Il nuovo ciclo di investimenti europei nella difesa si è concretizzato in un’unica settimana: i 19 piani nazionali di Safe sono stati depositati alla Commissione, il Consiglio Affari Esteri ha aperto il capitolo dei finanziamenti pluriennali per l’Ucraina e i negoziati con i partner esterni hanno prodotto due esiti opposti. La mappa delle priorità europee è cambiata con rapidità insolita.
Il programma da 150 miliardi definisce ora chi investe, in quali capacità e con quali alleati. Il Canada entra nel perimetro, il Regno Unito resta fuori, mentre Kiev compare in quindici dei piani presentati dagli Stati membri. Elementi che, affiancati alle decisioni del Consiglio sulla readiness 2030, delineano un quadro operativo molto più preciso di quello emerso nei mesi scorsi.
Cosa prevedono i 19 piani nazionali consegnati a Bruxelles
La consegna dei piani nazionali Safe ha restituito alla Commissione un quadro dettagliato delle scelte degli Stati membri. Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Lettonia, Lituania, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia e Spagna hanno presentato programmi completi, delineando investimenti che coprono l’intero ventaglio delle nove aree prioritarie fissate dalla strategia europea. L’Italia ha richiesto 14,9 miliardi di euro, concentrati su scudi aerei, artiglieria, capacità cyber e adeguamento delle infrastrutture critiche per la mobilità militare. Gli altri governi hanno puntato in misura varia su sistemi anti-drone, radar avanzati, osservazione del fianco orientale e tecnologie spaziali per l’allerta precoce.
Quindici dei 19 piani includono forme di sostegno all’Ucraina o collaborazione diretta con l’industria ucraina. Il commissario Andrius Kubilius ha sottolineato che gli importi previsti sono “in miliardi, non in milioni”, evidenziando un livello di integrazione che supera quello dei precedenti strumenti europei. La Commissione non ha reso noti i nomi dei quattro Stati che non hanno incluso misure relative a Kiev, citando esigenze di riservatezza. La valutazione tecnica dei piani è ora in corso e seguirà il modello utilizzato per il NextGenerationEU: verifiche periodiche, pagamenti legati ai risultati, obbligo di documentazione e rispetto delle milestone.
Il portavoce Thomas Regnier ha confermato che la Commissione controllerà trasparenza, integrità degli appalti e coerenza con la roadmap sulle capacità critiche. Un elemento centrale riguarda il limite del 35% di componentistica extra-Ue nei progetti finanziati dal fondo: superarlo richiede accordi specifici, come quello definito con il Canada. I programmi nazionali saranno successivamente trasmessi al Consiglio per l’approvazione definitiva, primo passaggio necessario all’erogazione delle tranche iniziali fino al 15% delle somme richieste.
Il nuovo perimetro Ue-Ucraina
Il Consiglio Affari Esteri in formato difesa del 1° dicembre ha consolidato il ruolo dell’Ucraina nell’architettura di sicurezza europea. I ministri hanno discusso direttamente con il premier Denys Shmyhal, alla presenza del vice segretario generale della Nato Radmila Shekerinska, affrontando tre capitoli principali: finanziamenti, cooperazione industriale e ruolo delle missioni europee nel Paese. L’Alto Rappresentante Kaja Kallas ha dichiarato: “In questa guerra, c’è un aggressore e una vittima. Il nostro compito è sostenere la vittima e non premiare l’aggressione”, collocando la decisione sui finanziamenti militari in un quadro politico esplicito.
I ministri hanno valutato un meccanismo pluriennale di sostegno. La High Representative ha spiegato che una soluzione stabile “sarebbe determinante per la difesa ucraina”, riducendo l’incertezza sui flussi e permettendo l’acquisizione programmata di capacità critiche. Il Consiglio ha discusso anche il possibile ampliamento della cooperazione industriale: produzione congiunta, coinvolgimento della Banca europea per gli investimenti e mobilitazione di capitali privati. Kallas ha sintetizzato la linea comune: “Europa e Ucraina devono costruire insieme, produrre insieme e innovare insieme”.
Le missioni Eumam (addestramento) ed Euam (assistenza istituzionale) potrebbero assumere un ruolo ampliato. Kiev ha richiesto un maggiore coordinamento sulla formazione delle unità impegnate nei settori più esposti del fronte; l’Ue valuta un incremento dei team dedicati. È stato affrontato anche il tema della cosiddetta shadow fleet russa, con la necessità di rafforzare monitoraggio marittimo e tracciamento delle navi che eludono le sanzioni.
