“Non sarà un mandato facile per il futuro governo”, ha dichiarato ieri il filoeuropeo e socialdemocratico Marcel Ciolacu, premier uscente della Romania, dopo che il presidente liberale Klaus Iohannis, anch’egli uscente, gli ha conferito l’incarico di formare un nuovo governo che tenga fuori l’estrema destra.
“Siamo consapevoli di essere nel mezzo di una profonda crisi politica. È anche una crisi di fiducia”, ha aggiunto Ciolacu, che non può nascondere o minimizzare il caos politico in cui il Paese è precipitato dopo la vittoria a sorpresa del candidato filo-russo Călin Georgescu al primo turno delle elezioni presidenziali a fine novembre.
Georgescu, anti-Nato, anti-Bruxelles e ultra-nazionalista, aveva sorpassato lo stesso Ciolacu ed era andato al ballottaggio con la liberale Elena Lasconi di Unione Salva Romania (Usr), sindaco di una piccola città a 150 chilometri da Bucarest.
Elezioni presidenziali da rifare
Una vittoria su cui si sono addensati gravi sospetti di ingerenze russe nel voto e di un uso manipolatorio di TikTok a favore del candidato ‘venuto dal nulla’. Ma che rivela allo stesso tempo, come sottolineato da Ciolacu, un sentimento popolare di stanchezza verso i partiti tradizionali e desideroso di cambiare a favore di qualsiasi cosa sia fuori dall’establishment, o perlomeno percepito come tale.
E sulla percezione dei cittadini potrebbe aver giocato, in modo opaco, un uso illecito di TikTok, piattaforma che avrebbe fatto esplodere la popolarità di Georgescu e dato una grossa mano nel portarlo alla vittoria. Attualmente c’è un’indagine in corso da parte della Commissione europea proprio sulla condotta di TikTok durante le elezioni romene.
Ma non è finita qua: i sospetti di un attacco “ibrido” sostenuto dalla Russia e da una vasta operazione di i manipolazione dell’opinione pubblica su TikTok, avallate da documenti dell’intelligence romena desecretati, hanno portato il 6 dicembre a un evento storico in tutto il panorama occidentale: il clamoroso annullamento delle elezioni presidenziali da parte della Corte costituzionale del Paese. Le presidenziali dovranno quindi svolgersi di nuovo.
In cerca di un (nuovo?) governo
Nel frattempo il primo dicembre si sono tenute anche le elezioni legislative, che hanno visto vincere i socialdemocratici, col 22,4% dei consensi, ma anche crescere in modo molto forte i partiti di estrema destra, che messi insieme raggiungono il 31%. La cordata è guidata con il 17,8% dall’Alleanza per l’unità dei romeni (Aur), il partito di George Simion, di cui faceva parte lo stesso Georgescu prima di essere cacciato per aver espresso apprezzamento nei confronti di figure fasciste del passato romeno.
Vista la situazione, Lasconi aveva spinto per formare un governo di coalizione tra le forze pro-Ue, quindi il partito socialdemocatrico (Psd) e il Partito nazionale liberale (Pnl), ovvero l’attuale formazione di governo, in modo da escludere dalle leve del potere l’ultradestra.
E questo in sostanza è anche l’incarico che Iohannis ha conferito al leader del Psd: creare un esecutivo di larghe intese che si schieri senza compromessi a favore dell’Ue e del sostegno all’Ucraina.
Alla coalizione potrebbe partecipare anche l’Unione Democratica Magiara di Romania (Udmr), il partito che rappresenta la minoranza ungherese in Romania e che faceva già parte del governo attuale, dal quale però era uscito per le divergenze di vedute.
La nomina di Ciolacu dovrà ora essere approvata dal Parlamento, mentre le trattative tra i partiti non saranno semplicissime, anche se Psd, Pnl e Udmr hanno concordato un candidato comune per le presidenziali, per la cui ripetizione non c’è ancora una data ufficiale ma che probabilmente non si terranno prima della prossima primavera.
Anche i liberali dietro la popolarità di Georgescu su TikTok?
A complicare le cose, un report dell’agenzia di stampa investigativa romena snoop.ro, ripresa da Politico, indica che il Partito nazionale liberale avrebbe finanziato una campagna su TikTok per Georgescu tramite influencer e promuovendo un hashtag a suo favore.
I liberali sono partner di coalizione nel governo uscente e il loro candidato, Nicolae Ciuca, si è classificato quinto nel primo turno poi annullato. Il Pnl avrebbe finanziato una società esterna, Kensington Communication, per implementare la campagna social. In una dichiarazione, Kensington Communication ha scritto: “Se la campagna è stata clonata o dirottata a favore di un candidato o di un altro, chiediamo agli organi competenti di verificare e adottare le misure legali necessarie”.
Un Paese spaccato
Intanto, parte del Paese teme di tornare indietro ai lunghi decenni della dittatura di Nicolae Ceaușescu e della relativa paura, come dimostrano le affollate manifestazioni di piazza del 5 dicembre a sostegno dell‘identità “europea” della Romania. Al grido di “libertà”, bandiere dell’Ue sventolavano accanto a quella romena tra le vie della capitale.
Nel frattempo mercenari pro-Georgescu, da lui assunti come scorta personale, venivano fermati dalla polizia mentre si dirigevano verso Bucarest. Nelle loro auto sono state trovate armi di vario tipo e l’ipotesi è che intendessero compiere delle violenze e destabilizzare la popolazione.
Un altro fattore che potrebbe infiammare ulteriormente la situazione è l’ipotesi che Georgescu possa essere squalificato dalla nuova candidatura sulla base della sentenza di annullamento della corte.
Il messaggio delle urne è chiaro: la popolazione è stufa
Ma il messaggio lanciato dalle urne è comunque chiaro, e preoccupante per l’Occidente: la vittoria di Georgescu, al netto delle presunte manipolazioni, non deriva tanto da una adesione ideologica alla Russia o all’estrema destra, quanto dalla delusione e dalla sfiducia verso la classe politica ‘tradizionale’, percepita come distante dalle esigenze della gente e sostanzialmente indifferente alle vere necessità del Paese.
Anche l’entrata nell’Unione Europea nel 2007 è stata fonte di delusione: per molti romeni la corruzione politica e l’incompetenza persistono e le disuguaglianze aumentano. Così come la rassegnazione.
Senza contare che una certa tendenza al complottismo della popolazione, motivata anche da ragioni storiche, alimenta l’idea, cavalcata dalla destra estrema, che l’annullamento delle presidenziali sia una specie di colpo di mano dei vecchi partiti per mantenere il potere.
Lo stesso Georgescu ha detto chiaramente che la decisione della suprema Corte è “un colpo di Stato”. E ha aggiunto: “In questo giorno, il sistema corrotto ha stretto un patto con il diavolo. Ho un solo patto: con il popolo rumeno e con Dio”.
Sulla stessa linea, sorprendentemente, Lasconi, che alla notizia dell’annullamento aveva commentato: “Oggi è il momento in cui lo Stato romeno ha calpestato la democrazia. Dio, il popolo rumeno, la verità e la legge prevarranno e puniranno coloro che sono colpevoli di distruggere la nostra democrazia”.