Nuovo test domani all’europarlamento per la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, che dovrà fronteggiare due mozioni di sfiducia. Il risultato appare indirizzato, ma di questi tempi turbolenti non si può davvero vendere la pelle dell’orso prima di averlo ucciso. E soprattutto, il fatto di dover superare questo nuovo ostacolo è indice di una crisi di leadership più ampia che non può essere ignorata. Per questo, il voto sarà in ogni caso per la tedesca una cartina tornasole cui prestare molta attenzione.
Chi ha presentato le mozioni
Domani verranno dunque votati due distinti voti di sfiducia, uno presentato dal gruppo di estrema destra Patrioti per l’Europa e l’altro da La Sinistra. Le accuse sono diverse: di indebolire l’Unione, di mancanza di trasparenza, di scarsa capacità, di resa commerciale agli Stati Uniti, di aver negoziato un accordo problematico con il Mercosur, di non aver agito su Gaza, di abbandonare gli agricoltori, di indebolire le norme sul clima, di portare avanti politiche migratorie e di allargamento del blocco dannose per i Paesi membri. Un malcontento condiviso da molti è che von der Leyen sia cercando di portare avanti un programma direttamente con le capitali, bypassando l’Aula.
Un approccio diverso per von der Leyen all’Europarlamento
Lunedì sera la tedesca ha parlato al Parlamento, in una giornata distratta dal caos politico in Francia, dove in mattinata il premier Sebastien Lecornu si era dimesso a pochissime ore dalla presentazione della nuova squadra di governo.
Von der Leyen ha utilizzato un tono più morbido rispetto a quello usato a luglio, dando un po’ una botta al cerchio e una alla botte. Infatti da una parte è tornata sull’influenza russa, sebbene in modo meno netto, definendo i tentativi di Putin di dividere l’Europa come “il trucco più vecchio del mondo” per “indebolire la nostra determinazione e resilienza” e invitando i legislatori a “non cadere nella trappola”. A luglio aveva chiaramente affermato che i suoi critici erano “sostenuti dai nostri nemici e dai loro burattinai in Russia o altrove”.
Dall’altra in queste settimane ha avuto un approccio più conciliante. Ad esempio, coltivando le relazioni con l’Aula, anche attraverso molteplici incontri di gruppi politici che sono l’occasione perfetta per avanzare richieste. Un cambiamento notato da molti politici, e che si abbina co
In definitiva, ha sottolineato lunedì, “so che ci sono alcuni di voi che non sono ancora sicuri di come votare entro la fine della settimana. Questo è il motivo per cui voglio rinnovare il mio impegno affinché questo Collegio si impegni con voi in qualsiasi formato sia necessario per cercare di trovare le risposte insieme”.
Inoltre, nel suo discorso la tedesca ha affermato di aver capito che molte delle critiche che le vengono rivolte “derivano da una preoccupazione genuina e legittima”, facendo riferimento a Gaza, all’Ucraina, al commercio e le relazioni con gli Stati Uniti.
“Il mondo si trova nella situazione più precaria e pericolosa degli ultimi decenni, e l’Europa è in stato di massima allerta, dalle incursioni spaziali sconsiderate ai tentativi di coesione economica”, ha dichiarato la presidente della Commissione sostenendo che “dobbiamo concentrarci su ciò che conta davvero, ovvero realizzare i nostri obiettivi per gli europei“.
Un nuovo voto di fiducia in pochi mesi
Von der Leyen domani si troverà di fronte a un secondo (e terzo) voto di sfiducia in meno di tre mesi, un unicum nella storia dell’Unione europea. E anche se la previsione è che li superi entrambi, sono un segnale del fatto che il malcontento stia aumentando, e che lo strumento del voto di fiducia sia sempre più inteso come un modo per mettere pressione e influenzare le scelte dell’esecutivo.
Senza contare che i malumori sono anche in casa propria: alcuni eurodeputati del Partito Popolare Europeo (Ppe), di cui fa parte la tedesca, criticano la sua leadership centralizzata e imperiosa. I socialisti e i Verdi la incolpano per l’accordo con gli Usa, per l’inazione su Gaza e per l’annacquamento del Green Deal. E non è detto che qualcuno non voti a favore della sfiducia, nonostante la posizione formale del proprio gruppo.
