Dazi sui farmaci, le riforme dell’Ue per difendere la propria industria

Bruxelles punta a cambiare le regole del settore farmaceutico: più innovazione, più competitività, più velocità. Se ne è parlato ad un convegno Adnkronos
1 giorno fa
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Salute Sanita Primo Panel
Da sinistra: Marina Sereni, responsabile salute e sanità nella direzione Pd, Francesco Maggi e Fabio Insenga, giornalista e vicedirettore Adnkronos, Marcello Cattani, presidente Farmindustria, Stefano Collatina, presidente Egualia, e in collegamento Sandra Gallina, direttrice generale Salute e Sicurezza alimentare della Commissione europea

Mentre Trump ha fatto sapere che entro breve potrebbero essere annunciati dazi anche sulla farmaceutica, l’Unione Europea si trova a dover rafforzare la propria competitività e proteggere la propria industria anche in questo campo. E non solo dai fattori esterni, ma facendo i conti allo stesso tempo con gli ostacoli e i problemi interni, le proprie criticità e le proprie risorse. Per questo motivo la Commissione ha varato una serie di iniziative legislative che mirano ad affrontare le carenze, semplificare le procedure e innovare profondamente l’approccio al settore, con l’obiettivo di mantenere e rafforzare la leadership dell’industria europea.

Proprio la normativa sulla governance in tema farmaceutico ha aperto il convegno ‘Salute e Sanità – il doppio binario’, tenutosi il 10 aprile a Roma al Palazzo dell’Informazione. Una mattinata dedicata anche ad aspetti come la ricerca in ambito sanitario, le eccellenze, le liste d’attesa, il tutto con la moderazione del vice direttore dell’Agenzia Fabio Insenga e dei giornalisti Francesco Maggi, Raffaella Ammirati e Maddalena Guiotto.

Sul tema ‘governance’ è intervenuta la direttrice generale Salute e Sicurezza alimentare della Commissione europea Sandra Gallina, che è partita dal tema caldo di queste settimane: i dazi, che potrebbero avere “un impatto superiore a quanto noi si possa ottenere con un’azione ragionata di legislazione”.

Ma cosa sta facendo l’Ue? Gallina ha delineato tre ambiti d’azione, tutti rivolti verso la competitività, che ha al suo centro “una agenda di semplificazione per molti settori che deve ancora essere completamente discussa in questo passaggio”.

Il regolamento dei medicinali critici: meno carenze

Il primo è il regolamento dei medicinali critici, che ha visto l’11 marzo una proposta, “un pacchetto elaborato per potenziare strumenti di politica industriale e che dovrebbe migliorare la capacità di produzione e completare la riforma farmaceutica”, ha spiegato la dg.

“La nuova legislazione punta a ridurre le carenze dei medicinali critici – sui quali c’è una lista di prodotti che è stata già elaborata da noi e dall’EMA – e alla sicurezza dell’approvvigionamento affidabile e diversificato dei medicinali in tutta l’Unione europea”, ha proseguito.

Si punta in sostanza all’autonomia strategica del blocco (anche) in questo settore, per ovviare, ha spiegato la dg, “a quelli che sono fallimenti di mercato”. “Da una parte abbiamo gli aiuti di Stato con tutta una serie di autorizzazioni ultra fast per progetti strategici e dall’altra parte gli appalti pubblici”.

La riforma farmaceutica

Per quanto riguarda la riforma farmaceutica, Gallina ha evidenziato come un ritardo non sia nell’interesse di nessuno e tanto meno dell’Italia, che “è un grande Paese per quanto riguarda la farmaceutica”.

La dg ha spiegato che la riforma del settore vuole ridurre gli attuali quattro strumenti ormai vecchi di oltre 20 anni a due: “Un regolamento che riguarda le autorizzazioni centralizzate, quindi EMA e Europa, e una direttiva che invece riguarda l’apparato di autorizzazione nazionale”.

Ma quali sono gli obiettivi di questa riforma?

“Prima di tutto, ridurre i tempi di valutazione e di autorizzazione. Si dovrebbe passare a 180 giorni”, per rimanere al passo con altri Paesi che hanno tempi più brevi – Gallina ha citato esplicitamente gli Stati Uniti, “dove non c’è un meccanismo di ‘stop and watch’ come da noi”. Sul tema tuttavia “alcuni Stati membri sono contrari perché li ritengono tempi troppo ridotti”.

