Rutte a Roma conferma l’obiettivo di spesa per la difesa al 5%, “ma non c’è data di scadenza”

A Roma la prima riunione ministeriale nel formato Weimar+. Tajani: “Serve tempo, ma l’obiettivo resta condiviso”
21 ore fa
3 minuti di lettura
Mark Rutte e Giorgia Meloni
Mark Rutte e Giorgia Meloni (Ipa/Fotogramma)

L’obiettivo per i Paesi Nato del 5% per la spesa per la difesa, composto per il 3,5% dalla spesa per la difesa di base (armamenti, ndr) e per l’1,5% dalla spesa per la sicurezza (in senso ampio, ad esempio infrastrutture e minacce cyber, ndr), rimane. Ma non ci sono date di scadenza. Lo ha dichiarato stamattina (12 giugno) il segretario generale della Nato, Mark Rutte, arrivando a Villa Madama a Roma per la riunione ministeriale nel formato Weimar+. Un formato che si inaugura oggi e che vede la Nato aggiungersi al classico ‘Triangolo di Weimar’ composto da Francia, Germania e Polonia.

Eppure, anche se non formalmente, una data di scadenza sembra esserci. Rutte, durante il door step prima della riunione ministeriale, ha chiarito perché abbia proposto un obiettivo così ambizioso come quello del 5%: c’è il pericolo concreto che la Russia si muova contro il territorio Nato “entro il 2029, o al massimo al 2030. Ora siamo al sicuro, ma tra tre o cinque anni potremmo non esserlo più, perciò dobbiamo spendere di più”.

Il tempo è un elemento chiave, dunque, ed è quello che ha chiesto il governo italiano. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani in conferenza stampa si è detto “assolutamente favorevole a rinforzare il pilastro europeo della Nato“, e “in prospettiva a una difesa europea”, ma “bisogna vedere quali sono i tempi, i modi, le condizioni. Secondo me servono almeno una decina d’anni per raggiungere gli obiettivi che si pensa di raggiungere a livello di Nato“.

In ogni caso “la discussione sul 5% è in corso”, ha precisato Rutte, che si è detto “piuttosto fiducioso, in effetti, come lo è il ministro Tajani, che raggiungeremo una posizione comune, tutti e 32″.

Il riferimento è al prossimo Vertice Nato in programma dal 24 al 26 giugno a L’Aja, durante il quale ci si aspetta che venga presa una decisione definitiva a riguardo.

“Una cifra radicata nei fatti”

Il 5% d’altronde non nasce per caso, ha sottolineato l’olandese: la cifra da lui indicata “è radicata nei fatti“, in uno studio approfondito condotto dall’Alleanza per “individuare le lacune nelle nostre capacità e come colmarle“. “I ministri della difesa hanno concordato su questo elemento giovedì scorso. Ora spetta ai leader approvare la spesa aggiuntiva necessaria per renderlo possibile”, ha aggiunto il segretario generale.

Il tema tuttavia è sicuramente scottante, se si pensa che l’obiettivo precedente, stabilito nel 2014, era del 2%, meno della metà, e che moltissimi Paesi ad oggi non hanno raggiunto nemmeno quello. L’Italia, che era indietro con l’1,57%, il mese scorso ha dichiarato di essere arrivata al 2%, destando perplessità nelle opposizioni e tra gli analisti su come questo sia stato possibile.

“Dobbiamo aumentare e velocizzare la produzione”

Nel corso della riunione i ministri hanno affrontato anche altri due temi che saranno al centro del vertice Nato di fine giugno. Uno è l’aumento della produzione industriale, perché l’attuale scarsità “preoccupa molto” Rutte. “Se oggi un Paese ordina un sistema Patriot, verrà consegnato tra dieci anni. La domanda è: la mattina o il pomeriggio? Perché nel pomeriggio arriverà l’F-35. Questa è la situazione attuale”, ha chiarito il segretario. Inoltre i Paesi Nato non producono abbastanza velocemente. “Servono più turni, più linee di produzione. In particolare le munizioni sono fondamentali”.

Sull’Ucraina: “Trump ha rotto lo stallo”

il terzo tema al centro della discussione è stata l’Ucraina, con gli alleati intenzionati ad assicurarsi che sia nella “migliore posizione possibile” per continuare a resistere all’aggressione russa, “ma anche quando si arriverà a un cessate il fuoco a lungo termine o a un accordo di pace, così che Vladimir Putin non ci riprovi mai più”.

Per quanto riguarda gli sforzi di Donald Trump per porre fine alle ostilità, al momento infruttuosi, Rutte ha precisato che il presidente Usa ha avuto un ruolo fondamentale, perché “ha rotto lo stallo, avviando colloqui diretti con il presidente Putin. Lo elogio per questo”.

L’incontro con Meloni

Prima di recarsi a Villa Madama, Rutte è stato ricevuto a Palazzo Chigi dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. I due leader si sono salutati con un sorriso e una stretta di mano (“Come stai?”, gli ha chiesto in inglese la premier).

Il colloquio è durato circa un’ora e, riferisce una nota di Palazzo Chigi, ha permesso “uno scambio approfondito” in preparazione del vertice dell’Aja, “con particolare riferimento alle spese per la sicurezza collettiva e alla costruzione di un’industria per la difesa sempre più innovativa e competitiva, in complementarità con l’Ue”.

Rutte ha definito l’Italia “un’alleata importante“, con una consistente base industriale per la difesa, da Leonardo a “tante altre aziende grandi e piccole”.

Le opposizioni: “Spesa in armi e non sanità e stipendi”

Dall’opposizione non si sono fatte attendere le critiche. “Con il sostegno di Giorgia Meloni, il segretario generale della Nato, Mark Rutte, vuole trascinare l’Italia in una folle corsa al riarmo, portando al 5% del Pil la spesa militare. Significa 132 miliardi di euro all’anno in armi, missili, carri armati e tecnologie belliche. Un colpo mortale al nostro welfare, mentre il Paese affonda tra ospedali al collasso, scuole che cadono a pezzi, stipendi da fame e un’emergenza climatica ignorata”, ha tuonato Angelo Bonelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra e co-portavoce di Europa Verde.

L’obiettivo del 5% di spesa è “un suicidio geopolitico ed economico”, hanno scritto in una nota gli europarlamentari del Movimento 5 Stelle (The Left), avvertendo che il prossimo summit Nato potrebbe essere ricordato nei libri di storia “come quello preparatorio della Terza guerra mondiale” e ingiungendo a Rutte e Meloni di “fermarsi”.

Gli ultimi articoli