Diversificare e diventare più possibile indipendenti, mettendo in sicurezza l’approvvigionamento delle materie prime strategiche, quelle più essenziali per settori chiave come transizione verde (elettromobilità, energie rinnovabili), digitale, difesa e aerospaziale. Con questo obiettivo ben chiaro davanti a sé, la Commissione ieri ha selezionato i primi 13 progetti relativi all’estrazione e alla lavorazione di materie prime strategiche fuori dal blocco, che vanno ad aggiungersi ai 47 già individuati lo scorso marzo nell’ambito del Critical Raw Materials Act. Diventano così 60 i piani che contribuiranno alla ripresa della competitività europea in campi dove la concorrenza internazionale è fortissima e le tensioni geopolitiche un fattore decisivo.
“L’Europa ha bisogno di materie prime per realizzare le sue ambizioni industriali e climatiche. E necessita di catene di approvvigionamento stabili, sicure e diversificate”, ha dichiarato ieri il vicepresidente esecutivo per la prosperità e la strategia industriale Stéphane Séjourné presentando i 13 progetti.
Secondo l’ultimo aggiornamento Ue del 2023 (effettuato ogni 3 anni), sono 34 le materie prime critiche di interesse strategico per il blocco. Tra queste, cobalto, grafite, litio, manganese e nichel, ma anche boro, rame, tungsteno e alcune terre rare.
La Commissione stima che la domanda di terre rare nell’Unione aumenterà di sei volte entro il 2030 e di sette volte entro il 2050, mentre la richiesta di litio crescerà di dodici volte entro il 2030 e di ventuno volte entro il 2050. Il problema è che attualmente l’Europa dipende fortemente dalle importazioni, spesso da un singolo Paese terzo, e questo la espone a subire qualsiasi decisione venga presa dai fornitori.
La Cina a la sospensione dell’esportazione di terre rare
Un’ipotesi molto concreta, come ha dimostrato ad aprile la decisione della Cina di sospendere le esportazioni di alcuni metalli pesanti e dei magneti che li contengono (di cui la Cina produce circa il 90%), in risposta all’aumento dei dazi imposti da Donald Trump. Risultato: interruzioni nella catena di approvvigionamento e ritardi nella produzione in settori importanti come quello automobilistico, ma anche molta incertezza, notoriamente odiata dai mercati finanziari e dal mondo imprenditoriale.
Ecco perché, come ha sottolineato Séjourné, occorre “ridurre la nostra dipendenza da tutti i Paesi” e “diversificare le nostre importazioni”.
Attualmente, Pechino fornisce al blocco il 100% delle terre rare pesanti, la Turchia il 99% del boro, il Sudafrica il 71% del platino. Una situazione non più sostenibile per Bruxelles.
Quali sono i progetti selezionati
Tra i 13 progetti individuati, sette si trovano in Canada, Groenlandia, Kazakistan, Norvegia, Serbia, Ucraina e Zambia. Gli altri si trovano in Brasile, Madagascar, Malawi, Nuova Caledonia, Sudafrica e Regno Unito. Nello specifico:
• Dieci riguardano materie prime strategiche essenziali per veicoli elettrici, batterie e sistemi di accumulo, come litio, nichel, cobalto, manganese e grafite.
• Due riguardano l’estrazione di terre rare, elementi chiave nella produzione di magneti ad alte prestazioni utilizzati nelle turbine eoliche o nei motori elettrici, per le tecnologie delle energie rinnovabili e l’elettromobilità.
• Interessati anche il rame, utilizzato dalle reti elettriche alla microelettronica, e il tungsteno e il boro, usati nei settori automobilistico, delle energie rinnovabili, aerospaziale e della difesa.
Per avviare operativamente i piani approvati, fa sapere la Commissione, servirà un investimento di 5,5 miliardi di euro, coperto dalla Commissione stessa, dagli Stati membri e da istituti di credito.
Scorrendo la lista dei progetti approvati, sono da segnalare quelli nel Regno unito (tungsteno, fondamentale per la difesa), in Ucraina (grafite) e in Groenlandia (grafite).
Gli accordi con Groenlandia e Ucraina
I progetti selezionati si inseriscono in un più ampio contesto di sforzi per mettere in sicurezza l’approvvigionamento di materie prime essenziali. Con l’Ucraina è già in piedi un progetto di estrazione di grafite a Inhuletske, e nel 2021 è stato stipulato un memorandum d’intesa in ambito minerario, un accordo che secondo Séjourné “va implementato gradualmente”.
Quanto alla Groenlandia, finita al centro del palcoscenico internazionale per la volontà di annessione espressa senza troppi fronzoli da Trump, a fine maggio il Paese ha concesso a un consorzio franco-danese di poter estrarre l’anortosita, una roccia che potrebbe essere un’alternativa ecologica per la produzione di alluminio. La società Greenland Anorthosite Mining, finanziata dal gruppo francese Jean Boulle e da fondi di investimento statali danesi e groenlandesi, ha infatti ottenuto una licenza mineraria di 30 anni. Un accordo che sembra mandare un segnale a Trump, il quale d’altronde non sembra stia facendo seguire alle parole i fatti. Il ministro delle risorse minerarie della Groenlandia, Naaja Nathanielsen, ha detto a Reuters che “al momento, tutto questo clamore non ha portato a un aumento della propensione (da parte Usa, ndr) agli investimenti diretti in Groenlandia”.
Da segnalare poi il progetto serbo, gestito dal colosso anglo-australiano Rio Tinto: secondo le stime potrebbe soddisfare il 90% del fabbisogno europeo di litio, ma è molto contestato dagli ambientalisti. Tanto che nel 2022 il governo aveva revocato la licenza all’azienda, che l’ha riottenuta nel 2024 per una pronuncia del tribunale. Difficile però che la questione sia finita lì.
Partenariati convenienti per tutti
I progetti selezionati soddisfano i criteri previsti dal Critical Raw Materials Act, in particolare per quanto riguarda gli standard ambientali, sociali e di governance, oltre ovviamente la fattibilità tecnica. Un occhio particolare è stato dedicato al concetto di ‘vantaggio reciproco’, e cioè che portino valore anche per le comunità locali. Un obiettivo raggiungibile, come ha sottolineato Séjourné, attraverso partenariati strategici convenienti per entrambe le parti.
“L’Ue propone di collegare la cooperazione in questo settore con competenze, posti di lavoro di qualità, accesso a energia pulita e servizi essenziali, nonché con buone pratiche e standard elevati. Questo è lo scopo del Global Gateway. Con questo approccio, contribuiamo alla prosperità e alla stabilità sia in Europa che nei nostri Paesi partner”, ha concluso Jozef Síkela, commissario per i partenariati internazionali.