In tempi di guerra, meglio farsi nuovi amici. Specialmente se la guerra è commerciale e le armi sono i dazi, come quelli bidirezionali Ue-Cina e quelli minacciati da Donald Trump. In questo contesto, è stato raggiunto l’accordo Ue-Mercosur che ha come obiettivo proprio quello di rimuovere gradualmente i dazi tra i Paesi coinvolti.
L’intesa firmata venerdì può essere una valvola di sfogo per l’economia europea, già duramente colpita dalla crisi dell’automotive e minacciata sia da Est che da Ovest.
L’accordo, però, non convince tutti in Europa per il rischio che i prodotti extracomunitari finiscano per danneggiare quelli europei. Da valutare anche le diverse regole di produzione dei Paesi coinvolti e le potenziali ricadute sulla salute.
Ue-Mercosur: cosa prevede l’accordo
Quello firmato venerdì scorso, 6 dicembre 2024, è un accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e i Paesi del Mercosur, il mercato comune sudamericano di cui sono membri Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Bolivia. Si tratta del più grande accordo di questo tipo mai fatto dall’Unione, sia in termini di popolazioni coinvolte che in termini di (potenziale) volume di scambi.
Per entrare effettivamente in vigore, il testo dovrà essere votato e approvato anche dal Parlamento Europeo e dal Consiglio Europeo. Intanto, la strada è tracciata.
Il pilastro dell’intesa è l’eliminazione graduale di quasi tutti i dazi doganali applicati agli scambi commerciali fra i due blocchi. In questo modo il patto Ue-Mercosur favorirebbe gli scambi in molti settori e in entrambe le direzioni: Bruxelles è interessata alla possibilità di aumentare le esportazioni di prodotti su cui finora sono stati applicati dazi elevati come le automobili, l’abbigliamento e il vino assicurandosi allo stesso tempo l’approvvigionamento di materie prime sempre più indispensabili come il litio, metallo molto presente in America Latina e fondamentale per le batterie elettriche. Sull’altra sponda, i Paesi del Mercosur puntano ad aumentare le esportazioni dei prodotti alimentari verso l’Unione. Proprio questo punto preoccupa gli agricoltori europei, che temono di dover vendere al ribasso i loro prodotti.
L’accordo ha anche un risvolto finanziario perché ha l’obiettivo di agevolare gli investimenti delle imprese europee nel Sud America, e viceversa.
La Commissione europea ha riassunto in un documento i vantaggi previsti dall’accordo di partenariato Ue-Mercosur facendo leva sul Rapporto Draghi, dove l’ex presidente Bce ha sollecitato una politica commerciale più attiva e più diversificata per aumentare la competitività e la sicurezza economica dell’Ue.
L’accordo ha anche una importante dimensione politica perché rafforza il legame diplomatico tra l’Unione Europea e l’America Latina in un momento in cui molti paesi di quell’area sono attratti più o meno direttamente dalla Cina, sempre più rivale commerciale dell’Ue e sempre minacciosa su Taiwan.
Chi è contrario all’accordo
Ancora prima della firma di venerdì scorso, l’accordo è stato fortemente criticato dagli agricoltori e dagli allevatori europei. Analogamente a quanto già visto con il grano extra Ue, gli agricoltori sostengono che l’accordo Ue-Mercosur li danneggerebbe perché le grandi aziende agricole latinoamericane devono seguire regole meno stringenti e possono vendere i loro prodotti a prezzi più bassi in Ue.
Nessun governo europeo ha condiviso espressamente questa critica, tranne quello francese che, però, nel frattempo è caduto. La Germania è molto favorevole all’accordo, mentre altri Paesi, fra cui l’Italia, hanno posizioni ambigue a riguardo.
Inoltre, un’indagine commissionata dal governo francese aveva concluso che l’accordo avrebbe portato a un’accelerazione della deforestazione nei paesi del Mercosur. I risultati evidenziano una situazione preoccupante soprattutto in Brasile dove le attività di deforestazione non autorizzate sono usate per creare più spazio per gli allevamenti intensivi e le coltivazioni. Il rischio ambientale è che, aprendo il mercato, queste pratiche diventino ancora più frequenti.
