La nuova America si fa strada a Davos

72 ore dopo il giuramento, Donald Trump torna al WEF con un’agenda politica audace: energia, commercio e difesa al centro
5 giorni fa
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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump in videoconferenza al World Economic Forum a Davos (AFP)

Tre giorni. Solo 72 ore dopo aver giurato come 47° Presidente degli Stati Uniti, Donald J. Trump è apparso (virtualmente) al World Economic Forum di Davos con un discorso, nel suo inconfondibile stile, che ha saputo mescolare tono trionfalistico, promesse audaci e un’agenda politica che promette di scuotere l’economia globale. Durante il discorso, Trump ha ripreso molti dei suoi temi chiave, dai successi economici degli Stati Uniti alla politica energetica, fino alle relazioni transatlantiche, lanciando messaggi chiari all’Europa. Con dichiarazioni decise, spesso divisive, Trump ha delineato una visione di politica globale che pone l’America al centro, lasciando però aperti alcuni spiragli di collaborazione.

L’America come superpotenza energetica

“La nostra politica energetica è stata, e sarà sempre, centrata sull’indipendenza americana”, ha dichiarato Trump a Davos, riprendendo una delle promesse più iconiche della sua presidenza precedente. Durante il suo primo mandato, aveva annunciato: “Siamo diventati il più grande produttore di petrolio e gas naturale nel mondo. Non dipendiamo più dai Paesi ostili per il nostro fabbisogno energetico”.

Al WEF 2025, Trump ha ribadito che il ritorno alla Casa Bianca significa un’espansione ulteriore del settore energetico statunitense, puntando sulla produzione di petrolio, gas e carbone come strumenti per rilanciare l’economia interna e rafforzare la leadership americana nel mercato globale: “Abbiamo fatto dell’indipendenza energetica una realtà. Gli Stati Uniti non saranno mai più dipendenti da fornitori stranieri per i nostri bisogni energetici“, ha ribadito.

Il presidente ha criticato aspramente le politiche ambientali globali, definendole “un attacco alla prosperità economica americana”. Una dichiarazione che rispecchia la sua posizione già espressa nel 2020, quando affermò che gli accordi di Parigi sul clima “distruggerebbero milioni di posti di lavoro americani”. Al WEF 2025, Trump ha promesso di raddoppiare la produzione di petrolio e gas per rafforzare il potere contrattuale degli Stati Uniti nei confronti dell’Europa e del resto del mondo.

Per l’Europa, queste parole rappresentano una sfida diretta. La crisi energetica del 2022-2023 aveva già evidenziato la vulnerabilità del Vecchio Continente, spingendo molti Paesi dell’UE a dipendere sempre più dal gas naturale liquefatto americano. Trump non ha esitato a sottolineare questa posizione di forza: “Abbiamo riserve energetiche incredibili, e siamo pronti a esportare le nostre risorse a chi rispetta gli accordi commerciali”, una frase che riecheggia la sua storica enfasi sul commercio equo.

Un’Europa sotto pressione: commercio, Nato e nuovi equilibri

Trump ha toccato il tema delle relazioni economiche e commerciali tra Stati Uniti ed Europa, reiterando una delle sue frasi più celebri: “Io non sono contro il commercio libero, ma contro il commercio ingiusto”. Trump non ha mai nascosto la sua critica al sistema commerciale globale: “Non possiamo vendere i nostri prodotti in Europa come vorremmo, e ci impongono tasse insostenibili sulle nostre aziende tecnologiche”, ha dichiarato Trump. La soluzione? Dazi punitivi per riequilibrare la bilancia commerciale e finanziare il debito pubblico statunitense.

A Davos 2025, Trump ha dichiarato che la sua amministrazione intende rinegoziare alcuni accordi commerciali con l’Ue per garantire un maggiore equilibrio. “Gli Stati Uniti non saranno più sfruttati da nessuno. Abbiamo bisogno di accordi che favoriscano entrambe le parti, non solo una”, ha affermato.