Seconda cosa che si vorrebbe ottenere è la riduzione “degli oneri normativi per gli sviluppi dei medicinali” e la semplificazione e velocizzazione delle procedure di autorizzazione”.

Ancora, “si vogliono usare maggiori tecnologie e dati digitali, anche da parte dell’EMA e delle autorità nazionali competenti al momento dell’autorizzazione, quindi questo dovrebbe accorciare i tempi delle procedure. Dovremmo avere nuovi strumenti normativi oppure l’adapted framework per medicinali estremamente innovativi”.

Un punto fondamentale è che il sostegno, sia scientifico che normativo, sia anche per le piccole e medie imprese, per “avere un’autorizzazione che funzioni per tutti e non solo per qualcuno”.

Poi ci sono nuove misure per prevenire le penurie, a volte derivanti, ha spiegato la dg, da misure prese da Stati membri ma che ne danneggiano altri. Gallina ha citato i contingency stocks e “il commercio parallelo, che è una piaga”.

Importante anche una migliore integrazione con altre normative, ha continuato la dg: “Per il momento abbiamo tre legislazioni separate e questo crea un problema perché in 20 anni il mercato di prodotti si è fuso”, e ormai a volte è “molto difficile distinguere un dispositivo medico da un medicinale”.

Infine è necessaria “una riforma della governance dell’EMA” per razionalizzarla, darle maggiore efficienza di bilancio”, ha evidenziato Gallina.

“L’industria farmaceutica europea (…) riconosce i numerosi elementi positivi della riforma perché si vuole semplificare, si vuole modernizzare, si vuole portare soprattutto alla parte dell’innovazione”, ha anche sottolineato la dg, spendendo anche alcune parole sull’ultimo testo di compromesso elaborato dalla Presidenza ungherese sugli incentivi, che mira a contraddistinguere tutti gli obiettivi Ue proprio in questa direzione.

Ne è un esempio la protezione dei dati regolatori, con 8 anni proposti “per i prodotti medicinali altamente innovativi che rispondano alle esigenze mediche insoddisfatte e lo stesso per i medicinali che effettuino ricerca clinica” con determinati criteri. “Questo è un compromesso molto avanzato rispetto a quello che era sul tavolo all’inizio perché cristallizza lo status quo della protezione dei dati. Queste sono condizioni prevedibili nelle mani dell’azienda, conosciute anche al momento dell’autorizzazione dell’emissione”.

Il testo ungherese, ha concluso Gallina entrano più nello specifico sull’Italia, è un testo di compromesso che risponde agli interessi italiani, che ha un’industria italiana farmaceutica molto solida anche sulle esportazioni.

La questione dell’accesso, tuttavia non c’è più sul tavolo ma “l’Italia è seconda solo alla Germania per quanto riguarda l’accesso e quindi questo non era un problema per gli italiani. Il problema dell’accesso verrà risolto in altro modo, con un opt-in, quindi gli stati membri che hanno problemi di accesso dovranno avviare dei dialoghi con l’industria”, eliminando “quel fenomeno iniziale che era stato un po’ una scelta della precedente commissione che vedeva nell’accesso il tema principale. Questa commissione vede nella competitività il tema principale”.

Lo spazio digitale dei dati

Infine, lo spazio digitale dei dati, ha sottolineato Gallina, è entrato in vigore 26 marzo ed è “un approccio rivoluzionario, perché molto spesso i dati digitali esistono già negli Stati membri, ma con formati incompatibili e quindi i benefici sono molto limitati”. Tre i motivi per cui è rivoluzionario secondo la dg.

“Il primo è che i cittadini potranno accedere ai propri dati sanitari, alle proprie prescrizioni elettroniche, alle proprie immagini mediche, avranno i risultati degli esami leggibili in uno standard europeo in modo gratuito, immediato e sicuro dovunque essi si trovino”, ha spiegato. E non bisogna pensare solo al turista che si muove per l’Europa e porta i suoi dati, ma anche più semplicemente in Italia il fatto di poter leggere i dati da un ospedale all’altro della stessa regione.

