Elezioni ‘shock’ in Romania: vince l’ultranazionalista filo-russo Georgescu, al ballottaggio con la liberale Lasconi

Fuori dai giochi il premier Ciolacu, politica filoccidentale e supporto all’Ucraina in bilico
5 ore fa
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Georgescu Calin Afp
Călin Georgescu (Afp)

A sorpresa, ma forse non troppo a sorpresa se si considera l’aria che tira in Europa e nel mondo, il candidato ultranazionalista di destra Călin Georgescu ha vinto il primo turno delle elezioni in Romania, approdando al ballottaggio. Dietro di lui, la liberale Elena-Valerica Lasconi. Terzo, quindi fuori dai giochi, il primo ministro socialdemocratico e filoccidentale Ion-Marcel Ciolacu.

Con lo spoglio terminato, il risultato è dunque certo. Georgescu ha ottenuto il 22,94% dei voti, Lasconi il 19,18%, Ciolacu il 19,15%. George Simion, leader dell’Alleanza di estrema destra per l’unità dei romeni (Aur), è al 13,86%, secondo i dati forniti dal Comitato elettorale permanente di Bucarest. Quanto all’affluenza, tra Paese e diaspora (moltissimi romeni, infatti, sono emigrati all’estero negli anni) è stata del 52,5%, di poco superiore a quella delle presidenziali del 2019, pari al 51,2%.

Una sorpresa, dicevamo. Georgescu, infatti, ha ‘bruciato’ gli altri candidati nonostante i sondaggi, che davano al ballottaggio il premier in carica e Lasconi. Addirittura, Georgescu era accreditato di un misero 5% di preferenze, una previsione clamorosamente smentita dal voto.

“L’incertezza economica imposta al popolo romeno per 35 anni è diventata incertezza per i partiti politici oggi“, ha detto Georgescu dopo la chiusura delle urne, definendo il risultato “un risveglio sorprendente” del popolo.

Chi è Călin Georgescu

Călin Georgescu, 62 anni, cintura nera di judo e vice-campione di Romania e dei Balcani nel 1979, si è candidato come indipendente ma è da un po’ che circola in politica. Professore universitario e consulente internazionale sullo sviluppo sostenibile, negli anni Novanta ha ricoperto diversi incarichi nel ministero dell’Ambiente romeno, mentre tra il 1999 e il 2012 ha rappresentato il suo Paese nel programma ambientale dell’Onu (Unep).

Georgescu è un ex membro di spicco del partito nazionalista, populista e filorusso di destra Alleanza per l’unione dei romeni, l’Aur di Simion, da dove è stato espulso nel 2022 per aver espresso pubblicamente simpatia per Ion Antonescu, generale, politico e criminale di guerra romeno, collaborazionista del Terzo Reich, che fu primo ministro e Conducător (duce) del Paese dal 4 settembre 1940 al 23 agosto 1944, durante la Seconda guerra mondiale. Nell’occasione, il procuratore generale romeno lo ha accusato di aver promosso “persone responsabili di genocidio”.

Georgescu inoltre è stato molto criticato per i suoi commenti a sostegno del movimento legionario fascista romeno del XX secolo, ed è stato accusato di antisemitismo, accuse – queste ultime – respinte.
Fortemente religioso e nazionalista, Georgescu ha anche sostenuto che l’Unione europea e la Nato non rappresentino adeguatamente gli interessi romeni e che la guerra della Russia in Ucraina sia manipolata dai militari americani.

Nel 2021, ha poi definito lo scudo antimissile Usa installato nel villaggio romeno di Deveselu come una misura non pacifica e una “vergogna della diplomazia”, allineandosi sulla posizione di Putin, di cui è un estimatore e che ritiene uno dei pochi “veri leader” e “un uomo che ama il suo Paese”. Il politico ha anche affermato che l’Alleanza Nord Atlantica non proteggerà nessuno dei suoi membri in caso di attacco da parte della Russia.

Altra ‘musa’ del 62enne è Viktor Orbán, per le sue capacità di negoziazione a livello internazionale.

Georgescu ha saputo sfruttare TikTok per cavalcare e intercettare le frustrazioni delle persone, proponendosi come colui che potrà risolverle, mettendo in discussione sia il supporto all’Ucraina sia l’appartenenza di Bucarest alla Nato. La sua campagna elettorale, infatti, si è basata sulla riduzione dell’dipendenza del Paese dalle importazioni, sul sostegno agli agricoltori e sull’aumento della produzione interna di cibo ed energia.

In discussione il supporto della Romania all’Ucraina

La vittoria di Georgescu è dunque un risultato ‘shock’ sia perché nessuno lo ha visto arrivare, sia perché mette in pericolo la posizione fortemente pro-Ucraina e filo-occidentale della Romania, che Il presidente uscente Klaus Iohannis, 65 anni, ha cercato di consolidare nel tempo.

Va notato che la Romania condivide un confine lungo 650 km con l’Ucraina e che, da quando la Russia ha attaccato il Paese nel febbraio 2022, ha permesso l’esportazione di milioni di tonnellate di grano attraverso il porto di Costanza sul Mar Nero, oltre a fornire aiuti militari, tra cui missili Patriot per la difesa aerea.

Cosa fa il presidente in Romania

Il presidente rumeno ha un mandato di cinque anni e un ruolo semi-esecutivo che gli attribuisce significativi poteri decisionali in settori chiave quali la sicurezza nazionale e la politica estera. E qui cade uno dei nodi della questione: la Romania da un lato è sotto pressione per mantenere gli obiettivi di spesa della Nato, ancora di più dopo la vittoria di Trump negli Stati Uniti e le sue promesse di disimpegnarsi dal sostegno economico all’Alleanza atlantica e all’Ucraina, ma dall’altro lato deve ridurre il pesante deficit fiscale.

La Romania, infatti, ha il più grande deficit di bilancio dell’Unione Europea, pari all’8%, e la percentuale più alta di persone a rischio di povertà nell’Ue. Non a caso l’impennata del costo della vita è stato un tema centrale della campagna elettorale. Ciolacu aveva promesso agli elettori spese generose e nessun aumento delle tasse, ma non ha funzionato.

Ora sarà la liberale Lasconi a sfidare l’outsider Georgescu al secondo turno delle presidenziali, in programma l’8 dicembre. Lasconi, ex giornalista, si è unita all’Unione Salva Romania (Usr) nel 2018 e quest’anno ne è diventata la leader. Crede nell’aumento della spesa per la difesa e nell’aiuto all’Ucraina, e ha una visione filo-occidentale della Romania.

Al ballottaggio dunque si contrapporranno due visioni molto diverse della strada che la Romania deve imboccare, ma ancora prima, domenica 1° dicembre, si terranno le elezioni parlamentari, che potrebbero risentire dei risultati del voto di ieri e fornire delle indicazioni su quella che sarà la futura guida del Paese.

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