I ‘volenterosi’ di Parigi hanno un piano per la pace in Ucraina?

Truppe, sanzioni e deterrenza: il summit di Macron e le sue incognite
4 giorni fa
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La "coalizione dei volenterosi" al Palazzo dell'Eliseo, a Parigi (Afp)

C’è un che di già visto nelle immagini che rimbalzano dall’Eliseo: leader europei che si stringono la mano, dichiarazioni solenni di impegno incrollabile, promesse di sostegno “fino alla pace”. Ma il summit dei “volenterosi” convocato da Emmanuel Macron a Parigi ha un sapore diverso. Non è solo una riunione per fare il punto sul sostegno all’Ucraina: è una chiamata alle armi politica, un tentativo di ridefinire il ruolo dell’Europa nel conflitto e, più in generale, nel mondo. L’idea di una coalizione capace di garantire la pace attraverso la deterrenza militare non è nuova, ma mai come ora si avverte la tensione di una scelta epocale. Macron lo dice chiaro: la Russia “finge di negoziare” e la pace dovrà essere “solida e durevole”, senza concessioni premature che finirebbero per incoraggiare nuove aggressioni. Aggiunge poi un monito: “Non rimuoveremo le sanzioni fino alla pace”. Un messaggio diretto non solo al Cremlino, ma anche agli alleati che iniziano a nutrire dubbi sulla strategia occidentale.

La “Coalition of the Willing”: chi c’è e cosa vuole davvero

Il concetto di “Coalition of the Willing” (Coalizione dei volenterosi) non è nuovo, ma il suo significato assume un peso specifico particolare in questo contesto. Francia e Regno Unito guidano il fronte dei Paesi disposti a fare di più per l’Ucraina, mentre altri membri dell’Ue restano più prudenti. La possibilità di dispiegare forze di mantenimento della pace europee sul territorio ucraino è sul tavolo, con Macron che propone un’azione mirata: truppe stanziate in città strategiche, con il compito di dissuadere Mosca da future offensive. “Non saremo in prima linea, non andiamo a combattere”, precisa il presidente francese, “ma garantiremo una pace duratura“. Un messaggio che suona rassicurante per chi teme un’escalation diretta con la Russia, ma che non convince tutti.

Al summit hanno partecipato 31 Paesi, tra cui gli alleati Nato, membri dell’Ue e altre nazioni strategiche come Canada e Norvegia. Un’alleanza variegata, dove si intrecciano diverse visioni sulla gestione della crisi. Da un lato c’è chi, come Macron e il primo ministro britannico Keir Starmer, spinge per un ruolo più attivo dell’Europa nella deterrenza militare. Dall’altro, ci sono Stati come Italia e Polonia che vedono con scetticismo l’idea di una presenza militare sul campo.

Intanto, le dichiarazioni ufficiali si alternano alle trattative riservate. La vera partita si gioca lontano dalle telecamere, dove si cerca un equilibrio tra il sostegno incondizionato a Kiev e la necessità di evitare un confronto diretto con Mosca. Non a caso, Macron insiste su un punto: “La forza di rassicurazione non sarà a spese del fianco est della Nato”.

Il nodo delle misure contro Mosca

Uno dei punti più delicati del vertice riguarda le sanzioni contro la Russia. L’Ue ha già adottato sedici pacchetti di misure punitive, colpendo settori chiave dell’economia russa, dall’alluminio ai prodotti chimici. Ma ora, sotto la pressione degli Stati Uniti, si apre un nuovo fronte di discussione: Washington vorrebbe attenuare alcune restrizioni per favorire un cessate il fuoco. Qui si gioca una partita di realpolitik che non tutti sono disposti ad accettare.

Antonio Costa, presidente del Consiglio Europeo, non lascia spazio a fraintendimenti: “Il miglior modo per sostenere l’Ucraina è mantenere la pressione sulla Russia con le sanzioni”. Una linea dura, ribadita anche da Ursula von der Leyen e Roberta Metsola, che insistono sulla necessità di coerenza e fermezza. Dall’altro lato, la posizione americana apre scenari inediti: se Mosca dovesse accettare un cessate il fuoco in cambio di un allentamento delle sanzioni, l’Europa sarebbe disposta a cedere? Per ora la risposta ufficiale è no. “Non rimuoveremo le sanzioni fino alla pace“, garantisce Macron. Ma la diplomazia è fatta di sfumature e nulla può essere escluso a priori.

Un passo avanti o solo un’altra dichiarazione d’intenti?

Al termine del summit, le dichiarazioni sono forti, i proclami chiari, ma resta una domanda aperta: quanto di tutto questo si tradurrà in azioni concrete? La Russia continua a colpire obiettivi civili in Ucraina, e Zelenskyy denuncia nuovi attacchi su Sumy, Kharkiv e Zaporizhzhia. “Stanno trascinando i colloqui per guadagnare tempo”, avverte il presidente ucraino. “Le condizioni che Mosca pone per il cessate il fuoco nel Mar Nero sono irrealistiche”.

Il summit dei “volenterosi” segna un punto di svolta nella postura europea, ma restano molte incognite. L’invio di truppe europee in Ucraina sarebbe un cambiamento epocale nella strategia dell’Ue, ma il consenso interno non è scontato. Le sanzioni restano un’arma essenziale, ma saranno sufficienti a far cambiare rotta al Cremlino? E soprattutto, quanto tempo ha ancora l’Ucraina prima che la stanchezza diplomatica inizi a pesare sulle decisioni dei leader europei? Il vertice di Parigi ha dato delle risposte, ma ha aperto altrettante domande.