Von der Leyen sul fronte orientale: Putin “è un predatore”. E sulle truppe: “Esiste una chiara tabella di marcia”

Un viaggio di cinque giorni tra Baltici e Balcani per ribadire il sostegno a Kiev e discutere la difesa europea, tra proteste, jamming e promesse di nuovi fondi
1 giorno fa
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La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen
La presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen (Andrew Caballero-Reynold/Afp)

L’Unione europea ha deciso di mostrare i muscoli proprio là dove la pressione russa si fa più intensa: i confini baltici e balcanici. Ursula von der Leyen ha intrapreso un viaggio serrato attraverso sette Stati membri confinanti con la Russia o con la Bielorussia, un percorso che non è stata una passerella diplomatica ma una ricognizione politica e tecnica in un’area dove la minaccia di Mosca – convenzionale e ibrida – è percepita come quotidiana. Nel giro di cinque giorni, la presidente della Commissione europea ha toccato Riga, Helsinki, Tallinn, Varsavia, Sofia, Vilnius e Costanza, portando un messaggio di solidarietà e testando allo stesso tempo la capacità di risposta europea.
Un viaggio scandito da episodi concreti: dalla visita in stabilimenti industriali sostenuti dai fondi comunitari fino a un atterraggio di emergenza in Bulgaria, reso necessario da un jamming che ha reso inservibili i sistemi Gps. Al centro di tutto, una linea costante: difesa comune, spesa militare, resilienza tecnologica.

I Baltici come laboratorio di resilienza

La prima tappa del tour ha fissato subito i paletti. A Riga, accanto alla premier lettone Evika Siliņa, von der Leyen ha visitato uno stabilimento per la produzione di droni sostenuto dal piano europeo NextGenerationEU. L’elemento non è secondario: i droni, come tecnologia offensiva e difensiva, sono diventati uno degli asset strategici del conflitto ucraino e una priorità nello sviluppo industriale europeo. La Lettonia, che si propone di diventare “una vera potenza dei droni e anti-droni”, rappresenta il modello di un Paese che sfrutta i fondi europei non solo per infrastrutture civili ma anche per rafforzare la sicurezza collettiva della Nato sul fianco orientale.

A Helsinki, la presidente ha spostato l’attenzione sul fronte sottomarino. Cavi di comunicazione, oleodotti, infrastrutture energetiche: tutto è diventato bersaglio potenziale della cosiddetta “flotta ombra” russa e delle operazioni di guerra subacquea. Dal tavolo con il premier finlandese Petteri Orpo e dal successivo incontro con il presidente Alexander Stubb è emersa una priorità: la sicurezza europea passa anche sotto la superficie del mare, dove sabotaggi e incidenti possono trasformarsi in vulnerabilità strategiche.

Il viaggio nei Paesi baltici si è poi concentrato sul legame diretto tra resilienza nazionale e deterrenza comune. In Estonia, con il primo ministro Kristen Michal, von der Leyen ha discusso con le forze di difesa locali e con il personale Nato, ricordando che l’Europa deve rimanere coerente nel suo sostegno all’Ucraina: “Continueremo a fornire un vitale supporto politico, economico e militare al nostro coraggioso vicino”, ha affermato, ribadendo che “stiamo portando avanti il lavoro sull’uso dei beni russi congelati, perché è chiaro che il predatore deve pagare per ciò che ha fatto”. Una dichiarazione che incrocia due priorità: mantenere la linea dura contro Mosca e utilizzare strumenti economici innovativi per finanziare la resistenza di Kiev.

Confini sotto pressione

Se i Baltici rappresentano il laboratorio industriale e militare della resilienza, la Polonia e la Lituania incarnano la frontiera fisica della pressione russa e bielorussa. A Varsavia, la presidente della Commissione ha accompagnato il premier Donald Tusk al confine con Minsk. In Polonia il fronte non è solo militare. Da un lato c’è la necessità di proteggere i confini orientali dell’Ue, dall’altro la gestione dei flussi migratori che Minsk e Mosca utilizzano come pressione politica. Ursula von der Leyen lo ha definito “un altro esempio” degli attacchi ibridi russi.

A Vilnius, accanto al presidente Gitanas Nausėda, la presidente della Commissione ha assistito a esercitazioni per contrastare minacce ibride e convenzionali lungo il confine con la Bielorussia. Una scelta simbolica ma anche sostanziale: la Lituania considera queste attività parte integrante della propria difesa nazionale, Bruxelles punta a farle diventare un pilastro della strategia europea. Qui von der Leyen ha rilanciato l’immagine di un’Ucraina “trasformata in un porcospino d’acciaio”, difendibile e armata al punto da rendere ogni aggressione un rischio non calcolabile per Mosca.

