L’Indice di Competitività Fiscale Internazionale 2024, pubblicato dalla Tax Foundation, ha confermato un dato ormai consolidato: l’Estonia è ancora una volta il Paese con il sistema fiscale più competitivo del mondo, segnando il suo undicesimo anno consecutivo al vertice della classifica. Un primato costruito su quattro pilastri fondamentali: tassazione solo sui profitti distribuiti, una flat tax al 20% sui redditi individuali, imposte immobiliari che gravano esclusivamente sul valore del terreno e un sistema territoriale che esenta i profitti esteri dalle tasse nazionali. Questa struttura fiscale rappresenta un esempio di come sia possibile stimolare investimenti e crescita economica in maniera semplice e trasparente. Tuttavia, non tutti i Paesi riescono a trovare il giusto equilibrio, e il contrasto con le nazioni che si trovano in fondo alla classifica è netto.
L’Italia, con il suo 37° posto, si colloca tra i peggiori dell’OCSE, superata solo dalla Colombia. Un dato allarmante, frutto di un sistema fiscale frammentato e gravato da numerose imposte distorsive che soffocano la competitività. In Italia, le imprese devono far fronte a una delle aliquote più alte sull’imposta societaria (27,8%), ben al di sopra della media OCSE del 23,9%, a cui si aggiungono tasse sulla proprietà e sui trasferimenti immobiliari, imposte di bollo e una base IVA tra le più ristrette d’Europa. Questo panorama fiscale rappresenta un ostacolo per chiunque voglia investire o fare impresa nel Paese, con regole complesse e pesanti che limitano la capacità di crescita economica.
Sistemi fiscali a confronto
Un confronto con altri Paesi europei mette in luce come un sistema fiscale possa realmente fare la differenza. La Lettonia, ad esempio, che ha recentemente adottato un modello simile a quello estone, ha visto migliorare la sua competitività grazie a un’imposizione leggera sui redditi da lavoro. La Svizzera, con una tassazione societaria più bassa del 19,7%, un sistema di IVA efficiente e una tassazione favorevole sui capital gain, si piazza al 4° posto, mentre la Lituania, con un’aliquota societaria al 15% e un sistema che incentiva l’investimento aziendale, occupa il 5° posto.
Nel frattempo, nazioni come la Colombia, che si colloca all’ultimo posto, continuano a imporre tasse patrimoniali, imposte sulle transazioni finanziarie e un’aliquota societaria elevata al 35%, scoraggiando l’attività economica e l’attrazione di investimenti esteri.
Ma cosa significa realmente avere un sistema fiscale competitivo? Non si tratta solo di ridurre le aliquote o di semplificare la burocrazia, ma di creare un ambiente che favorisca l’innovazione, l’investimento e la crescita sostenibile. Un sistema fiscale competitivo è in grado di attrarre capitali, stimolare la produttività e creare nuove opportunità per le imprese e i lavoratori. Il rapporto della Tax Foundation sottolinea come le imposte sul reddito delle società siano tra le più dannose per la crescita economica, mentre un approccio basato su imposte sui consumi, se ben calibrato, può ridurre gli effetti negativi e distribuire meglio il carico fiscale.
Eppure, mentre Paesi come la Germania e il Regno Unito si adoperano per migliorare la loro posizione, offrendo incentivi agli investimenti in attrezzature aziendali e riducendo la pressione fiscale su specifici settori, l’Italia sembra bloccata in un sistema che fatica a innovarsi. Con un debito pubblico elevato e una base fiscale estremamente ristretta, il Paese continua a far pagare il prezzo della sua inefficienza ai cittadini e alle imprese, penalizzando la crescita economica e l’occupazione.
Il rapporto evidenzia chiaramente come la competitività fiscale sia una questione globale, con paesi che cercano di attrarre investimenti e sostenere la crescita economica attraverso sistemi fiscali efficienti. Tuttavia, esiste un delicato equilibrio tra l’imposizione fiscale e la necessità di finanziare servizi pubblici essenziali. Le riforme fiscali non possono ignorare il contesto economico e sociale di ciascun paese.