Questa retorica protezionista rischia di riaccendere vecchie tensioni tra Washington e Bruxelles. Durante il suo primo mandato, Trump aveva già imposto dazi su prodotti europei come acciaio, vino e automobili. Ora, con un Congresso a maggioranza repubblicana, le sue politiche potrebbero diventare ancora più incisive. Questo potrebbe portare a nuove tensioni sulle politiche fiscali europee, come la tassazione dei giganti tecnologici americani, ma anche a possibili opportunità per settori strategici, come quello manifatturiero e tecnologico, che potrebbero beneficiare di un mercato americano in crescita.

Trump ha poi affrontato la questione Nato, chiedendo un aumento della spesa per la difesa al 5% del PIL per tutti i membri dell’Alleanza Atlantica. “È una misura necessaria per garantire la sicurezza globale“, ha affermato, lodando il recente impegno di alcuni Paesi, ma bacchettando quelli che continuano a “non pagare la loro quota”. Trump ha ripetuto: “Non possiamo essere sempre noi a fare da scudo per l’Europa. È il momento che si assumano le loro responsabilità”, un messaggio che ha risuonato forte nei corridoi del forum, particolarmente in un contesto geopolitico segnato dalle persistenti tensioni in Ucraina e dalle crescenti preoccupazioni sulla sicurezza europea.

Questo messaggio, purtroppo, non è nuovo per l’Europa. Già sotto la sua presidenza, gli Stati Uniti avevano esercitato forti pressioni sugli alleati europei per aumentare la spesa militare, in un contesto in cui Washington riteneva che il proprio impegno per la difesa del continente non fosse equamente condiviso.

La diplomazia sulla crisi ucraina: “Con me, non sarebbe successo”

Un altro tema centrale del discorso è stato il conflitto tra Russia e Ucraina. Trump ha spesso sostenuto che, se fosse stato presidente, il conflitto non sarebbe mai iniziato. “Con me alla guida, non ci sarebbe stata nessuna invasione russa“, ha ribadito il tycoon criticando la gestione del conflitto da parte dell’amministrazione Biden e sottolineando l’importanza di negoziati diretti per mettere fine alla guerra.

Il presidente ha puntato il dito contro Mosca, accusando Vladimir Putin di alimentare il conflitto grazie ai proventi derivanti dalla vendita di petrolio. Secondo Trump, la soluzione è semplice: abbassare il prezzo del petrolio e “costringere Putin a trattare”. Il presidente americano ha esplicitamente attribuito a Vladimir Putin la responsabilità del protrarsi della guerra, sostenendo che Mosca sia l’ostacolo principale alla pace. Durante il suo discorso, Trump ha sottolineato come l’Ucraina, sotto la guida di Volodymyr Zelenskyy, sia pronta a negoziare un accordo di pace. “Zelenskyy mi ha detto che vuole un accordo,” ha affermato il presidente, aggiungendo che il vero nodo risiede nella volontà politica del Cremlino.

Poi c’è l’idea di coinvolgere la Cina come mediatore nella crisi ucraina, una svolta rispetto al passato che, però, solleva interrogativi sul ruolo dell’Europa. “L’Ucraina è pronta a negoziare, ma la Russia no. Serve una pressione internazionale più forte”, ha affermato. Tuttavia, il coinvolgimento di Pechino potrebbe marginalizzare l’Ue, relegandola a spettatrice in una crisi che riguarda direttamente i suoi confini.

Le opportunità e le sfide per l’Europa in un’era Trump 2.0

Il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca è destinato a cambiare profondamente le dinamiche globali e, in particolare, le relazioni transatlantiche. Le sue dichiarazioni a Davos riflettono un approccio basato sull’America First, che non lascia spazio a compromessi. Dall’energia alla sicurezza, dal commercio alla diplomazia, i governi europei si trovano di fronte a una scelta: rafforzare l’autonomia strategica del continente o trovare nuovi modi di collaborare con un’America guidata da Trump.

La posta in gioco è alta, ma per il Vecchio Continente rappresenta anche un’opportunità di definire il proprio ruolo in un mondo sempre più multipolare. L’era Trump 2.0 non sarà certo priva di turbolenze, ma per il Vecchio Continente rappresenta anche un’occasione per definire il proprio ruolo in un mondo sempre più multipolare.