Cosa c’è nell’ultima trattativa tra Putin e Trump (e perché per un attimo si dovevano incontrare a Roma)

La Capitale italiana si contende il ruolo di protagonista con gli Emirati Arabi
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Trump Putin Roma Canva

Mentre il mondo osserva con apprensione, dietro le quinte si intensificano i contatti tra Washington e Mosca. Lo scopo è “congelare” il conflitto in Ucraina, raggiungere una tregua e arrivare a degli accordi vantaggiosi. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, tornato alla Casa Bianca con l’ambizione di chiudere la guerra, ha manifestato il proprio malumore contro il comportamento del presidente russo. Vladimir Putin, infatti, deciso a ottenere sul tavolo negoziale ciò che non ha conquistato sul campo da guerra, non ha intenzione di indietreggiare.

L’Ucraina, dal canto suo, rischia di trovarsi dinanzi ad un bivio in stile “prendere o lasciare” e l’Unione europea resterebbe a guardare. La Capitale italiana, inoltre, è sembrata la sede ideale per l’incontro: ma solo per un attimo. Trump avrebbe chiamato la premier Giorgia Meloni per sondare la disponibilità italiana. Ma tra smentite russe e nuove ipotesi, gli Emirati Arabi sembrano ora in pole position come luogo “più terzo” per un incontro che potrebbe cambiare il corso della guerra.

Ma cosa c’è nell’ultima trattativa tra i due leader? E perché per un attimo si dovevano incontrare a Roma?

I termini del potenziale accordo

Secondo le prime indiscrezioni pubblicate da Bloomberg, il presidente russo esige che l’Ucraina ceda l’intera area orientale del Donbas, oltre alla Crimea, annessa illegalmente nel 2014. Ciò vorrebbe dire che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky debba ordinare il ritiro delle truppe dalle parti delle regioni di Luhansk e Donetsk ancora controllate da Kyiv.

In cambio, la Russia fermerebbe la sua offensiva nelle regioni di Kherson e Zaporizhzhia lungo le attuali linee di battaglia. Tuttavia, non è chiaro se Mosca sia disposta a rinunciare a qualsiasi terra che attualmente occupa, inclusa la centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa. I termini dell’accordo sono ancora in fase di definizione e potrebbero cambiare.

Se si raggiungessero questi accordi, Putin otterrebbe una vittoria che non è stato in grado di raggiungere in guerra, mentre gli Stati Uniti lascerebbero l’Ucraina e l’Unione europea a guardare. Donald Trump sta cercando di ottenere l’approvazione dell’Ucraina e degli alleati europei su questo accordo, ma la riuscita è tutt’altro che certa. L’Ucraina, dal canto suo, fa muro dichiarando che non riconoscerà l’occupazione e l’annessione russa di nessuno dei suoi territori.

I negoziati: una storia travagliata

Trump, tornato alla Casa Bianca con la promessa di risolvere rapidamente il “peggior conflitto in Europa dalla Seconda Guerra Mondiale”, come definito dal premier francese Emmanuel Macron, ha espresso crescente frustrazione per il rifiuto di Putin di accettare un cessate il fuoco.

I due leader hanno avuto sei telefonate da febbraio ad oggi, e l’inviato di Trump, Steve Witkoff, ha incontrato Putin cinque volte in Russia per cercare di mediare un accordo. Putin insistite che i suoi obiettivi di guerra rimangano invariati, includendo la richiesta che Kyiv accetti uno status neutrale, abbandoni l’ambizione di adesione alla Nato e cedi la Crime e le altre quattro regioni ucraine orientali e meridionali a favore della Russia.

Trump si è detto anche disposto a incontrare Putin con o senza Zelensky al tavolo, mentre diversi funzionari, anche negli Stati Uniti, hanno espresso scetticismo sulla volontà di Putin di porre fine alla guerra e sul suo interesse per un accordo di pace che non soddisfi pienamente i suoi obiettivi dichiarati in Ucraina.

Roma: la sede dell’incontro, ma solo per un attimo

L‘incontro tra Trump e Putin “potrebbe tenersi a Roma”, la prossima settimana, forse già lunedì: o almeno questo è quello che ha scritto l’emittente americana Fox, vicina all’Amministrazione Trump, citando due fonti legate ai negoziati.

La smentita è arrivata immediata da parte dell’agenzia di stampa russa Tass: “Non sarà in Europa”, ha affermato una fonte, sottolineando che il continente non è stato preso in considerazione come sede del vertice. Eppure, nel corso della telefonata di ieri il presidente degli Usa, Donald Trump avrebbe chiesto alla premier Giorgia Meloni di organizzare l’incontro con Vladimir Putin lunedì prossimo a Roma sul conflitto in Ucraina.

A quanto apprende l’Adnkronos, la premier avrebbe sentito anche il segretario statunitense Marco Rubio. Washington avrebbe sondato la disponibilità italiana. Disponibilità che sarebbe anche stata accordata. Ma nelle ultime ore starebbero crescendo le quotazioni degli Emirati Arabi come sede “più terza” per il vertice Trump-Putin.

Il cavillo giuridico del mandato di cattura internazionale

Sul presidente russo pende un mandato di cattura da parte della Corte penale internazionale per i crimini commessi in guerra, compreso il rapimento e la deportazione in Russia di migliaia di bambini. Il mandato, emesso il 17 marzo 2023, è fermo sul tavolo del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che non l’ha mai trasmesso alla Procura generale di Roma. L’ordine, senza questo passaggio, non può diventare esecutivo. Ciò vorrebbe dire che, anche se fermato, Putin non potrebbe essere arrestato legalmente (lo stesso vale per il premier israeliano Benjaminn Netanyahu).

Inoltre, i capi di Stato italiani godono di immunità finché restano in carica. Una posizione contestata dalla Corte Penale Internazionale, che per i crimini di guerra non la ritiene applicabile. Secondo la Corte l’Italia sarebbe obbligata a collaborare per l’arresto di Putin. In caso di mancata collaborazione e conseguente denuncia, toccherà al Tribunale dei ministri italiano valutare l’operato di Nordio.

Un problema non di poco conto che, come sostiene il deputato +Europa Benedetto Della Vedova, si risolverebbe solo se Giorgia Meloni aprisse un contenzioso con la Corte penale internazionale, “a meno che non abbia già deciso che l’Italia voglia uscire dalla Corte stessa in preda alla sindrome anti giudici, sempre, comunque e ovunque. La guerra finisce se Putin ferma la sua aggressione”.

Dall’altro lato, però, l’opinione contraria si basa su un assunto: “la Pace a tutti i costi”. Assunto sostenuto dal partito di maggioranza di Matteo Salvini, la Lega. “L’Italia può dare un contributo alla diplomazia internazionale. Come lo deciderà la premier. A prescindere dalla sede, che sarà stabilita dai potenti internazionali, quello che conta è il risultato”, ha spiegato Massimiliano Romeo, capogruppo Lega al Senato. “L’Italia, che storicamente ha avuto un ruolo di mediazione, può assurgere a Paese pilota per la pace. Noi abbiamo fiducia che con l’avvento della presidenza di Trump queste condizioni possano esserci per arrivare a una tregua. Dove si fa l’incontro o dove non si fa lo decidono i leader mondiali”, ha concluso.