Il Portogallo chiederà alla Commissione europea l’attivazione della clausola di salvaguardia fiscale. Il meccanismo permette al Paese di aumentare la spesa per la difesa senza incorrere nelle sanzioni previste dall’Unione europea in caso di deficit eccessivo.
Ad annunciarlo è stato il ministero portoghese delle Finanze, in un momento in cui l’Ue spinge per rafforzare le capacità militari degli Stati membri.
Il caso portoghese
La richiesta del Portogallo arriva dopo le spinte europeiste e transatlantiche di investire nella difesa comune. La Commissione europea ha recentemente suggerito ai Paesi membri di incrementare le spese annue fino all’1,5% del proprio Prodotto interno lordo (Pil).
L’obiettivo è chiaro: spingere gli investimenti nella sicurezza comune, in un contesto internazionale sempre più instabile e in risposta alle richieste pervenute anche dal presidente americano Donald Trump, che da tempo sollecita l’incremento delle spese militari da parte degli alleati europei e Nato.
La clausola di salvaguardia fiscale
A differenza di molti Paesi dell’eurozona, il Portogallo ha registrato avanzi di bilancio negli ultimi anni, chiudendo il 2023 con un surplus dello 0,7% e prevedendo un +0,3% per il 2024. Un risultato che consentirebbe a Lisbona di chiedere l’attivazione della clausola di salvaguardia con una certa sicurezza, senza temere un’esplosione del deficit pubblico.
Nonostante il governo portoghese sia attualmente in carica ad interim in attesa delle elezioni previste per il 18 maggio, la decisione è stata condivisa con il principale partito di opposizione, il Partito Socialista, a dimostrazione di una volontà bipartisan nel sostenere l’iniziativa.
Difesa e investimenti
Nel 2024, il Portogallo ha destinato circa l’1,55% del suo Pil alla difesa, una cifra ancora al di sotto del 2% indicato come obiettivo minimo dalla Nato. Per colmare il divario, Lisbona intende usare la clausola come strumento per garantire nuovi investimenti nel settore, in particolare per rafforzare la produzione e l’approvvigionamento militare europeo.
A fare eco a questa strategia, anche altri Paesi stanno rivedendo i propri piani di spesa. La Spagna, ad esempio, ha annunciato un piano da 10,5 miliardi di euro per portare la sua spesa al 2%, partendo da un modesto 1,3% registrato nel 2023. Tuttavia, Madrid sta ancora valutando se ricorrere alla clausola fiscale.
L’Italia, invece, ha già dichiarato di non voler attivare la clausola, pur restando impegnata nei programmi comuni di difesa europei.
Un banco di prova per l’Ue
La richiesta del Portogallo potrebbe costituire un precedente importante, testando l’efficacia della clausola fiscale come strumento per conciliare esigenze di sicurezza con la stabilità economica.
L’iniziativa è parte dei piani dell’Unione europea di mobilitare circa 800 miliardi di euro per rafforzare l’industria della difesa europea e aumentare le capacità militari.
La sfida per l’Europa sarà bilanciare queste priorità in un quadro normativo flessibile ma solido, in grado di sostenere una difesa comune più forte senza minare la sostenibilità finanziaria degli Stati membri.