Donald Trump ha un nuovo obiettivo per il cambiamento climatico?

Secondo il Center for Global Sustainability dell’Università del Maryland, un Ndc fattibile e ambizioso mirerebbe a una riduzione delle emissioni del 65% entro il 2035
14 ore fa
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Donald Trump (Allison Robbert/Afp)
Donald Trump (Allison Robbert/Afp)

Gli Stati Uniti stanno preparando l’annuncio di un obiettivo più ambizioso per ridurre il riscaldamento climatico. Questo annuncio soddisferebbe gli obblighi del Paese nell’ambito dell’accordo di Parigi sul clima, fissando un obiettivo di riduzione delle emissioni per il 2035.

Un funzionario della Casa Bianca ha confermato a Politico che sono in corso discussioni sul nuovo obiettivo, noto come Contributo determinato a livello nazionale (Ndc). Il consigliere nazionale per il clima, Ali Zaidi, ha dichiarato che gli Stati Uniti stanno avanzando un Ndc allineato con l’obiettivo di mantenimento entro 1,5 gradi.

L’attuale Ndc degli Stati Uniti prevede almeno il 50% di riduzione delle emissioni entro il 2030 rispetto ai livelli del 2005. La proiezione prodotta dal Center for Global Sustainability dell’Università del Maryland mostra che un Ndc fattibile e ambizioso mirerebbe a una riduzione delle emissioni del 65% entro il 2035. Il Natural Resources Defense Council ha chiesto tagli di almeno il 65%.

Ma come è possibile ciò se Donald Trump ha promesso di ritirarsi dall’accordo una volta rientrato alla Casa Bianca?

Trump, un pericolo per l’ambiente?

Secondo un report del World Resource Institute, le sfide principali della seconda presidenza di Donald Trump sulle politiche climatiche degli Stati Uniti riguardano:

  • L’indebolimento delle politiche ambientali e climatiche, con il rischio di tagli significativi alle agenzie come l’EPA (Environmental Protection Agency) e al Department of the Interior, nonché la limitazione dello sviluppo delle energie rinnovabili.
  • L’uscita degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi e una riduzione degli aiuti internazionali per il clima, nonché il congelamento delle politiche federali dedicate che comprometterebbero gli obiettivi di riduzione delle emissioni e la protezione delle comunità vulnerabili.

Nonostante le sfide americane, però, ci sono segnali positivi di azioni climatiche provenienti da attori privati americani o singoli Stati. L’iniziativa America Is All In, ad esempio, ha visto oltre 4.000 leader locali impegnarsi a mantenere gli obiettivi di riduzione delle emissioni stabiliti nell’Accordo di Parigi.

Stati come la California e il Maryland hanno implementato politiche climatiche ambiziose, mentre le città, attraverso reti come Climate Mayors, continuano a investire in infrastrutture verdi e azioni locali per ridurre le emissioni.

Inoltre, il sostegno bipartisan su alcune questioni, come l’energia geotermica, la decarbonizzazione industriale e la rimozione del carbonio, suggerisce che esistono aree di possibile consenso anche in un contesto politico diviso andranno riviste.

L’Inflation Reduction Act, infine, ha creato oltre 330.000 posti di lavoro e ha incentivato investimenti nell’energia pulita in tutto il Paese, anche negli stati tradizionalmente repubblicani. Le politiche federali a sostegno delle energie rinnovabili, come i crediti d’imposta, sono viste come strumenti chiave che continueranno a stimolare la crescita di un’economia a basse emissioni di carbonio, indipendentemente dalla politica federale.

Il ruolo della Cina e la competitività

Uno degli obbiettivi ormai connaturati nell’animo degli Usa e anche in quello di Donald Trump è essere competitivi con la Cina. I passi avanti, così come quelli indietro, potrebbero comunque rendere il Dragone un Paese leader nel settore delle rinnovabili o a guida del cambiamento climatico nei prossimi due decenni.

Nel terzo trimestre del 2024, le emissioni di Co2 della Cina sono rimaste stabili rispetto all’anno precedente, con una leggera diminuzione, dopo un calo nel secondo trimestre. L’analisi di Lauri Myllyvirta per Carbon Brief suggerisce che le emissioni della Cina potrebbero diminuire complessivamente nel 2024, ma ci sono diverse incognite che potrebbero influenzare questa traiettoria:

  1. Aumento della domanda di elettricità. Le ondate di calore di agosto e settembre hanno aumentato significativamente la domanda di energia per il raffreddamento (aria condizionata), portando a una maggiore produzione di energia a carbone (+2%) e a gas (+13%). Questo ha spinto al rialzo le emissioni nel settore energetico, nonostante la continua espansione di energie rinnovabili come il solare e l’eolico, che hanno registrato incrementi record (+44% e +24%, rispettivamente).
  2. Ridotto contributo dalle rinnovabili e dalle fonti pulite. Sebbene l’energia solare ed eolica abbiano raggiunto nuovi picchi di capacità, la produzione idroelettrica è aumentata solo dell’11% rispetto a un anno fa, restando sotto le aspettative, e la crescita dell’energia nucleare è stata più contenuta (+4%).
  3. Settori non energetici. Le emissioni provenienti da settori come l’acciaio, il cemento e il petrolio sono diminuiti nel terzo trimestre. In particolare:
    – Le emissioni di acciaio sono calate del 3% e quelle del cemento del 12%, a causa di una minore attività edilizia.
    – La domanda di petrolio è diminuita del 2%, grazie a fattori come la crescita dei veicoli elettrici e a gas naturale, oltre a una minore spesa dei consumatori.
  4. Politiche governative e settori a rischi. Nonostante questi progressi, la trasformazione del carbone in prodotti chimici è stata supportata da nuove misure politiche, con un aumento del consumo di carbone del 20% nel settore.

In sintesi, nonostante la Cina stia facendo progressi nel settore delle energie rinnovabili, l’aumento della domanda di energia, soprattutto durante le ondate di calore, e l’uso continuato di carbone in alcune industrie potrebbero bilanciare i benefici ottenuti dalle tecnologie verdi, mantenendo le sue emissioni sostanzialmente stabili nel 2024, che sarebbe comunque un traguardo per il Dragone. E anche se sarà dura per tycoon ammetterlo, il mondo negli ultimi quattro anni è cambiato e forse è il caso di progredire per non restare indietro.