Un segno delle crepe interne è stato anche il botta e risposta tra Manfred Weber del Partito Popolare Europeo e la leader di S&D Iratxe García in occasione del Discorso sullo stato dell’Unione, ma i due ora sembrano essersi ricompattati per il bene comune: contenere gli estremismi.
Weber ha rinfacciato ai Patrioti, critici verso l’accordo commerciale con gli Stati Uniti: “Voi siete quelli con forti legami con Maga, quindi cosa state facendo per noi adesso”?
García ha invece affermato che la risposta dei socialisti “alle vuote grida dell’estrema destra e di una sinistra che ha rinunciato a governare” si basa su “dialogo, negoziazione e compromesso”. Ma ha anche precisato che il sostegno a von der Leyen “non è incondizionato”: “Avrete il nostro sostegno solo se manterrete le promesse concordate”.
Cosa succede se passano le mozioni di sfiducia
Tuttavia, eliminarla significherebbe, oltre a una grave instabilità in un momento in cui il blocco dovrebbe invece essere più compatto che mai, aprire anche alla spinosa questione di chi dovrebbe succederle. “Ci sono molte buone ragioni per criticare Ursula von der Leyen”, ha affermato il capogruppo dei Verdi tedeschi al Parlamento, Erik Marquardt, aggiungendo che “non crediamo che un successore sarebbe necessariamente migliore dell’attuale presidente della Commissione”.
E c’è anche un’altra considerazione: far cadere von der Leyen significherebbe allo stesso tempo far cadere tutta la Commissione. Un conto che soprattutto liberali e socialisti, che dispongono rispettivamente di cinque e quattro commissari, devono farsi, pena rischiare di perdere influenza. Infatti alcuni membri del gruppo liberale Renew Europe, pur non apprezzando la tedesca e avendo votato contro il suo secondo mandato lo scorso anno, questa volta voteranno a suo favore.
Facendo i conti della serva, l’Europarlamento ha 719 legislatori. Per approvare le mozioni, e dunque silurare von der Leyen, occorrono i due terzi dei voti, ovvero 480 nel caso in cui tutti si presentassero all’appuntamento. I certamente contrari sono i Patrioti, La Sinistra e l’Europa delle Nazioni sovrane, che insieme fanno 158 deputati: in poche parole, non hanno i numeri. I conservatori e i riformisti europei di destra sono indecisi, mentre, come visto, qualcuno della ‘Maggioranza Ursula (Ppe, socialisti e democratici, più i Verdi che lo scorso anno hanno sostenuto la Commissione)’ potrebbe votare contro.
Un ‘termometro’ politico
In ogni caso, anche se verranno respinte, le due mozioni saranno comunque un termometro importante per von der Leyen, che nei prossimi mesi per portare avanti la sua azione di governo avrà bisogno di ampio sostegno. Anche la mozione di sfiducia presentata a luglio da Conservatori e Riformisti Europei, respinta, aveva dato indicazioni del filo sempre più sottile su cui la tedesca sta camminando: in quell’occasione votarono 553 dei 719 eurodeputati, e 175 si espressero contro la capa dell’esecutivo.
Non va dimenticato infine che in questi giorni di discute il programma di lavoro annuale della Commissione per il 2026 (il documento che definisce le priorità legislative dell’Ue), e che c’è un’altra crisi in vista: l’Europarlamento minaccia di respingere la proposta di bilancio dell’Ue. Ppe e S&D infatti chiedono a von der Leyen di ritirare una parte importante della sua proposta di bilancio settennale da 1,8 trilioni di euro, quella che prevede di accorpare i fondi agricoli e i pagamenti regionali, ovvero oltre la metà del bilancio, in un’unica cassa gestita dai governi nazionali. Una novità considerata come un espediente per tagliare i finanziamenti agli agricoltori (principali sostenitori dei Popolari). E anche se la Commissione respinge l’accusa, non sarà facile venirne a capo.