Un muro di droni per proteggere l’Europa da Putin, a partire dal suo fianco orientale. L’iniziativa, lanciata dai Paesi baltici e ripresa dalla presidente della Commissione Ursula von der Leyen in occasione del suo discorso sullo Stato dell’Unione a inizio settembre, poche ore dopo il primo di molti sconfinamenti di droni (e poi aerei) russi nei cieli europei – e dunque nello spazio Nato – è diventata ormai una priorità.
“Le ripetute violazioni del nostro spazio aereo sono inaccettabili. Il messaggio è chiaro: la Russia sta mettendo alla prova l’Ue e la Nato. E la nostra risposta deve essere ferma, unita e immediata. Abbiamo concordato di passare dall’idea iniziale ad azioni concrete”, ha detto venerdì scorso ai giornalisti il commissario europeo per la Difesa e lo Spazio Andrius Kubilius, al termine di un incontro on line tra i Paesi “in prima linea”, durante il quale si è discusso del muro di droni.
Ai colloqui hanno partecipato i ministri della Difesa di Bulgaria, Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Polonia e Romania, “insieme ad altri due Stati membri dell’Ue del fianco orientale, Ungheria e Slovacchia“, ha spiegato Kubilius. Presente anche l’Alta Rappresentante Kaja Kallas, la Presidenza danese del Consiglio e un rappresentante della Nato.
Cos’è e come funziona il muro di droni
Se l’obiettivo di rafforzare la difesa collettiva europea, i colloqui di venerdì, ha commentato il commissario, sono stati fondamentali: “Abbiamo concordato sul punto più importante: la sorveglianza del fianco orientale, con il ‘muro di droni’ al centro, sarà al servizio di tutta Europa”. Il muro, grazie anche alla “preziosa esperienza dell’Ucraina”, ha “priorità immediata, con capacità avanzate di rilevamento, tracciamento e intercettazione; difese terrestri, come sistemi anti-mobilità; sicurezza marittima per il Mar Baltico e il Mar Nero; consapevolezza situazionale basata sullo spazio“, ha spiegato Kubilius.
Come precisato dal commissario, dunque, il muro di droni si inserisce in un progetto più ampio di difesa: la ‘Eastern Flank Watch (Guardia del Fianco Est)’, “volto a proteggere l’intera Unione Europea” e che avrà una componente terrestre (come le trincee anti-carro), una marittima e una dedicata allo spazio.
Per quanto riguarda nello specifico il muro di droni, si tratta di sviluppare lungo tutto il confine orientale dell’Unione europea un sistema di rilevamento e intercettazione delle minacce: droni e velivoli.
Il progetto prevede più livelli d’azione: intanto occorre rilevare gli sconfinamenti, cosa complessa nel caso dei piccoli droni (si possono mettere in campo radar, ricevitori radio e sensori elettro-ottici o infrarossi); poi occorre seguirne la traiettoria e capire che tipo di minaccia portino con sé. A quel punto si passa a neutralizzarli, utilizzando in primis tecniche di jamming (disturbo elettronico) o spoofing (far credere al velivolo di essere in un’altra posizione). Se queste azioni non funzionano, si passa ‘sul campo’, attraverso l’uso di proiettili a corto raggio, laser, missili di piccole dimensioni o droni intercettori.
Secondo Kubilius è possibile costruire il sistema in un anno, ma comunque occorrerà più tempo per sviluppare una rete completa, via terra e via mare, in grado di tracciare e abbattere i bersagli.
Un progetto complesso e costoso: i nodi da risolvere
I nodi a cui mettere mano, infatti, sono tanti, partire dalla base: il rilevamento e l’abbattimento dei droni. “È una priorità, perché sui droni siamo scoperti e serve subito una rete di sensori di rilevamento, tracciamento e intercettazione”, ha detto senza mezzi termini il commissario.
