Risoluzione su Gaza, ok del Parlamento Ue: chiesto il riconoscimento dello Stato di Palestina

Rimosso dal testo il termine "genocidio" per raggiungere la maggioranza
7 ore fa
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Benjamin Netanyahu preoccupato
Benjamin Netanyahu (Afp)

Il Parlamento europeo rompe gli indugi e approva una risoluzione sulla crisi umanitaria a Gaza, chiedendo ai Ventisette di riconoscere lo Stato di Palestina. Con 305 voti favorevoli, 151 contrari e 122 astensioni, la decisione arriva dopo oltre undici mesi di esitazioni e divisioni interne, mentre il territorio palestinese continua a essere devastato da bombardamenti che hanno ucciso oltre 64.650 palestinesi, di cui almeno 19mila bambini.

Lo scarso tempismo di questa risoluzione rivela le difficoltà dell’Unione nel trovare una posizione comune su uno dei conflitti più divisivi della scena internazionale. Come ha sottolineato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nel suo discorso sullo stato dell’Unione, “per molti cittadini l’incapacità dell’Europa di concordare una via comune da seguire è altrettanto dolorosa“. La risoluzione è stata presentata da Verdi, Socialisti e Liberali e tocca diversi punti della questione medio-orientale.

Cosa prevede la risoluzione

Nel documento approvato dall’Europarlamento è scomparso il termine “genocidio”, una concessione ai Paesi più riluttanti a utilizzare una parola così carica di significato giuridico e politico. Tuttavia, la risoluzione non manca di durezza nell’analizzare la situazione.

La presidente della Commissione ha descritto senza giri di parole quello che sta accadendo nella Striscia: “Persone uccise mentre mendicavano cibo. Madri che tengono in braccio bambini senza vita. Queste immagini sono semplicemente catastrofiche”, dice von der Leyen aggiungendo che “la carestia provocata dall’uomo non potrà mai essere un’arma di guerra”.

L’emiciclo “condanna con forza il blocco degli aiuti umanitari a Gaza da parte del governo israeliano, che ha provocato una carestia nel nord di Gaza, e chiede l’apertura di tutti i pertinenti valichi di frontiera”. Invita a ripristinare con urgenza il mandato e i finanziamenti dell’Unrwa, con un controllo rigoroso, e si oppone fermamente all’attuale sistema di distribuzione degli aiuti”. A Gaza oltre mille persone sono morte per fame o in fila per il cibo.

I deputati chiedono che il popolo palestinese abbia accesso pieno, sicuro e senza ostacoli a cibo, acqua, forniture mediche e riparo, nonché il ripristino immediato delle infrastrutture vitali.

Due popoli, due Stati

Con il voto di oggi, il Parlamento esorta le istituzioni europee e i Paesi membri a compiere passi diplomatici per garantire l’impegno verso la soluzione dei due Stati, registrando progressi politici concreti in vista dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite di questo mese.

A tal fine, gli eurodeputati evidenziano la necessità di una completa smilitarizzazione di Gaza e dell’esclusione di Hamas dal governo, che dovrebbe essere affidato a un’Autorità palestinese riformata come unico organo esecutivo. La risoluzione invita esplicitamente gli Stati membri a valutare la possibilità di riconoscere lo Stato di Palestina per sostenere la soluzione dei due Stati, considerata l’unica in grado di restituire pace ed equilibrio alla regione.

La presa di posizione contro Hamas

I deputati chiedono un cessate il fuoco immediato e permanente e il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi israeliani detenuti a Gaza.

La risoluzione ribadisce la condanna dei “crimini barbari” di Hamas contro Israele e chiede sanzioni concrete contro il gruppo terroristico, riconoscendo “l’inalienabile diritto” di Israele “all’autodifesa” nonché il suo ruolo nella lotta al terrorismo di matrice araba. Tuttavia, questo diritto non può giustificare le azioni militari delle Idf a Gaza, che si sono tradotte in una risposta gravemente sproporzionata al massacro del 7 ottobre e hanno generato sofferenze insopportabili per i palestinesi. I parlamentari denunciano anche l’uso di civili come scudi umani da parte di Hamas.

Misure concrete: sanzioni e stop all’accordo di associazione

L’Europa non si limita alle parole. La Commissione ha annunciato la proposta di sospendere il sostegno bilaterale a Israele, bloccando circa 30 milioni di euro tra fondi correnti e progetti in corso. Una cifra che include 6 milioni di euro annui previsti per il periodo 2025-2027 e 14 milioni destinati a progetti già avviati.

“Proporremo sanzioni contro i ministri estremisti e contro i coloni violenti” ha dichiarato von der Leyen, anticipando anche “una sospensione parziale dell’accordo di associazione sulle questioni commerciali“. La decisione odierna riguarda anche l’uso della forza nella Cisgiordania occupata e a Gerusalemme est da parte dei coloni e degli attivisti israeliani violenti.