Il secondo importante punto è che “i dati raccolti, certamente resi anonimi, saranno messi a disposizione, in ambienti super protetti e nel più stretto rispetto della privacy, dei ricercatori, delle autorità sanitarie pubbliche, dei responsabili politici e di tutti quelli che potranno aiutarci a sviluppare innovazione”.

“Ogni stato membro -ha continuato- avrà una sua autorità che deciderà chi potrà avere accesso a questi dati, quindi devo dire che non ci sono dati europei, i dati rimangono nazionali e verranno gestiti dalla autorità nazionale. È importantissimo questo per le malattie rare, che hanno una carenza di dati”.

“Il terzo punto è che con questi dati digitali pensiamo anche di rafforzare la resilienza dei sistemi sanitari nazionali, l’invecchiamento della popolazione, la carenza di personale sanitario”, ma questo richiede “che si passi ad un modo diverso di sostenere la salute, perché è vero che il diritto alla salute universale, accessibile è una cosa bellissima, però dobbiamo creare i presupposti della sua sostenibilità economica”.

Quando avverrà tutto ciò? “Direi che il traguardo più importante arriverà fra 4 anni quando diciamo cominceranno gli scambi a uso primario e verranno attivati a livello transfrontaliero”, ha concluso Gallina.

L’industria chiede innovazione e semplificazione

Ma cosa ne pensa l’industria? Al panel è intervenuto anche Marcello Cattani, presidente Farmindustria, che ha sottolineato come i dazi siano uno “scherzare col fuoco” sia degli investimenti sia dell’industria europea. Pertanto per le imprese l’obiettivo resta quello di escludere i farmaci dalle tariffe doganali, e per questo Cattani sostiene l’azione del ministro degli Esteri Antonio Tajani e quella della premier Giorgia Meloni che giovedì incontrerà Trump a Washington.

Ma Cattani punta gli occhi sulla Cina, che “ha una strategia molto chiara, la salute: il presidente Xi ha annunciato 600 miliardi di investimenti di dollari in 10 anni per rafforzare l’industria farmaceutica cinese e ha allungato il brevetto come negli Stati Uniti e noi siamo ancora qui a cercare situazioni di compromesso”.

“Abbiamo una lunga lista dove l’industria è stata penalizzata in primis a livello ideologico, con una politica anti-industriale”, ha continuato il presidente di Farmindustria, sottolineando che la soluzione “riguarda la competitività, perché tutti vogliono che l’Europa torni a produrre farmaci, ma se non è sostenibile e attrattivo economicamente, come si fa? Il tema non è la sostenibilità in se stessa, ma per l’industria”.

“Abbiamo già perso il 30% di investimenti in ricerca farmaceutica dal 2020 ad oggi”, ha ricordato Cattani insieme ad un altro dato allarmante, ovvero che attualmente “il 30% dei degli studi clinici mondiali sono cinesi, 35 americani”. “La mazzata finale – ha affermato – l’ha data von der Leyen 1. Questa commissione è una von der Leyen 1 con un po’ di mascara, diciamoci le cose come la vediamo noi”.

E dunque cosa vorrebbe l’industria? “Riforme funzionali ad trarre l’innovazione, a pagare il valore dell’innovazione, perché qui si vuole fare sempre i conti senza l’oste, si vuole avere tutto ma senza sostenere gli oneri”.

In Ue come in Italia, “la grande partita è come sempre scommettere o non scommettere sulla salute dei cittadini in senso positivo e quindi investendo ancora di più sul sistema sanitario”, valutando il valore di 1 euro speso su un paziente “rispetto al suo percorso sanitario e sui costi liberati a livello di costi indiretti e anche previdenziali”, altrimenti quell’euro sarà visto sempre solo come un costo.

“Ora bisogna fare il salto finale, convincere l’Europa che un investimento di innovazione deve uscire dal patto di stabilità (…) perché altrimenti non saremo in grado di reagire alle tempeste continue, politiche, economiche, ma soprattutto a chi ha una strategia chiara sull’innovazione: Cina, Singapore, Emirati Arabi e Saudia”, ha concluso Cattani.