Lecornu presenta il nuovo governo e si dimette dopo poche ore: in Francia una crisi politica senza via d’uscita?

Il premier ha presentato ieri sera la squadra del nuovo esecutivo, ma stamattina ha già lasciato l'incarico, proseguendo una crisi che rischia di travolgere Macron: 104 deputati hanno presentato una mozione per destituire il presidente
1 giorno fa
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Sebastien Lecornu
Sebastien Lecornu (Ipa/Fotogramma)

“Non durerà”. Il leader di La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, aveva commentato così il (non tanto) nuovo governo rivelato ieri sera dopo un mese di consultazioni da Sebastien Lecornu, fedelissimo del presidente Emmanuel Macron. Ma probabilmente non pensava (o sperava) che l’esecutivo si sarebbe sgretolato dopo solo 12 ore, di fatto senza mai entrare in carica. Stamattina il premier Lecornu ha presentato le proprie dimissioni, accettate dall’Eliseo, diventando così il primo ministro con il mandato più breve della storia, 27 giorni dopo la sua nomina, il 9 settembre.

Prosegue dunque la pesante crisi politica della Francia, apertasi con l’indizione di nuove elezioni da parte di Macron dopo la sconfitta alle europee del giugno 2024: una scelta per molti sconsiderata. Quello che è certo è che ha aperto una fase di grossa e anomala instabilità per il Paese, per la quale al momento non si vede la luce in fondo al tunnel. Ed è certa anche la reazione dei mercati, con le borse in calo – non solo Parigi – e l’euro che perde sul dollaro.

Un nuovo governo non tanto nuovo

D’altronde, ha spiegato Lecornu, non c’erano le condizioni per governare. E in effetti le critiche erano arrivate forti e chiare già ieri sera, quando era stata svelata la composizione del nuovo governo, non poi così nuovo dato che prevedeva la conferma di 12 dei 18 ministri dell’esecutivo precedente, a guida François Bayrou, caduto per una mozione di sfiducia a inizio settembre.

Tra i ‘vecchi’ volti, Bruno Retailleau (Interno), Jean-Noel Barrot (Esteri), Gérald Darmanin (Giustizia), e soprattutto ha destato critiche Bruno Le Maire alla Difesa. Polemiche anche per il macronista Roland Lescure come ministro dell’Economia.

Tra le conferme, gli ex primi ministri Elisabeth Borne e Manuel Valls (rispettivamente all’Istruzione e ai Territori d’Oltremare), Jean-Noël Barrot (Affari Esteri), Catherine Vautrin (Salute e Lavoro), Rachida Dati (Cultura), Amélie de Montchalin (Conti Pubblici).

La squadra prevedeva poi Éric Woerth (Pianificazione territoriale, del decentramento e dell’edilizia abitativa), Agnès Pannier-Runacher (Transizione ecologica), Naïma Moutchou (Trasformazione e Funzione Pubblica e Digitale), Philippe Tabarot (Trasporti), Marina Ferrari (Sport), Aurore Bergé (Parità tra Donne e Uomini), Mathieu Lefèvre (Relazioni con il Parlamento, portavoce del governo).

Mélenchon: “Una sfilata di revenant”

Siamo sbalorditi“, aveva commentato ieri sera Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, definendo Le Maire, ministro dell’Economia dal 2017 al 2024, “l’uomo che ha mandato in rovina la Francia”.

Duro anche il presidente del Rassemblement National, Jordan Bardella, che in un post su X aveva dichiarato: “Abbiamo detto chiaramente al primo ministro: o rottura o censura. Il governo annunciato questa sera, composto dagli ultimi sostenitori di Macron aggrappati alla zattera della Medusa, ha chiaramente tutti i tratti distintivi della continuità, e assolutamente nulla della rottura che il popolo francese si aspetta”.

Mélenchon, oltre a vaticinare una vita breve al nuovo esecutivo, lo aveva descritto come una “sfilata di revenant”.

