“I confini non si cambiano con la forza”, affermano i leader europei in una dichiarazione congiunta. “Una pace sostenibile significa anche che l’aggressione non può essere premiata“, ribadisce la capa della diplomazia del blocco, Kaja Kallas. Con questo punto fermo, l’Europa sta lavorando per portare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in Alaska, dove Donald Trump e Vladimir Putin hanno concordato di vedersi di persona tenendo fuori (di nuovo) gli altri diretti interessati. Ma mentre l’incontro si avvicina a grandi passi, sembra molto difficile che l’obiettivo venga centrato.
La sede stessa del vertice è indicativa: i due leader si troveranno di fronte venerdì prossimo in Alaska (49mo Paese degli Usa, che apparteneva alla Russia fino a quando questa non lo ha venduto nel 1867), un luogo geograficamente e simbolicamente lontano dal centro degli eventi, a indicare concretamente la marginalizzazione del Paese che Mosca ha invaso oltre tre anni fa e del resto del Continente, la cui sicurezza dipende dall’esito del conflitto ancora in corso.
E ora, come già lo scorso febbraio, il timore di Ucraina ed Europa è che Mosca e Washington si accordino in modo svantaggioso rispetto a due nodi fondamentali della questione: le cessioni territoriali e le garanzie di sicurezza per l’Ucraina.
I territori che dovrebbe cedere l’Ucraina
Timore ben fondato, considerando che Putin finora non ha ammorbidito le sue condizioni per concludere la guerra e che Trump in vista dell’incontro di venerdì ha suggerito che ci sia dello “scambio di territori per il miglioramento di entrambi”.
Secondo quanto trapelato, funzionari statunitensi e russi stanno lavorando per un accordo sui territori, sostanzialmente lungo le attuali linee di battaglia. Putin vuole la Crimea e parti di Donetsk e Luhansk, sotto occupazione russa dal 2014 ma non completamente controllate. Il che vorrebbe dire che Kiev dovrebbe ritirarsi e consentire alla Russia di ottenere qualcosa che militarmente non sta riuscendo ad ottenere.
In cambio, la Russia fermerebbe la sua offensiva lungo la linea di contatto a Kherson e Zaporizhzhia, anche se non è chiaro se Mosca sia pronta a rinunciare a qualcuna delle terre che attualmente occupa, tra cui la centrale nucleare di Zaporizhzhia.
Zelenskyy: “Gli ucraini non cederanno le loro terre”
Zelenskyy ha subito escluso la cessione di parti del Paese: “Gli ucraini non cederanno le loro terre agli occupanti”, perché cedere terre alla Russia violerebbe la Costituzione ucraina. Qualsiasi accordo concluso senza l’Ucraina è destinato a “essere nato morto”, ha proseguito.
La dichiarazione europea: “Kiev sia inclusa nei colloqui”
Anche i leader europei hanno respinto l’ipotesi, sostenendo che il punto di partenza dei negoziati debba essere “l’attuale linea di confine”, come hanno messo nero su bianco in una dichiarazione congiunta rilasciata ieri dal presidente francese Emmanuel Macron, dalla premier italiana Giorgia Meloni, dal cancelliere tedesco Friedrich Merz, dal primo ministro polacco Donald Tusk, dal primo ministro britannico Kier Starmer, dal presidente finlandese Alexander Stubb e dalla presidente della Commissione europea von der Leyen.
I leader hanno ribadito il loro “incrollabile impegno” per “la sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale dell’Ucraina”, chiedendo che Kiev sia inclusa in tutti i colloqui, anche se “negoziati significativi possono svolgersi solo nel contesto di un cessate il fuoco o di una riduzione delle ostilità”.
La dichiarazione ha inoltre evidenziato la “necessità di garanzie di sicurezza solide e credibili” affinché l’Ucraina possa difendersi. Una richiesta che si scontra con gli obiettivi di Putin, che vuole che Kiev non entri mai nella Nato e sia anzi smilitarizzata, e con quelli di Trump, che aveva promesso di portare la pace in 24 ore e non guarda molto per il sottile.
Mosca: “Gli euroimbecilli cercano di ostacolare soluzione del conflitto”
Mosca ha prontamente reagito alla dichiarazione europea: la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha definito la dichiarazione “un altro volantino nazista”, aggiungendo che il “rapporto (dell’Ue, ndr) con presidenza Kiev è necrofilia”.
Mentre Kirill Dmitriev, capo del fondo sovrano russo, ha accusato sabato su Telegram “diversi Paesi” che sarebbero “interessati a proseguire il conflitto facendo sforzi titanici (provocazioni e disinformazione) per interrompere l’incontro programmato tra il presidente Putin e il presidente Trump”.
L’ex presidente Dmitry Medvedev ha rincarato la dose, accusando “gli euroimbecilli” di cercare “di ostacolare i tentativi americani di aiutare a risolvere il conflitto ucraino”.
