Il summit europeo di Londra si è chiuso con una dichiarazione d’intenti che segna una svolta nella gestione del conflitto in Ucraina. I leader europei si sono riuniti per discutere strategie concrete per la sicurezza del continente, con un focus sull’autonomia strategica e sul mantenimento del sostegno a Kiev, indipendentemente dall’evoluzione dei rapporti con Washington. Il primo ministro britannico Keir Starmer ha affermato che l’Europa deve “fare il lavoro pesante” per difendersi, ribadendo che qualsiasi accordo di pace richiederà il sostegno degli Stati Uniti. Tuttavia, le tensioni con l’amministrazione Trump mettono in discussione il ruolo americano nel conflitto.
Starmer ha, inoltre, annunciato un pacchetto di aiuti del valore di 1,6 miliardi di sterline (circa 1,94 miliardi di euro) per fornire all’Ucraina 5mila missili per la difesa aerea. Un impegno che si aggiunge a quello della Francia, con Emmanuel Macron che ha proposto una tregua di un mese, coinvolgendo una “coalizione di volenterosi” per garantire la sicurezza di Kiev. Il summit ha rappresentato anche un momento di riflessione sulla necessità di un incremento delle spese militari in Europa, con Macron che ha suggerito di destinare tra il 3% e il 3,5% del Pil alla difesa, superando l’attuale soglia del 2% fissata dalla Nato.
La questione centrale rimane la posizione degli Stati Uniti. Il vertice si è tenuto appena dopo il discusso incontro tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, segnato da uno scontro verbale che ha fatto tremare le cancellerie europee. Il presidente ucraino è stato accusato da Trump di non voler perseguire seriamente la pace con la Russia, culminando con l’uscita forzata di Zelensky dalla Casa Bianca. Il summit di Londra si è quindi mosso nella direzione di garantire un supporto europeo più autonomo, senza dipendere esclusivamente dall’orientamento dell’amministrazione americana.
Trump, Zelensky e il nodo delle terre rare
Lo scontro tra Trump e Zelensky ha scatenato una serie di reazioni a livello internazionale, con i leader europei preoccupati per la possibile riduzione del sostegno statunitense all’Ucraina. Tuttavia, l’incontro si è concluso con una concessione significativa da parte del presidente ucraino: l’approvazione di un accordo sulle terre rare, un settore cruciale per l’industria tecnologica e militare globale. Questo accordo, che prevede un maggiore coinvolgimento degli Stati Uniti nello sfruttamento delle risorse minerarie ucraine, potrebbe rappresentare una chiave di volta nei rapporti tra Washington e Kiev, garantendo interessi economici concreti che potrebbero favorire la stabilità del sostegno americano, ma per gli Usa ora come ora un’intesa non è sul tavolo.
L’episodio evidenzia anche la crescente pressione su Zelensky per cercare soluzioni che garantiscano il continuo afflusso di aiuti e il mantenimento di un fronte occidentale unito. La strategia di Trump sembra orientata a un ridimensionamento dell’impegno americano, con l’eventualità di un ultimatum: l’Ucraina dovrà trovare un accordo di pace con Mosca oppure affrontare la guerra senza il sostegno di Washington.
La posizione pragmatica dell’Italia
Nel contesto di un’Europa che si interroga sul proprio futuro, la posizione dell’Italia si distingue per pragmatismo. Giorgia Meloni, pur ribadendo il sostegno a Kyiv, ha evidenziato i rischi legati a un coinvolgimento diretto delle truppe europee nel conflitto. Durante il vertice di Londra, la premier italiana ha proposto un’alternativa: estendere all’Ucraina una formula di sicurezza simile all’Articolo 5 della Nato, senza un’immediata adesione all’Alleanza.
“Dobbiamo pensare fuori dagli schemi. Non possiamo permettere che l’Ucraina venga lasciata sola, ma l’invio di truppe potrebbe essere più problematico che risolutivo”, ha dichiarato Meloni, sottolineando la necessità di un equilibrio tra deterrenza e diplomazia.
La premier italiana ha anche lanciato un appello all’unità transatlantica, proponendo un nuovo vertice tra Stati Uniti ed Europa per ricucire le fratture create dallo scontro tra Trump e Zelensky. “Dividere l’Occidente sarebbe un regalo per Putin,” ha avvertito, riscuotendo il plauso di Starmer e di Macron, che vedono nell’Italia un potenziale mediatore tra le posizioni divergenti di Washington e Bruxelles.
Verso il vertice Ue di Bruxelles
Dopo il summit di Londra, l’attenzione si sposta ora sul vertice dell’Unione Europea previsto per giovedì a Bruxelles. Sarà un’occasione fondamentale per delineare le future strategie di difesa dell’Europa, con il potenziamento delle capacità militari al centro del dibattito. Il presidente francese Macron ha già anticipato l’intenzione di utilizzare fondi comuni europei per finanziare un incremento della spesa militare, ipotizzando un budget iniziale di 200 miliardi di euro.
La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha dichiarato che “è il momento di riarmare l’Europa”, sottolineando la necessità di una maggiore autonomia nella produzione di armamenti e nella gestione delle crisi. Tuttavia, permangono divisioni interne, con il premier ungherese Viktor Orbán che continua a mantenere una posizione ambigua nei confronti della Russia.
Un altro nodo cruciale riguarda la capacità dell’Europa di negoziare con Vladimir Putin. Mosca ha già respinto l’ipotesi di un contingente di pace Nato in Ucraina, mentre i recenti sviluppi indicano che il Cremlino potrebbe attendere un’iniziativa diplomatica diretta da parte degli Stati Uniti. La prossima settimana potrebbe segnare una svolta nella gestione della crisi ucraina. L’Europa saprà davvero fare il “lavoro duro” senza l’ombrello di Washington?