L’epidemia di influenza aviaria che colpisce la Polonia da inizio anno ha assunto proporzioni rilevanti: oltre 6,5 milioni di capi abbattuti e 176 focolai confermati in diverse aree del Paese. Di fronte a un aumento costante dei casi, soprattutto nella Masovia e nella Grande Polonia, la Commissione Europea ha annunciato che adotterà, in accordo con le autorità nazionali, misure straordinarie per contenere la diffusione del virus.
La portavoce della Commissione per la salute, Eva Hrncirova, ha chiarito che le misure non sono ancora ufficiali ma sono attese a breve. “Non posso fornire una data precisa, ma saranno adottate questa settimana”, ha spiegato durante un briefing con la stampa a Bruxelles. Le misure, ha aggiunto, sono concepite come uno strumento di protezione e non come una penalizzazione per il settore: serviranno a limitare gli spostamenti di animali vivi e altri elementi potenzialmente infetti nelle zone più colpite.
Secondo quanto anticipato, le restrizioni interesseranno alcune aree del Nord, del Centro e dell’Ovest della Polonia, e saranno attuate sulla base di informazioni fornite dalle stesse autorità veterinarie polacche. In pratica, si tratta della creazione di “zone cuscinetto” – previste dalla normativa europea in materia di sanità animale – all’interno delle quali verranno limitati il commercio, i trasporti e le nuove introduzioni di pollame.
La preoccupazione principale riguarda il possibile impatto economico sul comparto avicolo, uno dei settori agricoli più dinamici della Polonia e con forti legami commerciali all’interno del mercato unico europeo. Alcune associazioni di categoria hanno già parlato di perdite potenzialmente “nell’ordine dei miliardi di euro”, qualora le restrizioni dovessero tradursi in una riduzione dell’export.
Le autorità polacche, pur collaborando attivamente con la Commissione, avrebbero espresso riserve sull’estensione di queste misure a interi voivodati, temendo effetti sproporzionati rispetto alla diffusione effettiva dei focolai. In questo contesto, si sono levate anche voci critiche sul piano politico: tra queste, quella del deputato Krzysztof Bosak, che ha parlato di una perdita di controllo nazionale sulle decisioni chiave in materia sanitaria ed economica. Tuttavia, si tratta di posizioni isolate che non mettono in discussione, al momento, la cooperazione tra Varsavia e Bruxelles nella gestione della crisi.
Le zone a rischio e le implicazioni per il commercio interno ed estero
Le aree maggiormente colpite si concentrano nella Polonia centro-orientale, in particolare nei voivodati (le province amministrative principali della Polonia) della Masovia e della Grande Polonia, dove la densità degli allevamenti avicoli è tra le più elevate del Paese. Le autorità polacche hanno già attivato i protocolli sanitari previsti in questi casi, ma la diffusione del virus ha reso necessario un intervento coordinato anche a livello europeo. La Commissione Ue, in raccordo con l’Agenzia per la sicurezza alimentare (EFSA), ha avviato un monitoraggio costante dell’evoluzione dell’epidemia.
La definizione delle nuove “zone soggette a restrizione”, prevista dalla legislazione europea, comporta limiti significativi alla movimentazione di pollame vivo, prodotti a base di uova, mangimi e mezzi agricoli. Questo potrebbe avere ricadute su un settore che rappresenta una quota importante dell’economia agroalimentare polacca: secondo i dati ufficiali, la Polonia è il primo esportatore europeo di carne di pollo, con oltre la metà della produzione destinata ai mercati esteri, in primis Germania, Paesi Bassi e Francia.
Gli operatori del settore, preoccupati per i potenziali blocchi logistici, chiedono una gestione “proporzionata e flessibile” dell’emergenza, per evitare il collasso di intere filiere regionali. Alcuni consorzi avicoli locali hanno già segnalato un rallentamento degli ordini dall’estero, in attesa di chiarimenti su durata e modalità delle restrizioni. A questo si aggiunge il timore di possibili ripercussioni reputazionali a lungo termine, come già avvenuto in passato con altri Paesi colpiti da epidemie simili.
Tra biosicurezza e sorveglianza
In parallelo alle misure commerciali, le autorità sanitarie polacche stanno rafforzando i sistemi di sorveglianza epidemiologica, con l’obiettivo di intercettare precocemente nuovi focolai e circoscrivere le zone infette. Viene data particolare attenzione agli allevamenti intensivi e ai mercati avicoli all’aperto, dove il rischio di trasmissione è più elevato. In collaborazione con l’Istituto veterinario nazionale, sono in corso operazioni di screening su larga scala che coinvolgono migliaia di operatori.
La Commissione europea, da parte sua, ha ricordato che l’influenza aviaria è una malattia soggetta a notifica obbligatoria in tutta l’Unione, e che le norme sanitarie in vigore mirano a garantire un approccio armonizzato. Le “zone regolamentate” proposte non equivalgono a un embargo, ma si inseriscono in un quadro precauzionale che consente agli Stati membri di tutelare la sicurezza alimentare e la salute pubblica senza compromettere le dinamiche del mercato interno.
Una variabile decisiva sarà rappresentata dall’evoluzione stagionale: con la primavera, aumentano i movimenti migratori degli uccelli selvatici, considerati tra i principali vettori del virus. Le misure di biosicurezza, che includono la separazione tra animali domestici e fauna selvatica, l’uso di dispositivi di protezione individuale negli allevamenti e la sanificazione dei mezzi di trasporto, saranno fondamentali per evitare una recrudescenza nei prossimi mesi.
Impatti sul lungo periodo e strategie europee di prevenzione
Oltre alla gestione dell’emergenza, l’epidemia di influenza aviaria in Polonia riapre il dibattito sulle politiche europee in materia di biosicurezza e resilienza agroalimentare. La Commissione ha più volte sottolineato la necessità di rafforzare le misure preventive a livello di allevamento, promuovendo pratiche meno intensive, il benessere animale e la diversificazione della produzione. Tuttavia, il settore avicolo polacco, fortemente orientato all’export e caratterizzato da economie di scala, fatica ad adattarsi a un modello meno industrializzato senza adeguati incentivi economici e di filiera.
Secondo diversi osservatori, quanto sta accadendo evidenzia la vulnerabilità dei sistemi produttivi altamente concentrati e interdipendenti. In caso di shock sanitario, anche limitato geograficamente, l’intero mercato europeo può subirne conseguenze a catena, con effetti su prezzi, disponibilità di prodotti e fiducia dei consumatori. Da qui l’importanza di rafforzare il coordinamento tra Stati membri, non solo nella risposta immediata ma anche nella pianificazione a medio-lungo termine.
Sul piano scientifico, l’EFSA e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC) stanno lavorando a nuovi modelli predittivi basati su dati ambientali, climatici e faunistici, per anticipare il rischio di focolai. Allo stesso tempo, prosegue la ricerca su vaccini efficaci contro i ceppi ad alta patogenicità, che potrebbero rappresentare in futuro un’alternativa concreta all’abbattimento massivo degli animali, ancora oggi l’unica strategia realmente efficace per contenere la diffusione del virus.