Ma le critiche erano arrivate anche dagli alleati stessi di Lecornu: i Repubblicani, che avevano avuto quattro portafogli (tra cui la conferma del loro leader Bruno Retailleau) a fronte dei 10 dei macronisti di Renaissance, hanno protestato che il nuovo esecutivo non era di rottura come promesso.

Mentre i socialisti, necessari per portare avanti l’azione di governo e a cui Lecornu stava facendo concessioni, avevano già promesso di sfiduciarlo immediatamente.

Lecornu, tramite il proprio entourage, aveva spiegato che il suo esecutivo assomigliava in parte a quello di Bayrou per offrire sia la continuità, di cui “alcuni attori e amministrazioni hanno bisogno”, sia il “rinnovamento, dato che dei ministri nominati oggi, un terzo non apparteneva al governo precedente”.

Rassemblement National chiede nuove elezioni

Non è bastato, e oggi Bardella ha chiesto a Macron di sciogliere l’Assemblea Nazionale e convocare nuove elezioni. “Non può esserci un ripristino della stabilità senza un ritorno alle urne”, ha detto, aggiungendo che il suo partito sarebbe stato “pronto a governare”.

Bayrou intanto cerca di calmare le acque chiedendo “un minimo di riserbo” di fronte a una situazione “pesante e preoccupante”. “Alcune forze politiche si rifiutano di vedere la gravità della situazione”, ha dichiarato al media locale francese Ici Bearn Bigorre.

Pressioni su Macron: “Conto alla rovescia per le dimissioni”

Il voto di luglio 2024 ha restituito un Parlamento diviso sostanzialmente in tre – centro macronista, estrema destra ed estrema sinistra -, e tornare alle urne rischia di approfondire le divisioni. Ma il discorso va ben oltre l’Assemblea per arrivare fino all’Eliseo: 104 deputati hanno presentato una mozione per la destituzione di Macron, e Melenchon ne sollecita “l’esame immediato”.

Mathilde Panot, capogruppo de La France insoumise all’Assemblea Nazionale, ha affermato su X che il “conto alla rovescia” per le dimissioni di Macron è iniziato, mentre Le Pen ha chiarito: o il presidente indice nuove elezioni o si dimette.

Una crisi senza fine

Lecornu era il quinto primo ministro francese dal 2022, anno della rielezione di Macron, e il terzo dalla crisi apertasi a giugno 2024. I due precedenti governi – il primo guidato da Michel Barnier e durato tre mesi e il secondo da Bayrou, durato nove mesi -, sono caduti entrambi sulla legge di bilancio. Lecornu stava cercando dei compromessi sia con i propri alleati sia con i leader delle opposizioni, a destra e a sinistra, e aveva promesso di non utilizzare la norma che consente ai governi francesi di approvare la legge senza il voto parlamentare (usata da Barnier, inutilmente). Evidentemente senza successo.

Ma la questione del pesante debito pubblico del Paese, per il quale è stata aperta una procedura d’infrazione a Bruxelles, rimane spinosa, e trovare una quadra al rompicapo ‘più tasse‘ – in queste settimane si è molto parlato di una proposta di incidere sui super patrimoni, a firma dell’economista Gabriel Zukman – ‘o tagli alla spesa‘ – che hanno scatenato forti proteste dei cittadini – attualmente rimane un miraggio.

Parigi in ribasso, ripercussioni sull’euro

La notizia ha avuto subito ripercussioni sulle borse: l’indice azionario francese di riferimento è sceso fino al 3% in apertura, per poi risalire leggermente. In mattinata lo spread tra le Oat francesi e i Bund tedeschi è salito ai massimi dell’anno, a 86,4 punti, mentre lo spread tra Btp e Bund è arrivato a 83,6 punti. Ma, per effetto contagio, anche le altre borse europee sono deboli con Milano in calo (-0,9%) e Madrid (-0,53%), Londra e Francoforte (-0,2%) più caute. Va notato che la crisi in Francia si è riverberata sull’euro, che ha perso oltre mezzo centesimo sul dollaro, dimostrando la connessione tra le vicende interne della seconda economia comunitaria e l’Unione tutta.