“La Nato si prepari alla guerra contro Russia e Cina nel 2027”: l’allarme del generale Grynkewich

Il massimo comandante americano in Europa non ha dubbi: Russia e Cina possono avviare guerre in Europa e nel Pacifico simultaneamente
12 ore fa
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Londra, visita di Mark Rutte nel Regno Unito
Il segretario generale della Nato, Mark Rutte

La Nato deve prepararsi a una guerra contro Russia e Cina entro i prossimi due anni.

Non ha usato mezzi termini il generale Alexus G. Grynkewich intervenendo a LandEuro, l’incontro tra leader militari e industriali della difesa organizzato dall’Association of the U.S. Army a Wiesbaden, in Germania. “Avremo bisogno di ogni singolo equipaggiamento e munizione possibile per poter vincere”, ha avvertito il generale del comando europeo degli Stati Uniti, sottolineando che l’Alleanza ha poco tempo per prepararsi al doppio fronte di guerra.

Guerra nel 2027?

Leader militari e industriali si sono riuniti al RheinMain Conference Center di Wiesbaden con l’obiettivo di rafforzare la produzione militare della Nato e presentare nuove armi. Giovedì, nell’ultimo dei due giorni dedicati al summit, il massimo comandante americano in Europa ha detto che la Nato deve prepararsi alla possibilità che Russia e Cina possano avviare guerre in Europa e nel Pacifico simultaneamente. Grynkewich ha indicato il 2027 come possibile anno critico.

Il magma sottostante a questa ‘calma apparente‘ si chiama Taiwan: Xi Jinping ha raffreddato la tensione militare sulla zona, mentre l’attenzione della politica internazionale è concentrata sull’aggressione russa in Ucraina e il massacro di civili a Gaza. Ma se il presidente cinese decidesse di tornare alla carica su Taiwan, probabilmente “coordinerebbe tale attacco con il presidente russo Vladimir Putin, aprendo la possibilità di un conflitto globale“, ha spiegato Grynkewich, che ricopre anche il ruolo di comandante supremo alleato della Nato.

Di fronte all’eventualità di questo duplice attacco, Grynkewich e il generale Christopher Donahue dell’U.S. Army Europa e Africa hanno sottolineato la necessità di consolidare la collaborazione tra forze armate e industria e l’urgenza di sviluppare sistemi bellici più rapidamente.

La Cina, colpita dalle sanzioni, replica all’Ue

L’ultimo pacchetto di sanzioni approvato dall’Ue contro la Russia ha (indirettamente) rafforzato la coesione tra Mosca e Pechino: per la prima volta dall’inizio del conflitto in Ucraina, infatti, delle banche cinesi sono state raggiunte dalle sanzioni europee per aver fornito servizi di criptovaluta che, secondo l’Ue, vanificavano lo scopo delle sanzioni verso la Russia.

In una risposta di lunedì, il Ministero del Commercio cinese ha affermato che le sanzioni “hanno danneggiato gravemente i legami commerciali, economici e finanziari” e che avrebbe preso le misure
necessarie per “salvaguardare i diritti e gli interessi legittimi
delle aziende e delle istituzioni finanziarie cinesi”.

Secondo il South China Morning Post, all’inizio di questo mese il ministro degli Esteri Wang Yi ha promesso di reagire se le sanzioni avessero danneggiato banche quotate, aggiungendo che l’ambasciatore cinese presso l’Ue aveva fatto pressioni su Bruxelles per impedire l’ammissione di queste sanzioni, senza raggiungere il risultato sperato.

La storia non è del tutto nuova: già in passato, gli stretti legami tra Pechino e Mosca avevano provocato sanzioni simili da parte degli Stati Uniti verso le banche cinesi, spingendole a rivalutare le loro attività e i loro clienti. Come sottolinea Bloomberg, a inizio 2024 alcune banche cinesi hanno inasprito le restrizioni sui finanziamenti ai clienti russi, dopo che gli States avevano disposto sanzioni secondarie sulle società finanziarie straniere che sostengono lo sforzo bellico di Mosca in Ucraina.

Durante l’incontro della scorsa settimana, alcuni leader hanno proposto di considerare le due minacce separatamente, ma Grynkewich ha respinto questa ipotesi: “Ciascuna di queste minacce non può, a mio avviso, essere considerata come una sfida distinta. Dobbiamo pensare a come tutte gli elementi si stiano allineando“, ha sottolineato il comandante supremo alleato della Nato.

La soglia del 5%

L’accordo siglato dai Paesi Nato, Spagna esclusa, per portare la spesa militare al 5% del Pil nazionale tiene ancora banco nell’opinione pubblica. Secondo alcuni osservatori, tra cui Alan Friedman, Paesi come l’Italia, che sono molto lontani da questa soglia, aumenteranno la spesa militare, ma non raggiungeranno mai davvero il 5% del Pil nazionale. La firma sull’accordo, sostiene il giornalista e scrittore americano, serve soprattutto a tenere buono Donald Trump mentre si gioca la cruciale partita dei dazi.

Sul punto, però, Grynkewich ha dichiarato che una delle sue priorità sarà assicurarsi che gli alleati della Nato rispettino gli impegni recenti ad aumentare la spesa per la difesa fino al 5% del prodotto interno lordo e che tali investimenti siano indirizzati verso le priorità militari corrette. “Il tempo è fondamentale e intendo continuare a sottolinearlo e a far sapere a tutti che dobbiamo agire e farlo in fretta,” ha chiosato il comandante supremo alleato della Nato.

Il sostegno della Nato all’Ucraina

Dopo l’ok di Donald Trump all’invio di nuove armi difensive a Kiev, Grynkewich ha confermato che la Nato sta lavorando per fornire più sistemi Patriot all’Ucraina. “Non rivelerò ai russi né a nessun altro il numero esatto di armi che stiamo trasferendo né quando ciò accadrà, ma posso dire che i preparativi sono in corso,” ha spiegato. Grynkewich, in carica solo da poche settimane come massimo ufficiale militare in Europa, ha aggiunto che si riunirà con i leader militari della Nato in questi giorni per trovare altre modalità di sostegno a Kiev, in particolare nella difesa aerea: “Ci muoveremo il più rapidamente possibile su questo”, ha concluso.

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