Romania: Trump ritira 800 soldati, Europa sempre più scoperta a Est

Il ritiro coinvolge anche Bulgaria, Ungheria e Slovacchia, per un totale di circa 4.500 soldati che lasceranno il fianco orientale della Nato
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Il presidente Donald Trump all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Afp)
Il presidente Donald Trump all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Afp)

Washington ha deciso di ritirare circa 800 soldati dalla Romania, riducendo la presenza militare americana nel Paese da 1.700 a poco meno di 1.000 unità. La decisione, comunicata lunedì scorso al ministero della Difesa di Bucarest, rappresenta l’attuazione concreta della “dottrina Trump” annunciata a febbraio, che prevede il ridimensionamento delle risorse militari schierate in Europa per concentrarle nella regione dell’Indo-Pacifico in funzione anti-cinese. Il ritiro coinvolge anche Bulgaria, Ungheria e Slovacchia, per un totale di circa 4.500 soldati che lasceranno il fianco orientale della Nato, mentre cresce la paura per un attacco combinato di Russia e Cina che, secondo il generale dell’Alleanza atlantica Alexus G. Grynkewich potrebbe arrivare nel 2027.

L’avvertimento del generale Grynkewich a LandEuro

Le basi coinvolte dal ridimensionamento

Le truppe che cesseranno le rotazioni in Europa erano dislocate principalmente in tre basi rumene: Mihail Kogălniceanu, la più grande installazione militare vicina al Mar Nero, Deveselu, dove opera il sistema di difesa missilistica, e Câmpia Turzii, base aerea strategica per le operazioni aeree. Il ministro della Difesa rumeno Ionuț Moșteanu ha precisato che “non si tratta di un ritiro delle forze americane, ma di interrompere la rotazione di una brigata” presente in diversi Paesi della regione. Rimarranno operative tutte le capacità strategiche: il sistema di difesa missilistica mantiene la sua integrità e la base di Mihail Kogălniceanu continuerà a ospitare un gruppo da battaglia aereo.

Dopo la diffusione della notizia, sia Washington che Bruxelles si sono affrettate a ridimensionare la portata della decisione. L’esercito americano ha precisato che la scelta di non sostituire le truppe in partenza “non costituisce un ritiro degli Stati Uniti dall’Europa” né rappresenta “un segnale di minore impegno nei confronti della Nato e dell’Articolo 5”. Il Pentagono ha descritto l’operazione come un “adeguamento dell’assetto delle forze” che “non cambierà il contesto di sicurezza in Europa”. Lo stesso presidente Trump, parlando a bordo dell’Air Force One, ha dichiarato che la riduzione delle truppe in Romania “non è stata molto significativa”.

Il trattamento differenziato sul fianco orientale

La decisione americana rivela una geografia selettiva della sicurezza europea. Polonia e Paesi baltici – Estonia, Lettonia e Lituania – non risultano toccati dalla riduzione delle truppe, trovandosi in prima linea nel sostegno all’Ucraina ed essendo considerati tra i Paesi più esposti alle minacce militari di Mosca. La Romania, invece, vede ridotta la presenza statunitense nonostante ospiti infrastrutture strategiche come il sistema antimissile di Deveselu e si trovi sul Mar Nero, area di crescente tensione geopolitica. Il criterio di scelta non risponde quindi esclusivamente alla prossimità geografica con la Russia: la scelta americana privilegia lo spostamento strategico verso la regione dell’Indo-Pacifico in funzione anti-cinese, come previsto dalla “dottrina Trump” annunciata a febbraio.

Le critiche bipartisan a Washington

La decisione ha suscitato perplessità anche all’interno degli Stati Uniti. I presidenti delle commissioni difesa del Senato americano e della Camera dei Rappresentanti, entrambi repubblicani, hanno criticato il ridimensionamento della presenza militare in Romania. A Bucarest, il Partito Socialdemocratico, parte della coalizione di governo, ha sollecitato spiegazioni al primo ministro liberale Ilie Bolojan “in merito al ritiro dei soldati americani dalla Romania”, chiedendo al premier di presentarsi davanti al Parlamento per illustrare “gli effetti sugli impegni strategici e di sicurezza” del Paese. La direzione della Camera dei Deputati ha approvato la richiesta per un dibattito politico durante “l’Ora del primo ministro”.