Nelle dichiarazioni pubbliche, von der Leyen ha tolto ogni ambiguità: “I rischi di cui ci avevano avvertito i Paesi del Baltico si sono purtroppo materializzati: la brutale guerra della Russia contro l’Ucraina è ora giunta al suo quarto anno. Putin è un predatore, i suoi ‘proxy’ hanno preso di mira per anni le nostre società, con attacchi ibridi e informatici”. Parole pronunciate a Helsinki ma che assumono un peso particolare sulle rive del Baltico e al confine con la Bielorussia, dove le operazioni ibride russe sono percepite come una costante.

In Bulgaria proteste nazionaliste e guerra elettronica

La missione nei Balcani ha mostrato anche il volto interno della crisi di sicurezza europea. A Sopot, la visita a un impianto di armamenti è stata segnata dalle proteste del partito ultranazionalista Vazrazhdane. Nonostante le tensioni, Ursula von der Leyen ha visitato lo stabilimento insieme al premier Rosen Zhelyazkov, sottolineando: “Questo è esattamente il tipo di progetto che vogliamo vedere. A Sopot arriveranno fino a mille nuovi posti di lavoro, ma aumenteremo anche la nostra produzione di munizioni”.

Il giorno dopo, a Plovdiv, l’attenzione si è spostata sul cielo. L’aereo con a bordo la presidente è stato costretto ad atterrare utilizzando mappe cartacee dopo la perdita del segnale Gps, effetto di un’operazione di interferenza attribuita a Mosca. Bruxelles ha scelto di legare l’episodio al messaggio politico del tour. “Questo incidente – ha fatto sapere la Commissione – sottolinea l’urgenza della missione nei Paesi di prima linea, dove la presidente ha potuto vedere in prima persona le sfide quotidiane poste dalla Russia e dai suoi proxy”.

Nessun allarmismo, ma la cornice resta quella della guerra ibrida. La Commissione ha spiegato che fenomeni di jamming e spoofing sono ormai frequenti lungo il fianco orientale dell’Unione e vengono trattati come parte integrante della pressione russa. È un messaggio diretto: gli episodi di interferenza non sono un dettaglio tecnico, ma un altro fronte della competizione strategica.

Truppe multinazionali e garanzie di sicurezza: l’ipotesi sul tavolo

Il tour si è chiuso con la questione più delicata: la presenza militare europea in Ucraina. In un’intervista al Financial Times, Ursula von der Leyen ha confermato che l’Unione europea sta valutando scenari di dispiegamento multinazionale. “Esiste una chiara tabella di marcia per i possibili schieramenti”, ha dichiarato, sottolineando che “le garanzie di sicurezza sono fondamentali e assolutamente cruciali”.

Secondo la presidente, “abbiamo una tabella di marcia chiara e un accordo alla Casa Bianca… e questo lavoro sta procedendo molto bene”. L’iniziativa si appoggia anche sull’impegno di Donald Trump, che “ci ha rassicurato che ci sarà una presenza americana come parte del backstop”. Non si tratta dunque di un piano isolato dell’Ue, ma di una prospettiva coordinata con Washington e con le principali capitali europee.

Von der Leyen ha ricordato che “la scorsa settimana, i capi della difesa della cosiddetta coalizione dei volenterosi si sono incontrati e hanno elaborato piani piuttosto precisi”, con l’obiettivo di definire “gli elementi necessari per un efficace accumulo di truppe”. Ha aggiunto: “Certo, c’è sempre bisogno della decisione politica del rispettivo Paese, perché schierare le truppe è una delle decisioni sovrane più importanti di una nazione. Ma il senso di urgenza è molto forte, si sta andando avanti”.

Infine, un giudizio netto sulla postura dei due leader globali. Da un lato, “Putin non è cambiato, è un predatore”. Dall’altro, Trump viene descritto come interlocutore disposto a sostenere un processo di pace: “Negli ultimi mesi abbiamo avuto diversi incontri in cui è stato ovvio che si può fare affidamento sugli europei. È chiaro che quando diciamo qualcosa, la facciamo”. Una linea che lega l’impegno europeo al supporto americano, con la prospettiva di un’Ucraina difesa non solo da Kiev ma da una rete multinazionale di garanzie concrete.