Trump e Zelensky tra diplomazia e realpolitik

Dopo settimane di tensioni, i presidenti americano e ucraino si confrontano in una telefonata definita "positiva". Sul tavolo: tregua parziale e rapporti con Putin
1 settimana fa
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Zelensky Trump Afp
Zelensky-Trump (Afp)

Tre settimane fa, l’incontro alla Casa Bianca tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky aveva segnato il punto più basso nelle relazioni tra Stati Uniti e Ucraina. Le tensioni erano esplose in un acceso scambio di battute che aveva allarmato non solo Kiev, ma anche gli alleati europei, preoccupati che Washington stesse per voltare le spalle al suo storico partner. Da quel momento, il presidente ucraino ha lavorato per ricucire i rapporti con l’amministrazione Trump, culminando nella telefonata di mercoledì 19 marzo 2025, descritta da entrambi i leader come “molto positiva” e “franca”. L’elemento centrale della conversazione è stato l’accordo su un cessate il fuoco parziale, negoziato il giorno prima tra Trump e Vladimir Putin, riguardante le infrastrutture energetiche e una temporanea tregua nel Mar Nero.

Le prime dichiarazioni ufficiali hanno subito messo in luce una divergenza di interpretazioni sugli sviluppi concreti della telefonata. Mentre Zelensky ha parlato di un confronto “costruttivo” e della volontà di avviare un processo di pacificazione, Trump ha insistito sulla necessità di “allineare le richieste e i bisogni” di Mosca e Kiev, lasciando intendere un ruolo di mediatore più che di garante per la sicurezza ucraina. Il segnale che Washington sta rivedendo la propria strategia è evidente, ma resta da capire se si tratti di un cambiamento di prospettiva temporaneo o di un vero e proprio riposizionamento geopolitico.

Verso un cessate il fuoco parziale

Uno degli elementi più controversi della telefonata è stato l’annuncio dell’adesione di Zelensky al cessate il fuoco parziale, deciso il giorno precedente tra Trump e Putin. La proposta iniziale ucraino-statunitense prevedeva una sospensione totale delle ostilità, ma il Cremlino ha respinto questa ipotesi, accettando invece una pausa nei bombardamenti sulle infrastrutture energetiche e un congelamento delle operazioni militari nel Mar Nero. Kiev ha quindi dovuto accettare un compromesso che non garantisce una tregua completa, ma solo una riduzione selettiva delle operazioni militari.

Dopo la telefonata con Trump, Zelensky ha dichiarato che le squadre negoziali stanno lavorando per “risolvere le questioni tecniche legate all’implementazione e all’espansione” del cessate il fuoco, lasciando intendere che l’accordo potrebbe essere esteso in futuro. Tuttavia, la reazione del Cremlino è stata più cauta: Dmitry Peskov, portavoce di Putin, ha ribadito che la Russia non accetterà alcun negoziato di pace senza “la cessazione completa degli aiuti militari occidentali all’Ucraina”.

La posizione di Trump in merito resta ambigua. Da un lato, ha pubblicamente sostenuto la necessità di un accordo di pace “rapido ed efficace”, evitando di sbilanciarsi sulle concessioni che potrebbero essere richieste a Kiev. Dall’altro, il suo negoziatore Steve Witkoff ha descritto il colloquio con Putin come “l’incontro tra due grandi leader per il bene dell’umanità”, una dichiarazione che non è passata inosservata tra gli alleati europei, già allarmati dall’approccio morbido dell’amministrazione statunitense nei confronti di Mosca.

Il peso dell’Europa

Se la telefonata tra Trump e Zelensky ha gettato le basi per un riavvicinamento tra Washington e Kiev, resta il nodo delle relazioni con gli alleati europei, che osservano con crescente preoccupazione l’evolversi della situazione. Durante una conferenza stampa successiva alla chiamata, Zelensky ha ricevuto una telefonata da Emmanuel Macron, segno della costante attenzione della Francia sulla questione ucraina. “Abbiamo una conversazione quasi ogni giorno, sta aiutando molto”, ha dichiarato il presidente ucraino, prima di assicurare che avrebbe richiamato il leader francese a breve.

Nonostante l’apparente distensione tra Trump e Zelensky, l’atteggiamento della Casa Bianca verso il conflitto ucraino continua a sollevare interrogativi. Il segretario di Stato Marco Rubio ha ribadito che gli Stati Uniti aiuteranno Kiev a reperire nuove batterie di difesa aerea, ma ha anche evidenziato che la strategia americana sarà “più pragmatica e meno ideologica” rispetto al passato. Questa dichiarazione ha alimentato i timori di un possibile disimpegno di Washington nel lungo periodo, in particolare se l’amministrazione Trump dovesse concentrare i propri sforzi su altre priorità geopolitiche.

Inoltre, il Cremlino ha subito sfruttato l’incertezza generata dalle dichiarazioni americane per rafforzare la propria narrativa. Putin ha ribadito che “un vero cessate il fuoco sarà possibile solo quando le forniture di armi occidentali all’Ucraina cesseranno del tutto”, mentre la stampa russa ha presentato la telefonata come una conferma del progressivo indebolimento del fronte occidentale a sostegno di Kiev. Anche i media ucraini hanno sollevato dubbi sulla reale portata dell’accordo, sottolineando che l’effettiva applicazione della tregua dipenderà in larga parte dalla volontà russa di rispettarla.

L’enigma Zaporizhzhia

Oltre alla questione militare, un altro punto centrale della telefonata è stato il futuro delle infrastrutture energetiche ucraine, in particolare la centrale nucleare di Zaporizhzhia, occupata dalle forze russe. Secondo la Casa Bianca, Trump avrebbe discusso con Zelensky la possibilità di un coinvolgimento diretto degli Stati Uniti nella gestione delle centrali nucleari ucraine, un’ipotesi che la leadership ucraina ha immediatamente ridimensionato.

Zelensky ha infatti precisato che la discussione si è limitata alla centrale di Zaporizhzhia, senza alcuna menzione di un potenziale controllo statunitense su altre infrastrutture energetiche. Tuttavia, il portavoce del Cremlino Peskov ha dichiarato che “ogni tentativo di estendere la gestione americana sulle centrali ucraine sarà considerato una minaccia diretta alla sicurezza nazionale della Russia”, aumentando ulteriormente la tensione attorno alla questione.

Parallelamente, permangono discrepanze sulle dichiarazioni post-telefonata di Trump e Putin. Mentre il leader statunitense ha parlato di una cessazione degli attacchi alle infrastrutture energetiche e ad altri obiettivi civili, il Cremlino ha precisato che la tregua riguarderà esclusivamente gli impianti energetici, escludendo quindi altri obiettivi sensibili. Questa ambiguità rende incerto il reale impatto dell’accordo e alimenta dubbi sulla sua effettiva durata.

La telefonata tra Trump e Zelensky ha senza dubbio segnato un momento di distensione tra i due leader, dopo settimane di tensioni e incomprensioni. Tuttavia, restano molte incertezze sulle reali conseguenze di questo dialogo.