La Nato minimizza, l’Europa si prepara

Un funzionario della Nato ha tentato di contestualizzare la decisione, osservando che “anche con questo adeguamento, la presenza delle forze americane in Europa rimane più importante di quanto non sia stata per molti anni, con molte più forze sul continente rispetto a prima del 2022”. L’Alleanza ha inoltre spiegato che “gli aggiustamenti non sono insoliti”, mentre la Commissione Europea ha sostenuto che “la decisione degli Stati Uniti non interferisce con i progetti dell’Unione in materia di difesa“. Tuttavia, il messaggio implicito appare chiaro: l’Europa deve prepararsi a contare sempre più su se stessa.

Il concetto è stato ribadito anche dal ministro della Difesa italiano Guido Crosetto, che nelle scorse settimane ha offerto una lettura pragmatica della situazione: “Il disimpegno militare americano in Europa non è iniziato con Trump, ma già con Obama e Biden. Gli Usa sono preoccupati del confronto che avranno con la Cina e l’Europa deve abituarsi a garantirsi la difesa da sola“. Crosetto ha aggiunto che il processo richiederà tempo – “ci vorranno 10 anni per costruire una capacità di difesa dalle minacce” – ma che “il percorso è iniziato e ormai è irreversibile“. ​

La rivalutazione globale delle forze

Washington ha inquadrato la decisione in quella che il Pentagono definisce “rivalutazione della posizione globale delle forze militari statunitensi”. Il ministro della Difesa rumeno Ionuț Moșteanu ha spiegato che il ridimensionamento “tiene conto del fatto che la Nato ha rafforzato la propria presenza e attività sul Fianco Est”, consentendo agli Stati Uniti di riadattare la propria postura militare nella regione. Il ministro ha inoltre sottolineato che “in Romania rimarranno circa 900-1.000 soldati americani, un numero leggermente superiore a quello presente prima dell’inizio della guerra in Ucraina”, e che “gli Stati Uniti restano il principale fornitore di equipaggiamento militare della Romania“.

L’impegno francese non basta

Mentre gli Stati Uniti ridimensionano la presenza, gli alleati europei non riempiono il vuoto. La ministra della Difesa francese Catherine Vautrin, incontrando l’omologo rumeno, ha annunciato che Parigi non aumenterà la sua presenza militare in Romania nell’ambito della Nato. Vautrin ha ricordato che la Francia ha già 3.000 militari di stanza nel Paese nell’ambito del Battle Group dell’Alleanza, assicurando che Parigi “rimarrà un alleato fermo di Bucarest, dato che la sicurezza francese dipende da quella del fianco orientale della Nato“. Tuttavia, l’assenza di rinforzi aggiuntivi sottolinea le difficoltà europee nel compensare il ridimensionamento americano.

L’episodio di Eurofocus dedicato al ridimensionamento della presenza militare Usa sul fianco orientale

La nuova dottrina Monroe di Trump

La decisione s’inserisce nella National Defense Strategy 2025 degli Stati Uniti, che rende prioritaria la difesa degli interessi nel “cortile di casa” rispetto alla minaccia cinese, segnando un ripiegamento strategico dall’Europa. Trump unisce protezionismo e militarizzazione, esortando gli alleati europei a maggiori responsabilità nella propria difesa. Il segretario generale della Nato Mark Rutte ha fissato obiettivi chiari: 3,5% del Pil per la difesa e 1,5% per la sicurezza entro il 2035. Il messaggio è esplicito: l‘Europa deve prepararsi a contare sempre più su sé stessa, mentre gli Stati Uniti ridefiniscono le proprie priorità globali con una geografia selettiva che privilegia alcuni alleati e ne ridimensiona altri.

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