È scritto ‘commissario per la Salute e il Benessere degli animali’ ma si legge ‘dito medio ad Orbán’. Questo è stato il pensiero generale quando mercoledì la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, dopo settimane di negoziati e calcoli per risolvere un intricato puzzle dalle tante sfumature, ha presentato ufficialmente il suo nuovo Collegio, quello che traghetterà l’Europa in mezzo alle grandi sfide dei prossimi cinque anni (e oltre).
Dalle stelle alle stalle
Tra le novità di questa nuova squadra c’è la creazione di un commissario per la Salute e il Benessere degli animali, che la tedesca ha assegnato al candidato ungherese Olivér Várhelyi, il quale abbandona così il precedente incarico per l’Allargamento e il vicinato, molto appetibile, a favore di temi decisamente meno incisivi e di minor lustro.
La Salute infatti è un tema in gran parte spettante agli Stati membri, anche se sono in corso iniziative per realizzare un’Unione europea della Salute, iniziative che però cozzano contro la poca voglia dei vari Paesi membri di cedere sovranità all’Ue, tanto meno di quelli come l’Ungheria come sono su posizioni euroscettiche.
C’è quindi anche un paradosso: Várhelyi dovrà lavorare anche a questo progetto, come von der Leyen ha sottolineato durante la presentazione della Commissione, ma si tratta di un’iniziativa che si accorda poco contro il sovranismo continuamente esibito dal presidente Orbán. Eppure, è forse l’unico aspetto delle sue deleghe dove Várhelyi può pensare di incidere in qualche modo.
D’altronde ogni commissario non ‘gioca’ per il proprio Paese ma rappresenta tutta l’Unione e agisce per gli interessi e il bene comune, anche se l’ungherese ha già mostrato in passato di non tenerlo sempre presente.
L’opposizione: “Indicazione del posto di Orbán in Europa”
In ogni caso, anche volendola vedere nel modo più positivo possibile, si tratta di un incarico quasi ridicolo, che, come minimo, riflette l’emarginazione del Paese in Europa, ha commentato subito l’opposizione di Orbán. “Questo è il punto in cui Orbán e il suo partito hanno portato l’Ungheria. Zero influenza, uno zimbello”, ha scritto su facebook Csaba Molnár, eurodeputato del partito Coalizione Democratica che nell’europarlamento siede con i socialdemocratici S&D.
Tanto più che Várhelyi farà capo a due vicepresidenti esecutive: la spagnola Teresa Ribera, che gestirà l’Antitrust e la Transizione ecologica, e la romena Roxana Mînzatu, che ha il dossier Persone, competenze e preparazione. L’uomo di Orbán alla Commissione europea sarà un “subordinato del commissario rumeno”, ha aggiunto Molnár, sottolineando come la nomina sia “un’indicazione del posto di Orbán in Europa”.
Il diretto interessato ha incassato, e su X si è limitato a fare riferimento alla parte ‘Salute’ del suo dossier: “In quanto commissario designato ungherese, questa nomina rende omaggio all’eccellenza dei professionisti medici ungheresi, da Semmeilweis a Szent-Györgyi o Katalin Karikó e molti altri. Continuerò a lavorare sodo e a servire i cittadini europei come ho fatto negli ultimi 5 anni”.
I motivi della scelta di von der Leyen
Ma perché von der Leyen avrebbe dovuto ‘punire’ Orbán o quanto meno mandargli un messaggio tra e righe?
Le critiche a Várhelyi
I motivi in realtà sono molti: Várhelyi in questi anni è stato al centro di diverse polemiche e controversie. Quella che probabilmente è rimasta più impressa nella mente degli europarlamentari e forse del grande pubblico è quando lo scorso anno, credendo che l’audio fosse spento, ha dato degli ‘idioti’ a tutti i MEP, che se la sono legata al dito. Un episodio che mette in luce il modo in cui ha gestito in generale la sua leadership e la sua comunicazione, motivo in più per cui non è stato apprezzatissimo.
Ma c’è anche parecchio altro, a cominciare dal modo in cui ha gestito le sue deleghe all’Allargamento e Vicinato cercando di favorire i Paesi più affini alle posizioni ungheresi. Tanto che già a gennaio 2023 il Parlamento europeo voleva aprire un’indagine sul suo comportamento, in quanto Várhelyi avrebbe “deliberatamente cercato di eludere e sminuire l’importanza centrale delle riforme democratiche e dello stato di diritto nei Paesi che desiderano aderire all’Ue”, come riportato dall’ungherese Népszava.
I veti di Orbán sulla questione ucraina
Allargando lo zoom, la decisione di von der Leyen di ‘declassare’ l’Ungheria viene anche nel contesto del continuo ostruzionismo di cui Orbán ha fatto la propria cifra stilistica in Europa, a partire dalla questione ucraina. Le posizioni filorusse e i persistenti veti posti al momento di votare sugli aiuti all’Ucraina, oltre agli ostacoli messi sui colloqui di adesione del Paese slavo all’Unione, hanno sicuramente giocato un ruolo nella decisione di non confermare Várhelyi all’Allargamento e Vicinato, dossier divenuto fondamentale dopo l’invasione russa del 2022.
Il contestato semestre ungherese alla guida del Consiglio dell’Ue
E non finisce qui: il primo luglio l’Ungheria ha assunto il suo semestre di guida del Consiglio dell’Ue, e da qual momento la situazione ha assunto contorni tra il ridicolo e il seccante. Orbán infatti ne ha approfittato per prendere decisioni unilaterali in politica estera – i suoi ormai famosi ‘viaggi di pace 3.0’ in Russia, Ucraina e Cina all’insaputa di Bruxelles – , con il risultato che gli altri Paesi hanno iniziato a boicottare le iniziative assunte dall’Ungheria sotto il cappello della sua presidenza europea. Per fare solo un esempio, il recente vertice Ecofin in programma a Budapest è stato sostanzialmente disertato: si sono presentati solo 9 ministri su 27 (compreso l’ungherese, ovviamente presente) – tra cui quello italiano.
Multe e minacce
Non si possono poi dimenticare le dispute legali in cui Orbán e l’Ungheria sono coinvolti, non da ultima la multa di 200 milioni di euro per la gestione “in violazione dei diritti umani” delle politiche migratorie. Multa che il premier ungherese ha fatto sapere di non voler pagare, tanto da arrivare a minacciare di mandare i “migranti in bus a Bruxelles”, nelle parole del ministro Gergely Gulyas, e di citare in giudizio la Commissione chiedendo un risarcimento per i circa due miliardi di euro spesi per proteggere il confine esterno della zona Schengen. Minacce che a loro volta hanno portato la Commissione a scalare l’importo della multa dai fondi che l’Ungheria deve ricevere dall’Europa.
Insomma, tutto considerato non stupisce che von der Leyen abbia voluto chiaramente esprimere a Orbán il suo disappunto – per usare un eufemismo.