Vance: “Nessuno sarà super felice”
Intanto sabato rappresentanti dei Paesi dell’Ue e dell’Ucraina hanno incontrato il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance nel Regno Unito (Bjoern Seibert, assistente della presidente della Commissione Ursula von der Leyen), chiedendogli ulteriori sanzioni per fare pressione su Putin.
Le parole di Vance non sono delle più incoraggianti: “Cercheremo di trovare un accordo negoziato con cui gli ucraini e i russi possano convivere, dove possano vivere in relativa pace, dove le uccisioni si fermino”, ha detto Vance a Fox News domenica avvertendo che “non renderà nessuno super felice“.
Lo spettro del ‘prendere o lasciare’
L’accordo, se si raggiungesse, dovrebbe servire ad aprire la strada a un cessate il fuoco e a successivi colloqui per arrivare ad una vera e propria pace. Ma Ucraina ed Europa temono che Putin possa approfittare della pausa per riorganizzarsi in vista di un nuovo attacco. O che, anche dopo un’eventuale pace, possa alzare l’asticella e tornare a invadere l’Ucraina.
Un patto tra i soli Putin e Trump potrebbe significare per Zelensky – e l’Europa – essere messo di fronte a una scelta impossibile del tipo ‘prendere o lasciare’: accettare di cedere terra, con l’Unione che rimarrebbe a vigilare su una fragile pace senza avere le adeguate capacità militari né il peso politico e diplomatico per poter fronteggiare eventuali nuovi espansionismi russi (come le ultime settimane e l’incontro in Alaska dimostrano); oppure rifiutare, col rischio che Trump abbandoni Kiev e il blocco europeo e si ritiri dalla Nato come più volte minacciato.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz, che domenica sera ha parlato al telefono con Trump, ha ribadito all’emittente tedesca ARD: “Non possiamo accettare in nessun caso che le questioni territoriali siano discusse o addirittura decise tra Russia e America sopra le teste di europei e ucraini“.
La Casa Bianca ha fatto sapere di stare lavorando a un “calendario e cose del genere” per stabilire quando Trump, Putin e Zelensky “potrebbero sedersi e discutere la fine del conflitto”, ma al momento la priorità resta il bilaterale.
Oggi summit d’emergenza dell’Ue
Per discutere della situazione e cercare di ottenere la partecipazione di Zelensky o di influenzare in qualche modo, ‘da remoto’, l’incontro di venerdì, oggi pomeriggio si terrà una riunione d’emergenza dei ministri degli Esteri con Kallas – che ha sottolineato come “gli Stati Uniti hanno il potere di costringere la Russia a negoziare seriamente” – e con il ministro degli Esteri ucraino Andrii Sybiha.
Inoltre, oggi è stato deciso che mercoledì Merz convocherà un vertice virtuale d’emergenza con i leader europei, Trump, Vance e Zelensky, per discutere, tra le altre cose, dei territori ucraini in mano alla Russia e delle garanzie di sicurezza per Kiev.
Il presidente ucraino, intanto, continua a chiedere che anche l’Europa partecipi ai negoziati. Il presidente ucraino ha sentito al telefono diversi leader europei, tra cui il presidente francese Emmanuel Macron e la premier italiana Giorgia Meloni.
“Questa guerra è in corso nel continente europeo, l’Ucraina si sta muovendo verso l’adesione all’Ue, l’Unione europea parteciperà alla ricostruzione del nostro Paese dopo la guerra”, ha scritto Zelensky su X spiegando “perché la voce dell’Europa deve essere assolutamente presa in considerazione“.
Niente sanzioni per Mosca
Intanto, l’ennesimo ultimatum di Trump, che aveva fatto mostra di essere indispettito da Putin tanto da averlo minacciato di sanzioni economiche, è passato indolore venerdì scorso. Il presidente americano finora non ha attuato alcuna misura diretta contro Mosca, limitandosi a imporre dazi secondari a chi compra petrolio russo, foraggiando in tal modo la guerra. E’ così che l’India si è vista gravare di una tariffa punitiva al 50% sulle sue esportazioni negli Usa.
Intanto, secondo molti osservatori, c’è già un vincitore: Putin. Un bilaterale che escluda Zelensky e l’Ue è ciò che egli desidera, mentre poter parlare privatamente con Trump su sanzioni, commercio e la portata della Nato in Europa è un riconoscimento che gli offre un ruolo internazionale ben oltre quello che da tre anni Un bilaterale che escluda Zelensky e l’Ue è ciò che egli desidera, mentre poter parlare privatamente con Trump su sanzioni, commercio e la portata della Nato in Europa è un riconoscimento che rafforza la sua immagine interna ed esterna, legittimando di fatto la sua posizione sul conflitto e guadagnando margini di manovra politica ed economica.