Fumo e influenza aviaria in Europa, il punto con il prof. Ciccozzi

Il parlamento europeo ha bocciato una risoluzione sulle sigarette all'aperto, mentre negli Stati Uniti si diffonde il virus H5N1
2 settimane fa
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Europarlamento

Il Parlamento europeo ha bocciato una risoluzione sulle raccomandazioni per ambienti smoke-free con una netta maggioranza: 378 voti contrari, 152 favorevoli e 26 astensioni.

La proposta, avanzata dalla Commissione europea, era sostenuta da quattro principali gruppi politici: Partito Popolare Europeo (PPE), Socialisti e Democratici (S&D), Renew Europe e Verdi/EFA. Tuttavia, è stata respinta dopo che la maggioranza del PPE ha appoggiato gli emendamenti proposti dai Conservatori e Riformisti Europei (ECR).

Gli emendamenti approvati puntavano a distinguere la regolamentazione delle sigarette elettroniche e di altri dispositivi alternativi rispetto a quella dei prodotti a base di tabacco tradizionale. In un comunicato, l’ECR ha sottolineato che “le alternative al tabacco, come il vaping, si dimostrano sempre più utili per chi vuole smettere di fumare” e ha criticato l’approccio della Commissione.

Tra i punti più controversi della proposta figurava anche l’estensione del divieto di fumo ad aree esterne o semi-esterne, come terrazze, balconi, portici e patii, quando associate a locali pubblici come ristoranti, bar e caffè.

Aviaria e pandemie

Eurofocus ha contattato l’epidemiologo Massimo Ciccozzi per un commento su questa decisione e in generale le politiche di riduzione dei danni da fumo. “Siamo di fronte a una risoluzione che non avrebbe risolto molto. A livello epidemiologico, è molto difficile dimostrare quale danno si subisca dal fumo passivo all’aperto. Mentre all’interno abbiamo dati certi, all’esterno è davvero difficile capire quanto incida il fumo di una sigaretta, magari elettronica, rispetto agli altri fattori di inquinamento”.

“Ma il problema è nell’approccio”, prosegue il medico. “Vietare le sigarette elettroniche all’aperto vuol dire togliere una goccia dall’oceano. Perché poi non si fa nulla sulle microplastiche, e si fa ancora poco sulle polveri sottili e sulle decine di altre sostanze che possono farci male. Bisogna puntare alla prevenzione e a un approccio olistico, di one health, anzi di global health, che vada a intervenire sulle cause di un problema, non su dei micro-tappi che poi lasciano dei buchi enormi tutto intorno. Dobbiamo ragionare a livello globale, con strategie che parlino ai giovani e che coinvolgano tutta la società. Quando si parla di fumo, bisogna scoraggiare chi inizia e aiutare chi vuole smettere”.

Al professor Ciccozzi abbiamo anche chiesto che rischi può correre l’Europa quando si parla di “prossima pandemia”, anche alla luce dei contagi da influenza aviaria (H5N1) in Nord-America, che dopo i volatili sta colpendo bovini e suini. “Iniziamo col dire che non bisogna fare terrorismo come fanno certi miei colleghi: sappiamo che una prossima pandemia ci sarà, perché sono un dato di fatto, ma non sappiamo ancora quale potrà essere. Giusto ieri ho inviato una nuova ricerca alla rivista “Lancet” in cui abbiamo analizzato il caso dello studente canadese infettato con questo virus. Ebbene, possiamo dire che non lo ha preso da una mucca o bevendo latte crudo, ma direttamente da un uccello, magari un uccello selvatico trovato in un bosco dell’Ontario. Al momento H5N1 ha fatto il salto di specie nei mammiferi, soprattutto negli allevamenti intensivi americani in cui non solo i polli ma anche i bovini vengono ammassati in numeri insostenibili, ma non nell’uomo. Lo farà? Non possiamo saperlo. Uno spill-over non si può escludere e per questo dobbiamo monitorare la situazione e consigliare maggiore cura degli animali negli allevamenti. È lì il problema: per ragioni economiche, questi animali vivono in condizioni tremende, e se uno è infetto, è molto facile che contagi anche gli altri”.