Cannabis light vietata, le imprese chiedono l’intervento di Bruxelles

L'emendamento del Ddl Sicurezza mette a rischio il lavoro di 15mila persone e un fatturato annuo da 500 milioni di euro
2 mesi fa
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Cannabis Light Lavoratori
Lavoratori raccolgono cannabis light_Canva

Con l’approvazione dell’emendamento al Ddl Sicurezza, la cannabis light rischia di tornare a essere illegale in Italia. Il divieto di coltivazione e commercio delle infiorescenze di canapa e derivati costituirebbe, però, una violazione delle norme Ue sulla libera concorrenza e circolazione delle merci e mette a rischio un settore che dà lavoro a oltre 15mila persone con un fatturato da 500 milioni di euro.

Per questo, le aziende della filiera agroindustriale della canapa italiana hanno immediatamente chiesto a Bruxelles di intervenire.

Cannabis light, l’appello delle imprese all’Ue

In una mossa senza precedenti, diverse associazioni del settore – tra cui Canapa Sativa Italia, Imprenditori Canapa Italiana, Resilienza Italia Onlus e Sardinia Cannabis – hanno inviato una lettera alla Commissione europea. In essa, denunciano la violazione di diverse normative comunitarie, toccando persino alcune libertà fondamentali dell’Unione:

1. La libera circolazione delle merci;
2. La libera concorrenza;
3. La compatibilità con la Politica Agricola Comune dell’UE (Pac)

Le associazioni chiedono alla Commissione di emettere un parere circostanziato, sostenendo che il provvedimento italiano sia in contrasto con gli Articoli 34 e 36 del Trattato sul funzionamento dell’UE, che definiscono il principio di libera circolazione delle merci.

A supporto della loro tesi, citano due importanti precedenti legali:

1. Una sentenza della Corte di Giustizia dell’UE del 19 novembre 2020, che stabilì che il CBD non può essere considerato uno stupefacente e che la sua commercializzazione non può essere vietata se prodotto legalmente in un altro Stato membro dell’UE;

2. Una sentenza del TAR del Lazio del febbraio 2023, che aveva annullato il decreto interministeriale “officinali” del 18 maggio 2022, il quale aveva posto la cannabis sativa sotto un regime speciale, limitando la coltivazione agricola e permettendo la commercializzazione solo dei semi e derivati.

Gli agricoltori italiani sostengono inoltre che il provvedimento violi l’articolo 101 del Tfue (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), limitando di fatto l’accesso libero al mercato. Denunciano anche il mancato rispetto del principio di proporzionalità, argomentando che “l’introduzione di un divieto così ampio non appare proporzionata all’obiettivo di tutela della salute pubblica, soprattutto alla luce delle evidenze scientifiche che non indicano rischi significativi per la salute derivanti dall’uso delle infiorescenze di canapa con un contenuto di THC inferiore ai limiti di legge”.

Impatto sul settore e dimensioni del mercato

Il settore della canapa in Italia, nonostante i frequenti attacchi politici, ha mostrato una notevole crescita negli ultimi anni. Attualmente, genera un fatturato annuo di circa 500 milioni di euro, coinvolgendo tra 11.000 e 15.000 posti di lavoro. Circa 800 aziende coltivano cannabis light nel paese, mentre 1.500 si occupano della sua trasformazione.

Il mercato italiano della cannabis light, valutato circa 44 milioni di euro nel 2021, secondo Davide Fortin, ricercatore all’Università Sorbona di Parigi e collaboratore di MPG Consulting, avrebbe potuto crescere fino a 400-500 milioni con una regolamentazione adeguata, inserendosi in un mercato europeo potenziale stimato in 36 miliardi di euro.

Il provvedimento colpisce non solo i piccoli rivenditori di CBD (canapa sativa L con basso contenuto di THC), ma anche importanti filiere agroindustriali come la cosmesi, il florovivaismo, gli integratori alimentari e l’erboristeria. Inoltre, il prodotto coltivato in Italia è molto richiesto all’estero, con esportazioni verso Germania, Belgio, Olanda e Francia.

Le reazioni del settore

Le reazioni del settore sono state unanimi nella condanna del provvedimento. Federcanapa lo ha definito “un grottesco giro di vite”, mentre Cia-Agricoltori Italiani ha giudicato l’emendamento del Ddl Sicurezza “inaccettabile”. Il presidente di Cia, Cristiano Fini, ha sottolineato gli investimenti fatti dagli agricoltori “in una coltura legale e ad alto valore aggiunto”, parlando di una “grave sconfitta per la libera impresa” ed evidenziando il ruolo del settore, soprattutto tra l’imprenditoria giovanile.

Lorenza Romanese, direttrice amministrativa della European Industrial Hemp Association (Ehia), che rappresenta a livello europeo le imprese che trasformano, producono e commercializzano la canapa industriale, solleva un’importante questione sul futuro del settore. Si chiede come l’Italia si posizionerà quando l’estratto di canapa sarà approvato dall’Autorità europea per la Sicurezza Alimentare (Efsa) come complemento alimentare, temendo che il Paese possa essere escluso da un mercato in cui potrebbe essere leader.

Secondo Romanese, questa mossa penalizzerebbe doppiamente l’Italia:
1. Bloccando settori esistenti, svantaggiando le imprese italiane a favore di quelle di altri Paesi membri
2. Penalizzando l’Italia in un settore dove potrebbe essere leader, quello del cibo e dei complementi alimentari

Cannabis light vietata, le reazioni politiche 

Le reazioni politiche sono state generalmente critiche. Riccardo Magi, segretario di Più Europa, ha accusato il governo di aver “ucciso il settore della cannabis light” nel Paese, cancellando “una filiera tutta italiana” in preda alla “furia ideologica“.

La filiera della canapa italiana che guarda a Bruxelles nella speranza di un intervento che possa salvaguardare questo settore in crescita e prevenire potenziali violazioni delle normative europee. L’esito di questa battaglia legale e politica potrebbe avere implicazioni significative non solo per l’Italia, ma per l’intero mercato europeo della canapa, influenzando il futuro di un’industria che si trova al crocevia tra agricoltura, salute e politica economica.