Inoltre, come sottolineato da più parti e come sostenuto anche dal segretario generale della Nato Mark Rutte, non è pensabile abbattere piccoli ed economici droni con grossi e costosi arerei da combattimento o sistemi anti-missile. Occorre insomma un insieme di strumenti cinetici e non cinetici, fermo restando che queste tecnologie devono essere non solo efficaci ma anche economiche, producibili in quantità e adattabili velocemente alla tecnologia in costante avanzamento.
Un altro aspetto critico è l’interoperabilità tra sistemi di diversi Paesi, che peraltro hanno regole di ingaggio e normative, ad esempio sul jamming, molto diverse. Occorre insomma condividere standard comuni e una rete di scambio dati sicura e veloce.
Non da ultimo, dotare di un ‘muro di droni’ l’intero fianco orientale, dalla Finlandia al Mar Nero, è complicato e molto costoso: potrebbe richiedere milioni di droni, per una spesa di “diversi miliardi di euro, se non centinaia di miliardi“, ha sottolineato il commissario.
Quali sono dunque i prossimi passi? “Garantirò l’appoggio politico in vista del Consiglio europeo di ottobre. Definiremo una tabella di marcia tecnica dettagliata con gli esperti nazionali. Mobiliteremo l’industria della difesa europea. E creeremo un pacchetto completo di strumenti finanziari dell’Ue per rendere questo scudo una realtà”, ha annunciato l’ex premier lituano venerdì sera.
Il 1 ottobre, infatti, si terrà il consiglio europeo informale. Il giorno dopo sarà la volta della European Political Community, ovvero l’incontro dei massimi responsabili politici dei paesi dell’intero continente.
In tale sede si parlerà anche del finanziamento del muro di droni, che potrebbe venire almeno in parte dal programma Safe (che prevede prestiti ai 27 per 150 miliardi di euro), e dal Fondo europeo per la difesa.
La Danimarca chiude i cieli ai droni civili
Nel frattempo, garantire la sicurezza dell’aeroporto di Copenaghen è diventato prioritario, in vista dell’incontro di dopodomani. La Danimarca ieri ha deciso di chiudere i cieli ai droni civili per una settimana, considerando le molteplici le incursioni degli ultimi giorni, che hanno provocato disagi alla circolazione aerea e innalzato la tensione, e le moltissime segnalazioni di avvistamenti, poi rivelatesi droni civili legali.
Il Paese ha anche accettato e ricevuto in prestito un sistema anti-drone dalla Svezia, mentre ieri una fregata tedesca ha attraccato a Copenaghen. Anche l’Ucraina ha offerto assistenza.
La Germania valuta se dare ok all’esercito per abbattere i droni
Intanto, il governo tedesco sta valutando se autorizzare l’esercito ad abbattere i droni a determinate condizioni. Ovvero, secondo il tabloid Bild, se un drone costituisce un pericolo grave per la vita umana o per infrastrutture critiche e quando altre misure non si rivelano sufficienti. In tali casi ci sarebbe un passaggio di poteri dalla polizia all’esercito. Secondo Afp, il piano non sarebbe confermato, ma media nazionali e locali riportano che secondo il ministro dell’Interno Alexander Dobrindt c’è l’intenzione di riformare le leggi sulla sicurezza aerea in modo che l’esercito possa aiutare la polizia “soprattutto nella difesa contro i droni”.
L’abbattimento di velivoli, droni e ancor di più aerei, è particolarmente delicata. “L’opzione è sul tavolo“, ha dichiarato von der Leyen la scorsa settimana, e ha ricevuto l’endorsement del presidente Usa Donald Trump, ma per la Russia questo significherebbe guerra. Mosca ha bollato le segnalazioni di droni come “isteria” e ha definito “infondate” le accuse di violazione dello spazio aereo europeo. Vladislav Maslennikov, direttore del dipartimento per gli Affari europei del ministero degli Esteri russo, ha dichiarato a Ria Novosti che le iniziative europee provocheranno “un aumento delle tensioni militari e politiche nel nostro continente”. Ma per molti analisti e politici europei, il Cremlino sta solo cercando la scintilla per accendere la miccia.