Difesa, Borrell: “L’aggressione della Russia è per l’Ue una minaccia esistenziale”

L'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri è intervenuto alla quarta European Defence and Security Conference, trattando a 360 gradi i problemi che il blocco sta affrontando a partire dal conflitto in Ucraina
1 mese fa
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Josep Borrell
Josep Borrell (Sierakowski/EUC/ROPI/Fotogramma)

La minaccia della Russia è una minaccia esistenziale per l’Ue, come lo è stato il covid, e bisognerebbe approcciarla allo stesso modo: cooperando, in velocità e facendo debito se necessario, il tutto rimanendo nella cornice dei Trattati europei. Josep Borrell, alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza è intervenuto ieri alla quarta European Defence and Security Conference, trattando a 360 gradi i problemi che il blocco sta affrontando e le sfide che ha davanti per quanto riguarda la difesa, andando anche oltre il conflitto in Ucraina.

L’Europa è in pericolo

Lo ha fatto partendo da un assunto: la situazione geopolitica è “drasticamente” cambiata negli ultimi tre anni: “Forse i cittadini non ne sono pienamente consapevoli, ma dobbiamo esserlo”. Certamente “la guerra in Ucraina è stata un campanello d’allarme, ma puoi svegliarti e non alzarti dal letto, puoi svegliarti e dire ok, mi giro dall’altra parte, continuo a dormire. La guerra è stata un risveglio, ma non tutti si sono alzati”, ha fatto notare Borrell.

Se le cose sono radicalmente cambiate, ha continuato, lo Strategic Compass, una sorta di libro bianco sulla difesa presentato all’inizio del 2021, è ormai “un documento vecchio” ma di cui rimane valido il messaggio: l’Europa è in pericolo. Non uno slogan, non qualcosa che si dice per attirare l’attenzione, non un’esagerazione: “Non lo era”, ha affermato Borrell, e il nuovo altro libro bianco sul tema, che sarà pubblicato nelle prossime settimane dalla nuova Commissione insieme al nuovo alto rappresentante, ne dovrebbe tenerne conto.

Sicurezza e difesa in cima all’agenda politica dell’Europa

Ma non è solo la guerra in Ucraina ad aver suonato la sveglia in Europa e ad aver catapultato la sicurezza e la difesa in cima all’agenda politica: anche scacchieri più o meno lontani possono avere – ed avranno, secondo il capo della diplomazia Ue – ripercussioni nel blocco.

“Un anno fa, la guerra è tornata in Medio Oriente e ora la guerra è più vicina. Se, per caso o volontà, ci sarà una guerra totale tra Israele e Iran, le conseguenze saranno ancora più forti per tutti noi. Se il conflitto raggiungesse un certo livello coinvolgendo impianti nucleari o impianti di produzione petrolifera, o forse portando truppe sul terreno in Libano, la situazione della sicurezza in Europa diventerebbe davvero pericolosa”.

Anche senza arrivare a tanto, basta guardarsi intorno: “Dall’Ucraina al Caucaso, dal Medio Oriente al Sudan fino al Sahel, siamo circondati da un arco di fuoco, dal Golfo di Guinea al Baltico, senza parlare delle tensioni nel Mar Cinese Meridionale, che non è esattamente il nostro ambiente immediato, ma il Mar Rosso è più vicino a noi e viene attaccato dagli Houthi. Non è una situazione facile, e potrebbe peggiorare molto a seconda degli eventi in Medio Oriente”, ha chiarito ancora Borrell, che ha anche fatto presente anche la questione del coinvolgimento a lungo termine degli Stati Uniti nella sicurezza europea.

Tra poche settimane sapremo chi vincerà le elezioni presidenziali Usa e dunque che piega potrebbe prendere la cosa, ma quello che per Borrell è sicuro è che il supporto degli Usa sta diventando sempre più incerto.

Questo il contesto generale, ma quali sono i problemi che l’Unione sta affrontando sui temi della difesa e della sicurezza? Borrell ne ha proposti diversi.

Sostegno all’Ucraina troppo lento

Quanto all’Ucraina, per l’alto rappresentante l’intervento del blocco è stato troppo lento, anche se la qualità dell’intervento è aumentata: “Se fossimo stati più assertivi fin dall’inizio, forse la guerra adesso sarebbe diversa”, e ora “lo stesso dibattito si ripete sull’uso delle armi a lungo raggio”, ovvero se “consentire all’Ucraina di colpire all’interno del territorio russo; la risposta al momento è no, ma questa è una domanda chiave per vincere questa guerra”.

Negli ultimi due anni e mezzo, ogni volta si è discusso lungamente per poi arrivare ad approvare quello che si era proposto inizialmente, ma perdendo tempo, tempo che si traduce in perdita di vite umane:
“Certamente abbiamo consegnato armi a un Paese in guerra per la prima volta nella nostra storia, sono abbastanza orgoglioso di aver avuto un ruolo decisivo nel farlo accadere”. E se 42 miliardi di euro circa (che diventeranno 45) sono stati forniti per la capacità di difesa ucraina, “se sommiamo tutto: militare, umanitario, economico, finanziario, allora siamo a circa 110 miliardi di euro di sostegno all’Ucraina e questo è sicuramente più di quello che gli Usa hanno fornito”, ha sottolineato il capo della diplomazia Ue.