La sospensione dell’accordo, uno dei capisaldi del rapporto tra Bruxelles e Tel Aviv, è stata al centro del dibattito europeo per tutta l’estate, senza mai trovare una quadra prima del voto odierno, che comunque va tradotto nei fatti. Per entrare in vigore, la sospensione richiede l’unanimità di tutti i 27 Stati membri nel Consiglio europeo.

L’accordo di associazione tra Ue e Israele, firmato nel 1995 ed entrato in vigore nel 2000, regola le relazioni commerciali e di cooperazione tra le parti. Il documento prevede tariffe agevolate per i prodotti israeliani e intensi programmi di scambio in ambito scientifico, tecnologico e culturale. La sua sospensione parziale, seppur limitata agli aspetti commerciali, segnerebbe un precedente significativo nella politica europea verso Israele.

La decisione di toccare questo strumento diplomatico ed economico testimonia un cambio di passo rispetto alla cautela mostrata finora dalle istituzioni europee.

La Commissione ha specificato che, se sarà approvata, la sospensione “non comprometterà la nostra collaborazione con la società civile israeliana o con Yad Vashem, il Centro mondiale per la memoria dell’Olocausto”. Un bilanciamento che testimonia la volontà di mantenere distinzioni tra le politiche del governo israeliano e i rapporti con la società civile.

Il peso del ritardo nella risposta europea

Il timing di questa decisione solleva interrogativi sulla capacità dell’Europa di reagire tempestivamente alle crisi umanitarie. La risoluzione arriva infatti mentre a Gaza si contano oltre 60mila vittime accertate e mentre la popolazione è “ridotta alla fame”, come ha denunciato il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella. Oggi anche il vicepremier Antonio Tajani si è esposto sulla questione: “Voglio essere chiaro: quello che accade nella Striscia è sempre più inaccettabile“, ha detto il ministro degli Esteri durante l’informativa al Senato.

Intanto, il tempo trascorso senza prendere una decisione mentre a Gaza si consumava la tragedia umanitaria hanno attirato le dure critiche di Josep Borrell: “Non sospendere un accordo è già una decisione”, ha dichiarato due mesi fa l’ex Alto rappresentante per la politica estera Ue, sottolineando che, con la sua inerzia, “l’Ue permette che il genocidio a Gaza prosegua”.

Le divisioni interne emergono chiaramente dai numeri del voto: quasi un quarto dei parlamentari europei si è astenuto e ancora di più sono gli europarlamentari che hanno votato contro la risoluzione odierna, segno delle difficoltà nell’elaborare una posizione condivisa.

Sono consapevole che sarà difficile trovare la maggioranza. E so che qualsiasi azione sarà eccessiva per alcuni. Troppo poca per altri”, ha ammesso la stessa von der Leyen, sintetizzando la complessità di un’Europa divisa tra la necessità di agire e il timore di compromettere relazioni diplomatiche consolidate.

Il diritto internazionale è diventato una “tigre di carta”

Due giorni fa, Israele ha condotto un raid a Doha contro la leadership di Hamas, violando la sovranità del Qatar e scatenando nuove proteste diplomatiche dopo l’attacco in Iran, che ha trovato il sostegno delle istituzioni europee.

Il Washington Post ha rivelato che il Mossad, prima dell’attacco a Doha, avesse rassicurato le istituzioni qatariote sulla sicurezza dei leader di Hamas presenti nel Paese. Una promessa disattesa che ha portato il Qatar a valutare azioni legali internazionali contro il premier israeliano Benjamin Netanyahu.

La contraddizione è evidente anche a livello delle istituzioni globali. La Corte internazionale di giustizia dell’Aia ha dichiarato illegale l’occupazione israeliana dei territori palestinesi, ma le sue sentenze rimangono largamente inattuate, trasformando il diritto internazionale in quella che gli osservatori definiscono una “tigre di carta“, che non fa paura a nessuno.

Cosa cambia dopo la risoluzione Ue

La risoluzione approvata dal Parlamento europeo rappresenta un momento di svolta, seppur tardivo, nell’approccio dell’Ue al conflitto israelo-palestinese. Dopo oltre undici mesi di guerra a Gaza e migliaia di vittime civili, l’Europa ha preso posizione su una questione che ha a lungo diviso le sue istituzioni.

Il voto di oggi, 10 settembre, per quanto caratterizzato da ampie astensioni, dimostra che una maggioranza del Parlamento europeo è disposta a sostenere misure concrete contro la brutale aggressione israeliana a Gaza. La strada verso l’implementazione delle sanzioni e della sospensione dell’accordo di associazione rimane tuttavia complessa, dal momento che le misure più significative richiedono l’unanimità nel Consiglio europeo.

Come hanno sottolineato diversi osservatori, questa decisione potrebbe rappresentare l’inizio di un nuovo approccio europeo al Medio Oriente, più assertivo e meno condizionato dai tradizionali equilibri diplomatici.

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