Il collegamento fra Safe e il Consiglio emerge nella convergenza tra investimenti e piani operativi. Molti programmi nazionali prevedono l’acquisizione di capacità che rispondono alle richieste ucraine: droni, difesa aerea, radar a lungo raggio, sistemi di comunicazione protetti. Il risultato è un allineamento sempre più stretto tra gli strumenti finanziari dell’Unione e il supporto diretto a Kiev.
Le scelte operative dei ministri Ue
La seconda parte del Consiglio è stata dedicata alle capacità europee e all’attuazione della comunicazione congiunta “Preserving Peace – Defence Readiness Roadmap 2030”. Kallas ha ricordato che i governi devono “continuare a rafforzare le proprie difese” e che “non c’è molto tempo per agire”. I ministri hanno esaminato la creazione delle coalizioni di capacità — già avviate su difesa aerea e droni — che dovranno essere estese ai settori dove nessun Paese può operare in autonomia. La Commissione ha indicato infrastrutture, spaziale, guerra elettronica e mobilità tra le priorità immediate.
La mobilità militare è stata uno dei capitoli più approfonditi. L’Alto Rappresentante ha definito la capacità di spostare rapidamente truppe e mezzi come “un’assicurazione per la sicurezza europea”. Il pacchetto presentato a novembre individua corridoi critici, nodi logistici e standard operativi che richiedono adeguamenti già nel 2026. I ministri hanno discusso su come accelerare permessi, interoperabilità normativa e modernizzazione dei punti di transito, con l’obiettivo di ridurre drasticamente i tempi di attraversamento tra Paesi membri.
A margine del Consiglio, l’Agenzia europea per la difesa (Eda) ha approvato il proprio bilancio 2026, il piano triennale e la dotazione organica. Sono stati presentati anche i progetti collaborativi a medio e lungo termine, con una sintesi delle proposte già inserite nel ciclo 2030. L’indicazione emersa è un rafforzamento del ruolo di Eda nella gestione dei progetti che derivano dai piani Safe: selezione delle piattaforme prioritarie, coordinamento degli Stati partecipanti, armonizzazione dei requisiti tecnici. Per Bruxelles, la capacità di tradurre gli investimenti in interoperabilità reale dipenderà dall’integrazione tra SAFE, Roadmap 2030 ed Eda.
Canada dentro, Regno Unito fuori
Nel capitolo sui partner esterni, la settimana ha prodotto due risultati differenti. Il negoziato con il Regno Unito si è concluso senza accordo. Secondo il ministro britannico per le Relazioni con l’Ue, Nick Thomas-Symonds, la trattativa si è bloccata sul contributo richiesto da Bruxelles per superare il limite del 35% nella componentistica extra-Ue. Londra era disposta a una commissione amministrativa ridotta; la Commissione riteneva necessaria una quota proporzionata ai benefici potenziali per l’industria britannica. Regnier ha precisato che il Regno Unito potrà comunque partecipare ai progetti entro il limite previsto per i Paesi terzi.
Il dialogo con il Canada si è invece chiuso positivamente. In una dichiarazione congiunta, Ursula von der Leyen e il premier Mark Carney hanno affermato che Safe “rafforzerà la base industriale europea” e che l’accordo permette al Canada di partecipare agli appalti congiunti del fondo. Il ministro della Difesa David McGuinty ha spiegato che i dettagli sul contributo e sulle percentuali “sono in fase di definizione”. Il modello negoziato consente a Ottawa di superare la soglia del 35%, a fronte di un contributo proporzionato a Pil, cooperazione industriale e benefici previsti.
Durante il Consiglio, i ministri sono stati informati che le richieste di Corea del Sud e Turchia sono arrivate troppo tardi per un accordo nella stessa finestra negoziale. Resteranno quindi nel regime standard per Paesi terzi, con accesso limitato ai progetti Safe. Bruxelles ha ribadito che eventuali deroghe future dovranno rispettare requisiti stringenti sulla sicurezza della catena di fornitura e sulla proprietà intellettuale, soprattutto nei settori sensibili come droni e difesa missilistica.
