La Nato e l’’attacco preventivo’ per difendersi da Mosca: come cambia la strategia di deterrenza

L'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, presidente del comitato militare dell'Alleanza, spiega al Financial Time che essere più aggressivi è un'opzione difensiva. Mosca: "Passo estremamente irresponsabile"
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Giuseppe Cavo Dragone, capo del comitato militare della Nato
Giuseppe Cavo Dragone, presidente del comitato militare della Nato (Ipa/Fotogramma)

Deterrenza contro la Russia, ovvero scoraggiare sue future aggressioni: questo è l’obiettivo. Per arrivarci, la Nato sta valutando, e non lo esclude, anche un “attacco preventivo” nei confronti della Federazione. Dopo mesi in cui è stata criticata da più parti per essere troppo debole e di non reagire alle provocazioni di Mosca – ripetute violazioni dello spazio aereo, danneggiamento di cavi sottomarini, attacchi cyber -, ora l’Alleanza potrebbe decidere di mostrare una maggiore aggressività.

Come si ottiene la deterrenza, attraverso azioni di ritorsione o attraverso un attacco preventivo”?, ha chiesto retoricamente il presidente del comitato militare dell’Alleanza, l’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, in un’intervista al Financial Times pubblicata ieri. Il punto fondamentale è che, per Dragone, “un attacco preventivo potrebbe essere considerato un’azione difensiva“, visto che deriverebbe dalle azioni ostili portate avanti dalla Federazione.

Essere più aggressivi o proattivi invece che reattivi è qualcosa a cui stiamo pensando”, anche se “è più lontano dal nostro modo normale di pensare e di comportarci”, ha spiegato al quotidiano britannico il più alto ufficiale militare dell’Alleanza.

“Il modo in cui si ottiene la deterrenza – attraverso la ritorsione, attraverso un attacco preventivo – è qualcosa che dobbiamo analizzare a fondo perché in futuro potrebbe esserci ancora più pressione su questo”, ha aggiunto Dragone.

Il ‘caso di successo’: la missione Baltic Sentry

Per l’ammiraglio, la missione Baltic Sentry, che messo in campo navi, aerei e droni per evitare danneggiamenti di cavi sottomarini nel Mar Baltico, ha funzionato. “Dall’inizio di Baltic Sentry, non è successo nulla. Quindi ciò significa che questa deterrenza sta funzionando”, ha affermato il militare.
Dunque, “essere più aggressivi rispetto all’aggressività della nostra controparte potrebbe essere un’opzione“.

L’’attacco difensivo’ della Nato

Dragone ha spiegato al Financial Times che “stiamo studiando tutto… Sul fronte informatico, siamo in un certo senso reattivi. Essere più aggressivi o proattivi invece che reattivi è qualcosa a cui stiamo pensando”. L’Alleanza, dunque, starebbe valutando strategie nuove per contrastare le azioni ibride di Mosca, fermo restando che è più facile agire rispetto agli attacchi informatici che rispetto ai sabotaggi o alla minaccia droni.

“Finora, non credo ce ne sia stato bisogno. Dovremmo anche fare un passo indietro e analizzare attentamente cosa sta cercando l’aggressore. Poi, probabilmente, non dovremmo essere isterici. Abbiamo il nostro piano d’azione e dovremmo fidarci perché è piuttosto solido”, ha aggiunto l’ammiraglio.

Asimmetria tra Nato e Russia

C’è tuttavia un altro aspetto da considerare: l’asimmetria che caratterizza Nato e Russia. L’Alleanza, infatti, “ha molti più vincoli a causa di etica, quadro giuridico e giurisdizioni” rispetto alla Federazione, ha evidenziato Dragone. Perciò, se “essere più aggressivi rispetto all’aggressività della nostra controparte” può essere “un’opzione (…), chi lo farà”?

Non voglio dire che questa sia una posizione perdente, ma è più complicata di quella del nostro avversario. Dobbiamo analizzare a fondo come si ottiene la deterrenza”, ha continuato l’ex capo di Stato maggiore della Difesa.

Mosca: “Passo irresponsabile che mina gli sforzi di pace”

Mosca ha prontamente e duramente criticato le parole dell’ammiraglio: “Riteniamo che la dichiarazione di Giuseppe Cavo Dragone sui potenziali attacchi preventivi contro la Russia sia un passo estremamente irresponsabile, che dimostra la volontà dell’alleanza di proseguire verso un’escalation”, ha affermato la portavoce del Ministero degli Esteri russo Maria Zakharova.

Secondo il Cremlino, le dichiarazioni di Dragone sono “un tentativo deliberato di minare gli sforzi per trovare una via d’uscita alla crisi ucraina“. Non solo, ma, continua la nota del Ministero, “chi rilascia tali dichiarazioni dovrebbe essere consapevole dei rischi e delle potenziali conseguenze, anche per gli stessi membri dell’Alleanza”.

Zakharova ha anche accusato l’Alleanza atlantica di attribuire alla Russia la responsabilità degli “attacchi ibridi, senza alcuna prova del nostro coinvolgimento”.

Verso quale pace?

In questi giorni, il lavorio diplomatico per arrivare a una soluzione del conflitto in Ucraina è ai massimi da quando la guerra è iniziata nel 2022, e per la prima volta sembra avere qualche chance. Oggi l’inviato speciale del presidente Usa Donald Trump, Steve Witkoff, è atteso a Mosca, dopo le polemiche per un piano di pace presentato dagli Stati Uniti e ritenuto molto sbilanciato a favore della Russia, e per il leak di un audio tra l’americano il consigliere del leader russo Vladimir Putin, Yuri Ushakov, nel quale il primo non sembra essere esattamente imparziale.

In ogni caso, la guerra del terzo millennio è anche una guerra ibrida, e non finirà con la fine delle ostilità in Ucraina. La domanda di Dragone, e il tema della sicurezza europea, non si esauriranno dunque con la firma della pace tra Mosca e Kiev (e andrà capito quanto questa sarà precaria), ma rimarranno attuali ancora per molto tempo: “Come si ottiene la deterrenza, attraverso azioni di ritorsione o attraverso un attacco preventivo”? O in che altro modo?