Venezuela, per il numero 2 di Maduro “l’Unione europea è una mafia al servizio degli Usa”

Diosdado Cabello contro l'Europa: "Schiavisti del mondo”. A rischio la missione di osservazione tecnica della Ue alle presidenziali di luglio
2 mesi fa
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Diosdado Cabello
Il primo vicepresidente del Partito socialsta unito del Venezuela, Diosdado Cabello (Fotogramma/IPA)

L’Unione europea è una mafia organizzata per eseguire gli ordini degli Stati Uniti”. La pacata affermazione è arrivata dal primo vicepresidente del Partito socialista unito del Venezuela, Diosdado Cabello, che ha commentato così la presenza di una missione di osservazione tecnica europea alle elezioni presidenziali del suo Paese il prossimo 28 luglio.

L’invito ad inviare degli osservatori era giunto nei mesi scorsi dal Consiglio nazionale elettorale (Cne) come parte dell’accordo firmato ad ottobre alle Barbados dal governo e dall’opposizione con la mediazione della Norvegia. Accordo con il quale le parti avevano consentito ad indire elezioni libere, trasparenti e pluraliste entro il 2024. Condizione dell’invito: che la missione rispettasse “i requisiti e le norme costituzionali e legali stabiliti”.

Una richiesta non anomala, dato che l’attività di monitoraggio elettorale da parte di osservatori europei, che prevede assistenza tecnica nell’organizzazione delle elezioni e verifica al momento del voto del rispetto delle procedure elettorali e degli standard internazionali in materia, rientra nella politica dell’Unione Europea per la promozione dei diritti umani e della democratizzazione in tutto il mondo.

Oltre all’Ue sono stati invitati anche il Centro Carter degli Stati Uniti, un gruppo di esperti delle Nazioni Unite, rappresentanti della Comunità degli Stati Latinoamericani e dei Caraibi (Celac), dei Brics, della Comunità Caraibica (Caricom) e dell’Unione africana.

Sospensione delle sanzioni Ue solo per alcuni funzionari governativi

Sembrava tutto indirizzato, almeno da questo punto di vista, e invece è arrivato un ‘ma’. La scorsa settimana il Parlamento chavista venezuelano infatti ha chiesto al Cne di revocare l’invito alla missione europea. La scintilla è stata la decisione dell’Ue, il 13 maggio, di togliere temporaneamente le sanzioni – in vigore dal 2017 – solo ad alcuni membri del Consiglio nazionale elettorale e non agli altri funzionari di governo, per i quali permangono fino a gennaio 2025.

Il ministro degli Esteri venezuelano, Ivan Gil, ha affermato che il governo “respinge in assoluto” questa decisione, che lo stesso Parlamento ha definito “illegittima” e “arrogante”.

Il presidente dell’organo legislativo, Jorge Rodríguez, ha rincarato: “Come possiamo invitare un’istituzione che simpatizza con il candidato degli Stati Uniti”? Rodriguez fa riferimento al numero uno delle opposizioni venezuelane, Edmundo González Urrutia, attaccato anche da Cabello che lo ha definito un “burattino nelle mani del governo americano“. Urrutia, dal canto suo, ha denunciato fenomeni di disinformazione e fake su internet ai suoi danni.

Ricordiamo che nel 2017 l’Ue ha imposto un primo pacchetto di sanzioni contro il Venezuela, in seguito al peggioramento dello Stato di diritto e dei diritti umani nel Paese, con l’obiettivo di indirizzare un cambiamento verso soluzioni democratiche. L’embargo riguardava armi e attrezzature potenzialmente utilizzabili per reprimere il dissenso interno, ma anche il divieto di viaggio e il congelamento dei beni di 54 persone inserite in una ‘black list’. Dalla quale appunto l’Ue ha deciso la scorsa settimana di sospendere alcuni nomi.

“Nell’Ue gli schiavisti del mondo”

Dunque una situazione incandescente, sulla quale ulteriore benzina è stata gettata da Cabello, considerato il numero 2 del presidente Maduro, che ha criticato anche l’incapacità dell’Ue di far revocare le sanzioni imposte dagli Usa: “Gli schiavisti del mondo sono lì, i farabutti del mondo sono lì nell’Ue, hanno rubato la ricchezza del popolo”, ha detto.

Dopo l’accordo di ottobre alle Barbados infatti gli Usa avevano alleggerito le loro sanzioni nel settore del petrolio e del gas, ma il 17 aprile le hanno ripristinate accusando Maduro, di cui peraltro non riconoscono come legittimo il governo, di reprimere le opposizioni.

In questo clima va avanti la campagna elettorale, segnata anche dalla situazione di crisi sociale, economica e politica, di fatto anche umanitaria, che il Paese vive ormai da anni e su cui il covid e le sanzioni economiche si sono abbattuti pesantemente.

Iperinflazione, fame, epidemie, mancanza di accesso all’acqua e a servizi come l’istruzione, oltre a un tasso di omicidi tra i più alti al mondo hanno caratterizzato gli ultimi anni. Basti pensare che nel 2023 il tasso di inflazione è stato ‘solo’ del 193%, bazzecole in confronto al 4000% e al 6000% del 2016 e 2017. Ma come risultato di tutto ciò, dal 2015 milioni di venezuelani hanno lasciato il Paese, con tutte le conseguenze del caso.

Una situazione assurda se si pensa che il Venezuela è ricco di petrolio, cosa che ha assunto un’importanza sempre più strategica dopo l’invasione russa dell’Ucraina e i conseguenti problemi legati all’approvvigionamento energetico.
Ora l’Unione europea attende, entro la prossima settimana, una risposta sull’invio della missione di osservazione elettorale. Nel frattempo, i sondaggi danno per favorito Urrutia.

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