C’è poi un discorso che riguarda la sicurezza alimentare, una costante di questi tipi di accordo dove è difficile (se non impossibile) utilizzare gli stessi standard di produzione. Sul punto, una recente relazione interna presentata alla Commissione Europea ha rilevato che il Brasile, che è il principale esportatore di carne bovina al mondo, non potrebbe garantire che agli animali non venga somministrato l’estradiolo, un ormone della crescita vietato che Bruxelles ha vietato decine di anni fa ma è ancora molto utilizzato nel Paese dell’America Latina.
Al tempo stesso, però, l’economia europea rischia di restare sempre più isolata mentre Usa e Cina corrono, con potenziali pesanti ricadute sul livello di disoccupazione dei cittadini europei.
La posizione dell’Italia
L’approvazione è altamente probabile, ma non sicura, vista la posizione contraria della Francia sull’accordo Ue-Mercosur e quella ambigua dell’Italia.
Prima del G20, il governo guidato da Giorgia Meloni si era sempre dichiarato favorevole all’accordo, sia pure con qualche perplessità comunque sormontabile.
Poi, durante il summit a Rio de Janeiro, l’orientamento del governo è cambiato e il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida, recependo le critiche espresse in Europa e in Italia dalle associazioni degli agricoltori, si è detto nettamente contrario all’entrata in vigore del trattato. Seppur con toni diversi, anche la presidente Meloni, ha condiviso la linea sostenendo che il trattato non è accettabile per l’Italia così come è stato pensato.
Ue-Mercosur, quale impatto sull’Italia?
Ancora una volta è impossibile ignorare il potenziale risvolto economico. Che ricadute avrebbe l’accordo Ue-Mercosur sull’Italia? Come si legge nel testo condiviso da Bruxelles con Roma:
- le imprese italiane, anche piccole, troveranno molto più facile operare nei paesi del Mercosur;
- le imprese italiane potranno offrire servizi in modo più facile e meno costoso;
- i produttori (di prodotti industriali e alimentari) e gli agricoltori italiani potranno esportare di più;
- le specialità italiane venderanno di più e a prezzi superiori.
Il documento ricorda inoltre che, allo stato attuale, oltre 8.000 imprese italiane esportano nel Mercosur e persino che “quasi un milione di posti di lavoro italiani dipende dalle esportazioni del Mercosur”.
Numeri che sintetizzano in modo eloquente le potenziali ricadute dell’accordo. Bruxelles prova a rassicurare anche i rappresentanti del settore agroalimentare, fortemente contrari all’accordo. Le ricadute commerciali per il settore, spiega il documento, sarebbero positive perché verrebbero meno i dazi (fino al 55%) che, allo stato attuale, bloccano le esportazioni dei prodotti in questi Paesi.
Le rassicurazioni di Bruxelles
La causa principale delle proteste degli agricoltori sono i diversi standard qualitativi e i diversi prezzi di vendita. Anche in tal senso, Bruxelles offre dettagli confortanti: “l’accordo Ue-Mercosur – si legge ancora nel documento – è il più grande mai concluso dall’Ue per quanto riguarda la protezione delle ‘indicazioni geografiche’ tradizionali dei prodotti alimentari e delle bevande europee. Proteggerà circa 350 prodotti alimentari e bevande dell’Ue dalle imitazioni nei paesi del Mercosur. Tale protezione contribuisce a rendere questi prodotti più distinti. Ciò contribuirà a vendere più prodotti italiani e a prezzi più elevati. Il prezzo di vendita dei prodotti protetti da un’indicazione geografica è tra le 2 e le 3 volte superiore a quello dei prodotti normali”.
L’accordo di partenariato Ue-Mercosur dovrebbe rafforzare la competitività delle imprese italiane anche in altri settori chiave per l’economia italiano come il lusso e l’automotive (già nel 2023 le esportazioni di questo settore nell’area Mercosur ammontavano a 613 milioni di euro). L’intesa firmata venerdì potrebbe ridare ossigeno a queste filiere che sono un pilastro del Pil nostrano, ma ora sono in forte affanno. Nuove opportunità si prospettano anche per gli esportatori italiani di prodotti agricoli, quali vino, formaggio, olio d’oliva, prodotti lattiero-caseari e prodotti trasformati, ma anche per il settore dei macchinari e delle apparecchiature elettriche. Discorsi analoghi, con le dovute differenze di settore, valgono per gli altri Paesi europei, che mai come in questo momento rischiano di trovarsi senza alleati commerciali.
Ora, i Ventisette, con il voto in Parlamento e nel Consiglio Ue, decideranno se questi elementi saranno sufficienti per fare entrare in vigore un accordo apparecchiato da vent’anni.