La Nato dimentica il Mediterraneo mentre la Russia avanza in Africa. L’allarme di Natalizia e Pavia

La Nato ha escluso i Paesi del Mediterraneo dall’ultimo vertice, mentre la Russia amplia la sua presenza in Nord Africa e nel Sahel. Un errore strategico che preoccupa l’Europa meridionale
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Credit: IPA

Quando i leader della Nato si sono riuniti all’Aia per l’ultimo vertice, l’attenzione si è concentrata quasi esclusivamente sul fronte orientale e sulla deterrenza nei confronti della Russia. Nessun Paese del Nord Africa e del Medio Oriente è stato invitato a partecipare. Non si tratta solo di un dettaglio di protocollo, ma di una decisione che – come osservano Gabriele Natalizia e Alissa Pavia in un’analisi per l’Atlantic Council, rischia di compromettere la strategia complessiva dell’Alleanza.

Secondo gli autori, mentre la Nato proclama un approccio “a 360 gradi” alla sicurezza, nella pratica continua a privilegiare la dimensione est, ignorando un fronte sud sempre più instabile e permeabile all’influenza russa.

Un vertice con il baricentro a est

Il vertice dell’Aia ha ribadito l’impegno degli alleati nell’aumentare la spesa per la difesa – un obiettivo fissato al 5% del prodotto interno lordo, che il premier spagnolo Pedro Sánchez ha definito “poco realistico” – e nel consolidare il sostegno all’Ucraina. Tuttavia, l’assenza di interlocutori del Mediterraneo Dialogue e dell’Istanbul Cooperation Initiative stride con la consapevolezza, emersa negli ultimi anni, che la sicurezza del sud Europa dipende in larga misura dagli sviluppi del Nord Africa e del Sahel.

Natalizia, professore di Scienza politica alla Sapienza, e Pavia, direttrice associata del programma Nord Africa dell’Atlantic Council, ricordano che nel 2024, al vertice di Washington, la Nato aveva approvato un piano d’azione specifico per il “vicinato meridionale” e nominato un inviato speciale, lo spagnolo Javier Colomina, con il mandato di rafforzare il dialogo politico e la cooperazione con la regione. Ma a distanza di un anno, scrivono gli autori, “queste raccomandazioni restano largamente inattuate”: il ruolo dell’inviato speciale è rimasto marginale, mentre il Nato Strategic Direction-South Hub di Napoli – il centro incaricato di monitorare e analizzare le dinamiche del Mediterraneo – continua a operare in una posizione di sostanziale isolamento rispetto al quartier generale dell’Alleanza.

Il consolidamento della presenza russa

Parallelamente alla guerra in Ucraina, Mosca ha intensificato la sua proiezione di potenza in Africa. Secondo Natalizia e Pavia, la Russia “sta sfruttando la fragilità di diversi Stati” per estendere la propria influenza, sostituendosi progressivamente a Francia, Stati Uniti e Unione Europea. In Mali, Burkina Faso e Niger, le giunte militari hanno interrotto la cooperazione con i partner occidentali e stretto accordi con Mosca, che attraverso l’Africa Corps – ora direttamente sotto il controllo del Ministero della Difesa russo – consolida la sua presenza armata.

In Libia, dopo il crollo del regime siriano di Assad (storico alleato di Putin), la Russia ha spostato il proprio baricentro strategico, approfondendo i legami con la famiglia Haftar e puntando a nuove basi operative. La Russia sta negoziando una base navale a Derna che consentirebbe manutenzione navale di lungo periodo e ridurrebbe la dipendenza dal porto siriano di Tartus.

Tutto ciò rappresenta una duplice minaccia. Da un lato, i regimi sostenuti da Mosca possono diventare strumenti di pressione per destabilizzare l’Europa – ad esempio attraverso l’uso politico dei flussi migratori o il controllo delle materie prime. Dall’altro, il rafforzamento militare russo nel Mediterraneo aumenta il rischio di incidenti e compromette la libertà di navigazione. Non a caso, l’ammiraglio Enrico Credendino ha denunciato che le navi italiane “vengono sistematicamente seguite da unità di intelligence russe” al largo della Libia.

Il Mediterraneo sempre più marginale

Questo scenario preoccupa profondamente gli Stati dell’Europa meridionale. Pochi giorni prima del vertice, il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha spiegato come la Nato debba cambiare pelle al più presto, proprio per la mancanza di attenzione al fronte sud.

Secondo Natalizia e Pavia, la mancata inclusione dei partner del Mediterraneo rappresenta “una occasione mancata per dimostrare che l’impegno della Nato verso la sicurezza globale non è solo retorico”. In particolare, la cooperazione con Paesi come Algeria, Egitto e Tunisia è considerata cruciale per stabilizzare la regione e ridurre la penetrazione russa.

Cosa fare per colmare il divario

Gli autori indicano diverse priorità per recuperare terreno. Primo, dare nuova linfa ai programmi di “Defense and Related Security Capacity Building”, finora poco utilizzati, che potrebbero aiutare i partner regionali a rafforzare le proprie capacità difensive.

Secondo, rilanciare i meccanismi multilaterali del Mediterranean Dialogue e dell’Istanbul Cooperation Initiative, che offrono “strumenti preziosi per la costruzione della fiducia e il coordinamento politico”.

Infine, scrivono Natalizia e Pavia, è necessario “espandere il ruolo del NSD-S HUB di Napoli”, riportandolo alla funzione originaria di ponte tra la Nato e i Paesi del Mediterraneo.

La posta in gioco per l’Europa

Se l’Alleanza vuole davvero dimostrare coerenza con il principio della sicurezza “a 360 gradi”, il Mediterraneo non può restare ai margini. Il rischio, concludono gli autori, è che la Russia continui ad approfittare di questo vuoto strategico per consolidare la propria presenza e destabilizzare il fianco sud dell’Europa.