“Colloqui segreti Usa con gli oppositori di Zelensky”, la rivelazione shock

5 giorni fa
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Donald Trump e Vladimir Putin
Donald Trump (Afp) e Vladimir Putin (Ftg/Ipa)

L’amministrazione Trump potrebbe iniziare a condividere informazioni sensibili con Mosca. Il ritorno del tycoon alla Casa Bianca sta stravolgendo gli equilibri geopolitici figli del secondo dopoguerra. Il Cremlino, fino all’anno scorso il peggior nemico degli Usa e di tutto l’Occidente, ha definito “allineate” la politica estera russa e quella americana, ma la vicinanza tra Washington e Mosca potrebbe essere a uno stato molto più avanzato di quanto dichiarato dalle due amministrazioni.

L’entourage di Trump avrebbe avviato colloqui con gli oppositori di Zelensky in Ucraina e, nel frattempo, riavvicinato l’intelligence Usa a quella di Mosca a scapito della sicurezza occidentale.

Emily Harding, ex alta funzionaria dell’intelligence statunitense, sostiene i due Paesi possono già aver raggiunto un accordo su una “distensione informatica“, un patto per eliminare gli attacchi cyber a vicenda. La stessa amministrazione Trump ha detto che gli attacchi hacker russi “non sono più una minaccia”, mentre aumentano i cyber attacchi di Mosca contro gli altri Paesi occidentali.
Solo tre settimane fa, il collettivo NoName ha avviato una serie di attacchi DDoS (distributed denial of service) contro l’Italia come vendetta per le parole del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che aveva equiparato la natura dell’invasione russa in Ucraina a quella del Terzo Reich.

Nel frattempo, l’atteggiamento degli Usa nei confronti della Russia è sempre più accomodante tanto che, secondo quanto riportato dalla Nbc News, alcuni Paesi partner starebbero valutando di ridurre la quantità di informazioni di intelligence condivise con Washington per paura che le informazioni arrivino a Mosca. Questa decisione, se confermata, segnerebbe una svolta storica nelle relazioni tra gli Stati Uniti e i suoi storici alleati in materia di sicurezza internazionale.

Intelligence a rischio: il ridimensionamento della condivisione tra alleati

Ogni agenzia di intelligence è vincolata da obblighi rigorosi per garantire la sicurezza e l’anonimato degli agenti coinvolti. La condivisione di dati sensibili avviene nel contesto di un rapporto di fiducia che, secondo alcune fonti vicine alla questione, potrebbe ora essere messo in discussione.

Israele, Arabia Saudita, Australia, Regno Unito, Canada e Nuova Zelanda – questi ultimi cinque membri dell’alleanza di intelligence congiunta Five Eyes – figurano tra i Paesi che starebbero considerando un ridimensionamento della cooperazione con gli Stati Uniti. Tuttavia, le autorità di Regno Unito, Canada e Israele hanno smentito tali indiscrezioni, mentre i governi di Nuova Zelanda, Australia e Arabia Saudita hanno evitato di commentare. Anche alcuni Stati membri dell’Unione europea starebbero valutando una revisione della collaborazione con gli States.

L’atteggiamento di Washington nei confronti di Mosca e le possibili implicazioni per l’Ucraina potrebbero portare stravolgere le alleanze strategiche, minando la storica leadership americana nel campo della sicurezza globale. La decisione di ridurre la condivisione di intelligence potrebbe rappresentare un primo segnale concreto di questa frattura.

“Contatti segreti tra l’entourage di Trump e gli oppositori di Zelensky”

Mentre gli alleati europei e della Nato osservano con preoccupazione la nuova direzione politica della Casa Bianca, emergono dettagli su possibili contatti tra membri dello staff di Trump e figure dell’opposizione ucraina. Secondo Politico.eu, alcuni esponenti dell’entourage dell’ex presidente avrebbero già avviato discussioni segrete con esponenti di spicco dell’opposizione a Volodymyr Zelensky, tra cui l’ex primo ministro Yulia Tymoshenko e membri del partito di Petro Poroshenko.

Al centro delle discussioni ci sarebbe la possibilità di tenere elezioni presidenziali anticipate in Ucraina, una mossa controversa dato che il Paese è ancora sotto legge marziale. Molti esperti temono che una tornata elettorale in tempi brevi possa avvantaggiare la Russia, dato l’alto numero di soldati al fronte e la grande quantità di elettori costretti a rifugiarsi all’estero a causa del conflitto.

Secondo Fox News, la sostituzione di Zelensky sarebbe emersa nei colloqui di Riad come “fase 2” intermedia tra il cessate il fuoco e l’accordo di pace. “Putin considera la probabilità di eleggere un presidente fantoccio come piuttosto alta, ed è convinto che qualsiasi candidato al di là dell’attuale presidente ucraino sarebbe più flessibile e pronto a negoziati e concessioni”, scrive il giornale di destra che ha diversi contatti con l’amministrazione Trump. 

Il ministro degli esteri russo Lavrov ha smentito seccamente la notizia, ma il presidente americano ha detto di appoggiare l’idea di nuove elezioni a Kiev: “Non viene dalla Russia, ma da me e da molti altri Paesi”, ha detto il tycoon il 18 febbraio scorso ricordando che il mandato del presidente ucraino sarebbe scaduto (il 20 maggio 2024) senza la legge marziale. Le parole pronunciate da Trump nella conferenza da Mar-a-Lago sono già passate alla storia: “Il leader dell’Ucraina, odio doverlo dire, ha un tasso di approvazione del 4%”, ha detto il presidente americano anche se i dati ufficiali dicono tutt’altro. Trump ha persino definito Zelensky “un dittatore” salvo poi sorprendersi delle sue stesse parole prima della lite allo Studio Ovale del 28 febbraio.

Affermazioni, smentite e capriole sull’asse della storia: a questo deve abituarsi l’Europa mentre gli Stati Uniti sono sempre più vicini a Mosca che a Bruxelles.