriale del Green Deal, che secondo Séjourné rappresenterà “un segnale chiaro ai mercati e agli investitori” e includerà misure di emergenza per sostenere i settori in difficoltà, una strategia a lungo termine per garantire competitività e sostenibilità, e clausole a favore dei prodotti Made in Europe nel contesto di di appalti pubblici per le soluzioni decarbonizzanti.