L’Austria blocca il ricongiungimento familiare: effetto domino in Europa?

Con l’avanzata dell’estrema destra, sempre più governi valutano misure restrittive
3 giorni fa
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Siria, I Disegni Dei Bambini Siriani In Fuga Dalla Guerra
Siria, i disegni dei bambini siriani in fuga dalla guerra. (Ipa/Fotogramma)

L’Austria ha deciso di sospendere il ricongiungimento familiare per i rifugiati, segnando un precedente storico all’interno dell’Unione Europea. Il governo di Vienna, guidato dal cancelliere Christian Stocker, ha annunciato che la misura entrerà in vigore a maggio e durerà almeno sei mesi, con la possibilità di estensione fino al 2027. La motivazione ufficiale? Proteggere il sistema sanitario, scolastico ed economico da un presunto sovraccarico. Ma dietro questa decisione si nasconde molto di più di un semplice problema gestionale: il nuovo indirizzo politico dell’Austria riflette un cambiamento più ampio nell’Europa centrale e orientale, dove la pressione della destra radicale sta influenzando le scelte dei governi conservatori.

Il ministro dell’Integrazione, Claudia Plakolm, ha difeso la decisione affermando che il sistema ha raggiunto i suoi limiti e che “la probabilità di una riuscita integrazione diminuisce con ogni nuovo arrivo”. Una dichiarazione che, se da un lato conferma l’intenzione del governo di ridurre gli ingressi, dall’altro suona come un’ammissione implicita delle difficoltà strutturali nell’integrazione dei rifugiati. Ma davvero l’Austria si trova in una situazione di emergenza tale da giustificare uno stop radicale a un diritto fondamentale come il ricongiungimento familiare?

Quanto pesa l’immigrazione?

I dati del governo austriaco mostrano che nel 2023 sono arrivati nel Paese circa 9.300 familiari di rifugiati, un aumento rispetto ai 7.800 dell’anno precedente. La maggior parte proviene dalla Siria, un Paese ancora instabile nonostante la caduta del presidente Bashar al-Assad nel dicembre 2024. Tuttavia, se rapportiamo questi numeri alla popolazione totale dell’Austria, che conta 9,2 milioni di abitanti, l’impatto sembra tutt’altro che catastrofico. Per fare un paragone, l’Italia ha rilasciato oltre 128mila visti nel solo 2023 attraverso il ricongiungimento familiare, con un incremento del 2,1% rispetto all’anno precedente (dati Istat). ​ Secondo l’International Migration Outlook 2024 dell’Ocse, i Paesi Ocse hanno visto l’arrivo di 6,5 milioni di nuovi immigrati permanenti, un dato mai registrato prima. Il principale fattore trainante della migrazione permanente è stato il ricongiungimento familiare, che ha segnato un aumento del 18%.

La decisione dell’Austria arriva in un contesto politico teso, con la crescita dell’estrema destra rappresentata dal Partito della Libertà (FPÖ), che ha ottenuto una vittoria storica alle elezioni parlamentari di settembre. Anche se non è riuscito a formare una coalizione di governo, il suo successo ha spinto i conservatori dell’ÖVP a spostarsi su posizioni più rigide in materia di immigrazione, per arginare l’emorragia di consensi. La strategia è chiara: adottare politiche più restrittive per non lasciare il monopolio della sicurezza e dell’identità nazionale all’estrema destra. Ma a quale prezzo?

Le reazioni

La decisione austriaca ha scatenato reazioni immediate da parte delle organizzazioni per i diritti umani. Amnesty International Austria ha definito il blocco un “chiaro attacco al diritto internazionale”, mentre l’Ong Asylkoordination Österreich ha annunciato che impugnerà il provvedimento davanti ai tribunali. “Non esiste uno stato di emergenza in Austria che giustifichi questa misura”, ha dichiarato il portavoce Lukas Gahleitner. Anche l’opposizione politica ha attaccato duramente il governo: i Verdi, che fino a pochi mesi fa facevano parte della coalizione, hanno accusato l’ÖVP di sacrificare i diritti umani sull’altare dell’opportunismo elettorale.

Oltre alle critiche morali e giuridiche, la misura solleva dubbi sulla sua praticabilità. La Corte di Giustizia dell’Ue ha già bocciato provvedimenti simili in passato, e molti esperti ritengono che il governo austriaco potrebbe trovarsi presto costretto a rivedere la sua posizione. Nel frattempo, migliaia di famiglie sono lasciate nell’incertezza, con il rischio di dover aspettare anni prima di potersi riunire ai propri cari.

Effetto domino o argine al populismo?

L’iniziativa austriaca rischia di aprire un pericoloso precedente a livello europeo. Già diversi Paesi stanno valutando restrizioni simili: in Germania, il nuovo governo di coalizione CDU-SPD ha proposto una sospensione di due anni per il ricongiungimento familiare, mentre in Repubblica Ceca il governo sta lavorando a una riforma che accelera le espulsioni e limita il diritto d’asilo. Anche il Belgio ha adottato misure restrittive nei confronti dei cittadini siriani, mentre la Svizzera sta discutendo un referendum per limitare la popolazione a 10 milioni di abitanti attraverso una stretta sull’immigrazione.

Di fronte a questo scenario, l’Ue si trova a un bivio. Da un lato, la pressione dell’elettorato spinge i governi a inasprire le politiche migratorie per non perdere terreno rispetto ai partiti populisti. Dall’altro, l’Unione rischia di minare i suoi stessi principi fondativi, tradendo la promessa di un’Europa solidale e rispettosa dei diritti umani. La questione non è solo giuridica, ma profondamente politica: quanto è disposta l’Europa a sacrificare in nome della sicurezza?

Bloccare il ricongiungimento familiare potrebbe apparire come una soluzione semplice a un problema complesso, ma gli esperti mettono in guardia dai possibili effetti collaterali. Studi internazionali dimostrano che le politiche di separazione familiare non solo non riducono il numero di arrivi, ma spesso aggravano i problemi di integrazione. I rifugiati che non possono riunirsi con le proprie famiglie tendono a vivere in condizioni di maggiore precarietà, con un impatto negativo sulla loro capacità di trovare lavoro, apprendere la lingua e contribuire alla società. Inoltre, impedire il ricongiungimento può aumentare il rischio di immigrazione irregolare, spingendo le persone a cercare vie alternative e meno sicure per raggiungere i propri cari.