“Questo è sicuramente un punto di svolta: la storia del nostro sostegno militare all’Ucraina farà parte della storia dello sviluppo delle capacità di difesa dell’Europa”, ma ora bisogna “fornire più capacità di difesa terrestre” all’Ucraina, ha continuato.

Una domanda sostenuta, che superi la frammentazione del mercato europeo

E qui si impernia un altro dei problemi affrontati da Borrell nel suo intervento: le industrie della difesa sono disponibili anche a produrre di più, ma servono ordini, dunque la domanda, e che sia ‘sostenuta’. Ma questo solo i governi possono farlo, “perché sono loro gli unici acquirenti per il prodotto della difesa, e dunque spetta a loro fissare le priorità di ciò che deve essere prodotto e di fornire finanziamenti”.

Un aspetto che si tira dietro anche un’altra questione, e cioè che ogni Stato membro ha un mercato interno relativamente piccolo. Insomma, il mercato europeo è troppo frammentato, e questo è uno degli aspetti principali messi in luce anche da Mario Draghi nel suo Rapporto sulla competitività presentato a settembre: “Siamo frammentati perché lo siamo politicamente, non siamo uno Stato, non abbiamo un pentagono, noi 27 Stati, 27 eserciti, 27 ecosistemi di capacità industriale”, ha riassunto Borrell.

Solo il 18% degli appalti militari avviene in modo cooperativo, e questo dopo aver fissato l’obiettivo del 30%. Ora nelle ultime proposte alla Commissione e all’Agenzia Europea per la Difesa l’obiettivo è stato rialzato al 35%. Ma è inutile alzare la posta se non ci si chiede perché non si è raggiunto nemmeno il 30% fissato in precedenza, ha spiegato l’alto rappresentante. Le risposte sono nel Rapporto Draghi: senza l’aggregazione tra gli Stati membri, l’industria non può beneficiare di economie di scala; quindi innova e investe troppo poco (l’Europa investe esattamente 10 volte di meno degli Usa).

La grande domanda è: come riusciamo ad aumentare i nostri investimenti nella difesa? Per farlo, ha avvisato Borrell, “occorre fare diverse cose allo stesso tempo: fornire supporto militare all’Ucraina al giusto livello, ricostituire le scorte dei nostri eserciti, ridurre le nostre eccessive dipendenze, innovare – perché la guerra di domani sarà fatta con le armi di domani, non con le armi di ieri – e dunque coordinare meglio il lato della domanda e il lato dell’offerta del mercato. Infine, essere chiari su chi fa cosa”.

Questo, ha precisato Borrell, “senza creare nuove strutture: abbiamo già l’Agenzia europea per la difesa, il suo ruolo deve essere ampliato per sviluppare più e migliori progetti di risorse militari, per aggregare meglio la domanda e coordinare gli appalti congiunti”.

Russia minaccia esistenziale come fu la pandemia

“Fino a quando i trattati non saranno riformati, se un giorno lo saranno, una grande sfida sarà quella agire all’interno del perimetro dei trattati esistenti, di non cercare di essere fuori, perché questo è qualcosa che non funzionerà, proprio come abbiamo fatto con la lotta contro il covid, quando abbiamo trovato dentro i trattati il modo di andare sui mercati e chiedere 700 miliardi di finanziamenti per combattere il virus. Lo abbiamo fatto perché era chiaro che il virus era una minaccia esistenziale, non c’era dubbio, e anche l’aggressione russa contro l’Ucraina è una minaccia esistenziale, una minaccia alla nostra sicurezza. Se fosse percepita in questo modo come lo era il virus, allora la reazione sarebbe la stessa, prendendo le misure adeguate per affrontare questa minaccia esistenziale. Ma non è così, dunque preparatevi a una lunga discussione su come finanziare lo sviluppo delle capacità militari dell’Unione europea e ad un’intensa discussione sul confine tra industria della difesa e politica di difesa”.

E questo è un altro aspetto su cui Borrell ha puntato i riflettori: “L’industria della difesa è qualcosa che appartiene agli Stati membri e dove la Commissione ha un ruolo perché ha il dovere, secondo i trattati, di sostenere l’industria quindi anche quella della difesa, ma la politica di difesa o la difesa è qualcosa che appartiene agli Stati, quindi sarà necessaria una forte cooperazione tra le istituzioni per prendere le decisioni giuste. E per prenderle non credo che l’Europa possa aspettare il prossimo ciclo finanziario e discutere le nuove prospettive finanziarie tra quattro anni”.

In definitiva, ha concluso il capo della diplomazia Ue, “la sicurezza dell’Ucraina è la nostra sicurezza e sostenere l’Ucraina è sostenere noi stessi. Fornire all’Ucraina la capacità militare di cui ha bisogno ora sarebbe un modo migliore e meno costoso per garantire la nostra sicurezza”.