Tavares chiede altri soldi all’Italia. Nuovi tagli? “Non escludo nulla. Siamo vincolati dai regolamenti di Bruxelles”

Il Ceo di Stellantis lamenta costi troppo alti nel Paese e chiama in causa Bruxelles: “I regolamenti non li abbiamo fatti noi, ci sono stati imposti”
1 mese fa
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Ceo Stellantis Carlos Tavares
Il Ceo di Stellantis, Carlos Tavares_fotogramma

Carlos Tavares contro tutti. Potrebbero riassumersi così le ultime ore del dibattito sulle auto elettriche in Italia, con il Ceo di Stellantis che chiede più incentivi, mentre i lavoratori gli chiedono di rivedere la strategia aziendale e il Parlamento spedisce la richiesta al mittente.

Nel corso dell’audizione di venerdì scorso, Tavares ha chiesto ai parlamentari italiani una nuova tornata di aiuti statali per far tornare gli italiani a comprare le auto elettriche. “Non chiediamo soldi per noi, chiediamo aiuto per i vostri cittadini perché possano permettersi di comprare questi veicoli. Il sostegno serve a rendere accessibili agli italiani i nuovi modelli”, ha detto il manager portoghese ai deputati, freddi davanti alle sue richieste.

Nonostante le rassicurazioni di Tavares, sullo sfondo c’è il timore che il gruppo franco-italiano continui a licenziare, mentre imperversa la crisi del settore auto in Europa. “Dall’audizione di Tavares alle commissioni parlamentari non abbiamo ricevuto alcuna rassicurazione concreta sul futuro degli stabilimenti italiani e sulla salvaguardia occupazionale di tutti i lavoratori, in particolare quelli dell’appalto e della componentistica che stanno subendo gli effetti peggiori”, denuncia Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, evidentemente preoccupato per il futuro degli impiegati italiani: “Tavares dice di non voler andare via dall’Italia ma in tre anni abbiamo perso oltre 12 mila posti di lavoro, non ci sono impegni vincolanti e chiarezza su investimenti e nuovi modelli, non solo elettrici, che abbiano mercato, per garantire il futuro di tutti i siti”.

Stellantis e le richieste dell’Ue

Dal canto suo, il Ceo di Stellantis chiama in ballo Bruxelles: “Sento da parte vostra rabbia, un certo livore. Lo stesso atteggiamento che hanno i lavoratori. È una situazione molto difficile. I regolamenti decisi, che sono alla base della situazione attuale, non sono stati imposti da Stellantis, non è corretto fare una grande insalata. Ci sono stati imposti”, dice Tavares in riferimento al Regolamento Auto. Lo stesso provvedimento che il governo italiano, insieme ad altri partner europei, chiede a Bruxelles di rivedere.

È vero che la transizione all’elettrico è stata una decisione europea e non di Stellantis – replica Palombella – ma la multinazionale deve capire che se sta sbagliando strategia, come è palese, non si può andare contro un muro perché si rischia un disastro occupazionale e sociale. Lo sciopero generale del 18 ottobre manderà a Stellantis e al governo un messaggio forte e chiaro: il tempo è scaduto, il settore auto sta morendo, si rischia un dramma sociale senza precedenti. Vogliamo un incontro a Palazzo Chigi con Meloni e Tavares ma senza risposte siamo pronti a una mobilitazione a oltranza”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Ferdinando Uliano, segretario generale della Fim Cisl che conferma le alte probabilità per lo sciopero di venerdì prossimo insieme a Fiom e Uilm.

La direzione scelta da Bruxelles sta generando tensione su tutti i livelli. La scorsa settimana, i concessionari europei di Stellantis hanno scritto una lettera dove chiedevano alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen di rivedere il regolamento auto, che dal 2025 prevede limiti di emissioni più bassi per le aziende automobilistiche.

I nuovi target possono essere raggiunti o con una contrazione delle vendite di auto termiche (il che aggraverebbe la crisi del settore) o vendendo più auto ibride o elettriche che però “non si vendono”, come hanno ricordato a von der Leyen i concessionari europei di Stellantis. La risposta della politica italiana alle richieste del manager è univoca: il gruppo non riceverà altri soldi pubblici senza un piano industriale chiaro.

Il costo di produrre in Italia e la concorrenza cinese

Oggi, a tre giorni di distanza dall’intervento in parlamento, Tavares ha cambiato posizione rispetto all’ipotesi di nuovi licenziamenti da parte di Stellantis: “Non scarto nulla” ha risposto a radio Rtl parlando dal Salone dell’auto di Parigi, che si apre oggi, lunedì 14 ottobre, e proseguirà fino a domenica 20.

“Il cuore della nostra riflessione strategica non è il taglio dei posti di lavoro ma rendere i nostri clienti felici, attraverso la qualità dei nostri prodotti, attraverso l’innovazione delle nostre tecnologie, e dalla dimensione accessibile della nostra mobilità che deve essere pulita”, ha spiegato Tavares.

Parole che non rassicurano i lavoratori italiani, soprattutto se lette insieme a quelle di venerdì scorso quando il Ceo di Stellantis ha lamentato i costi troppo alti affrontati dal gruppo in Italia rispetto alla concorrenza cinese: “Il problema sono i costi troppo alti in Italia, il 40% più alti di quelli che devono sostenere i nostri concorrenti”, ha aggiunto Tavares che denuncia un costo dell’energia doppio rispetto a quello affrontato dall’azienda in Spagna.

L’uomo scelto da John Elkann ha ribadito il concetto oggi a Parigi: “Non vedo come possiamo resistere a concorrenti che, dal punto di vista tecnologico, sono altrettanto bravi o addirittura più forti di noi, e che costano il 30% in meno, se non posso tagliare i costi. Ciò che potrebbe amareggiarci è vedere che l’ovvio non entra nella testa di certi decisori”.

Tavares contrario ai dazi sulle auto cinesi

“Se i cinesi conquistano una quota di mercato del 10% in Europa alla fine della loro offensiva, significa che produrranno 1,5 milioni di auto, che equivale a sette stabilimenti di assemblaggio. I produttori europei dovranno chiuderli o trasferirli ai cinesi. Nessuno ne parla” ha affermato Tavares.

Il manager condivide con Bruxelles il timore per la concorrenza cinese, ma non la strategia sui dazi: “Non servirà a nulla. I cinesi aggireranno le barriere investendo in fabbriche in Europa. Fabbriche che saranno in parte finanziate da sussidi statali in Paesi a basso costo. Una volta fatto questo, non dovremmo sorprenderci se i siti dovranno essere chiusi per assorbire la sovraccapacità produttiva che sarà stata esacerbata”, ha concluso.

Intanto, lo scorso 4 ottobre i Paesi Ue hanno approvato l’introduzione di dazi definitivi sulle auto elettriche cinesi, per contrastare i sussidi di Pechino che, per Bruxelles, integrano la fattispecie di concorrenza sleale. La votazione si è tenuta nel contesto del Comitato difesa commerciale (Tdi), composto per lo più da funzionari dei singoli governi e non dai Rappresentanti Permanenti.

Dieci Stati europei, tra cui anche l’Italia e la Francia, hanno votato a favore, cinque i contrari, guidati dalla Germania, e dodici gli astenuti, tra cui la Spagna. Pechino ha fatto sapere che si opporrà con forza alle misure. Intanto, le parti sociali del Vecchio Continente sono sempre più spaccate sulla strategia da adottare per rendere più sostenibile il settore della auto senza che a rimetterci siano i lavoratori e l’economia europea.

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