Il cambiamento climatico ridefinisce la stabilità finanziaria: la Bce si muove per prima

Due terzi dei 100 maggiori proprietari di asset al mondo siano preoccupati per il cambiamento climatico
6 ore fa
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Christine Lagarde Presidente Bce
Christine Lagarde presidente della Bce (Afp)

È sempre più necessario integrare il rischio del cambiamento climatico nelle verifiche periodiche finanziarie e valutare la capacità delle banche di assorbire le perdite. Questo è quanto previsto dalla Bce che sta rafforzando il proprio approccio di vigilanza e includendo maggiormente i rischi ambientali nella metodologia del Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale (Srep). Il tema è stato al centro anche dello studio di Antonio Guglielmi e Giuseppe Amitrano (Wieldmore) pubblicato da Adnkronos in anteprima, e disponibile integralmente su Eurofocus.

Si tratta di un meccanismo che si differenzia molto dall’approccio statunitense: mentre la Bce si muove rapidamente nell’affrontare i rischi finanziari legati al cambiamento climatico, la Federal Reserve degli Stati Uniti ha adotta un atteggiamento “più prudente”. Questo contrasto riflette una divisione crescente tra le politiche finanziarie di Donald Trump e quelle, invece, europee, riguardo alla sostenibilità e alla transizione verde. Con quali rischi?

Il cambiamento climatico? Un rischio per le banche

Negli ultimi anni, il cambiamento climatico è passato da una sola pressione ambientale a una vera e propria minaccia economica e finanziaria. La Banca Centrale Europea ha adottato un approccio sempre più incisivo per garantire che le banche integrino i rischi climatici nella loro gestione del capitale. Questo accorgimento ha segnato un cambiamento significativo rispetto a istituzioni come la Federal Reserve, che continua a mantenere una posizione più prudente sulla questione.

La politica climatica della banca pone le sue radici cinque anni fa, quando la Bce ha pubblicato una guida sui rischi climatici e ambientali per i fattori finanziari. Da allora ha inflitto sanzioni alle banche che a suo giudizio non hanno istituito controlli interni adeguati a identificare e affrontare tali minacce. Al contrario, altre istituzioni stanno affrontando difficoltà nel conformarsi ai nuovi requisiti, con conseguenze sui loro punteggi Srep e sulle esigenze di capitale.

Per raggiungere in modo più efficiente il suo obiettivo, la Bce si è avvalsa del Processo di Revisione e Valutazione Prudenziale che è stato aggiornato per includere il rischio climatico nella valutazione delle banche. Questo significa che gli istituti finanziari devono dimostrare di avere strategie efficaci per gestire le perdite derivanti dagli impatti ambientali, siano essi legati a fenomeni meteorologici estremi o alla transizione verso un’economia a basse emissioni di carbonio.

Questo sviluppo ha implicazioni significative per il flusso di capitali: un recente rapporto degli analisti di JPMorgan Chase & Co. stima che due terzi dei 100 maggiori proprietari di asset al mondo siano preoccupati per il cambiamento climatico. Ad esempio, alcune grandi banche europee, come Bnp Paribas, si stanno adattando rapidamente, aumentando gli investimenti in finanziamenti sostenibili e limitando l’esposizione ai combustibili fossili. Così come la Banca d’Inghilterra, la quale ha fissato al 30 luglio la scadenza per rispondere alle proposte su come banche e assicurazioni dovrebbero gestire i rischi fisici e di transizione legati ai cambiamenti climatici.

L’approccio della Bce vs la Federal Reserve

Se da un lato la Bce è fermamente convinta che tali minacce non indeboliranno la sua determinazione, l’amministrazione Trump ha minacciato di adottare misure di ritorsione contro le normative ambientali europee che colpiscono le aziende statunitensi. E questo è uno dei grandi rischi.

Infatti, il 17 gennaio 2025, la Federal Reserve ha annunciato il suo ritiro dalla Network of Central Banks and Supervisors for Greening the Financial System (Ngds), un’iniziativa globale volta a integrare i rischi climatici nel sistema finanziario. La decisione è stata motivata dalla volontà di concentrarsi su questioni più strettamente legate al suo mandato, come la stabilità finanziaria e la politica monetaria. Tuttavia, il vicepresidente per la supervisione bancaria, Michael S. Barr, ha sottolineato che la Fed riconosce i rischi emergenti legati ai disastri naturali e il loro impatto sulla sicurezza e solidità delle banche.

Ma mentre la Bce avanza con la regolamentazione, la Federal Reserve mantiene un approccio più cauto, con il presidente Jerome Powell che ha recentemente dichiarato che il cambiamento climatico non è una priorità della banca centrale statunitense. Questo contrasto ha implicazioni sul flusso di capitali e sugli investimenti globali, con le banche europee sempre più impegnate nella transizione verde, mentre quelle americane restano più legate ai settori tradizionali: e questo è un altro rischio.

A ribadire la sicurezza, però, della direzione intrapresa dall’Europa è Irene Heemskerk, responsabile del Centro per i Cambiamenti Climatici per la Banca centrale che in un’intervista a Bloomberg ha dichiarato: “Torniamo sempre al nostro mandato. Riteniamo che il rischio climatico e ambientale, indipendentemente da qualsiasi vento politico, sia rilevante per le banche da gestire”.

Così, nonostante i progressi della Bce avanzino verso un’integrazione del rischio climatico tra i fattori che influenzano le politiche bancarie, diverse sfide continuano a persistere. La difficoltà maggiore, forse, è quella di garantire che le banche non si limitino ad abbandonare i settori ad alto impatto ambientale, ma contribuiscano attivamente a finanziarne la trasformazione.

L’integrazione del rischio climatico nella vigilanza finanziaria europea rappresenta un passo fondamentale per la stabilità economica a lungo termine. Il futuro della regolamentazione climatica sarà determinante per la resilienza del sistema bancario e per la transizione verso un’economia sostenibile.