Un pacchetto di proposte destinato a far discutere. La Commissione europea sta preparando un piano per introdurre una nuova tassazione sui prodotti del tabacco, delle sigarette elettroniche e delle bustine di nicotina, con un obiettivo inedito: finanziare direttamente il bilancio dell’Unione europea. Secondo una serie di documenti riservati, anticipati tra gli altri da Euractiv, l’iniziativa potrebbe portare a un aumento dei prezzi al consumo senza precedenti e spostare miliardi di euro di entrate fiscali dai governi nazionali alle istituzioni europee. Eurofocus ha chiesto un commento al portavoce della Commissione europea che segue il dossier fiscale, che ha risposto di “non avere commenti né ulteriori informazioni da condividere in questo momento”.
Una revisione storica: le accise come risorse proprie dell’Ue
Il cuore della proposta si trova in una riga quasi nascosta di un documento del governo tedesco: “Nuove fonti di risorse proprie si potrebbero sviluppare dove appropriato, per esempio attraverso le imposte sul tabacco”.
Tradotto: una parte delle accise sul tabacco che oggi vanno agli Stati membri potrebbe finire direttamente nelle casse di Bruxelles, come accade per altri strumenti di finanziamento comunitario (ad esempio il sistema ETS sulle emissioni). La proposta farebbe parte del pacchetto di 17 documenti che la Commissione presenterà a partire dal 16 luglio, nell’ambito dei negoziati per il prossimo Quadro Finanziario Pluriennale (MFF), che partirà nel 2028.
Stangata sui consumatori: aumenti fino al 1000% delle accise
I contenuti emersi dalle bozze delineano un aumento drastico della tassazione:
- +139% per le sigarette tradizionali,
- +258% per i tabacchi trinciati,
- +1.090% per i sigari,
- forti rincari anche su tabacco riscaldato, e-cigarette e bustine di nicotina.
Secondo stime interne dell’Unione, ciò comporterebbe un incremento medio dei prezzi superiori al 20%, con un impatto sull’inflazione di circa mezzo punto percentuale in più. In Italia, un pacchetto di sigarette potrebbe costare oltre un euro in più.
Se da un lato la Commissione sostiene che questo possa contribuire a ridurre i consumi per ragioni di salute pubblica, dall’altro alcuni casi (come quello francese) in cui i prezzi delle sigarette sono aumentati in modo rapido e massiccio raccontano una storia diversa: un’impennata del mercato nero.
Il rischio di un boom del contrabbando
Le associazioni di categoria e diversi governi europei hanno già lanciato l’allarme: rincari di questa portata creerebbero un incentivo enorme per i circuiti di contrabbando e le vendite illecite.
La logica è semplice: maggiore è il differenziale di prezzo con i Paesi extra-UE o con i canali illegali, maggiore diventa la convenienza per chi introduce tabacco di contrabbando. Già oggi il mercato parallelo vale miliardi di euro, e un aumento di questo tipo lo moltiplicherebbe, ipotesi confermata anche da un funzionario europeo citato da Euractiv: “Il rischio è che si perda più gettito di quello che si incassa”.
La battaglia politica per la sovranità fiscale
Il secondo punto critico riguarda la sottrazione di gettito fiscale ai bilanci nazionali. Le accise sul tabacco sono una voce importante di entrata: si stima che la mossa della Commissione sottrarrebbe alle casse degli Stati membri circa 15 miliardi di euro l’anno, un margine di manovra importante che tradizionalmente viene usato anche per far quadrare i conti pubblici.
Le reazioni sono state immediate. La Svezia ha definito la proposta “completamente inaccettabile”. La ministra delle Finanze, Elisabeth Svantesson, ha dichiarato su X che il gettito “deve restare ai singoli Paesi, non finire nelle mani della burocrazia europea”. Non è un caso che Stoccolma si muova con questa veemenza: In Svezia, l’uso diffuso dello snus, bustine di tabacco senza combustione che si mettono sotto il labbro, ha portato a una forte diminuzione delle malattie correlate al fumo. Negli ultimi decenni, il tasso di fumatori è crollato dal 15% al 5% circa, e la mortalità per cancro polmonare e altre patologie legate al fumo tra gli uomini svedesi è risultata tra le più basse d’Europa – si stima una riduzione del 54% rispetto alla media Ue.
Il rebus dell’unanimità
Sul piano procedurale, la strada sarà tortuosa. Perché una revisione della Tobacco Excise Directive entri in vigore serve l’unanimità dei Ventisette. E se anche la Commissione cercasse di aggirare l’ostacolo vincolando la misura al Quadro Finanziario Pluriennale, l’opposizione di più governi potrebbe bloccare l’accordo.
Secondo i documenti trapelati e le prime reazioni politiche, i principali Stati membri contrari a una simile riforma sarebbero, oltre alla Svezia, anche Italia, Grecia, Romania e Bulgaria. L’Italia, che fa affidamento su un gettito stabile derivante dalle accise sul tabacco, è da tempo scettica sull’armonizzazione fiscale europea e vede nella proposta un precedente pericoloso sul piano della sovranità tributaria. Grecia, Romania e Bulgaria condividono preoccupazioni analoghe: le entrate derivanti dalla tassazione del tabacco costituiscono una voce importante nei bilanci pubblici, mentre l’aumento dei prezzi potrebbe alimentare un mercato parallelo già diffuso, specie nei Paesi dell’Est Europa.
Anche altri governi, come la Polonia, la Spagna, il Portogallo, la Croazia e l’Ungheria, pur non avendo ancora assunto una posizione ufficiale, osservano con diffidenza l’ipotesi di una tassa europea che rischia di penalizzare i bilanci nazionali e di incrementare il contrabbando.
Tra salute pubblica e finanze, una partita tutta politica
La Commissione difende l’idea come un passo necessario per garantire nuove risorse all’Unione, in un momento in cui la spesa aumenta – dalla difesa comune alla transizione verde. Ma i governi temono un precedente pericoloso: se Bruxelles potesse prelevare direttamente gettito da imposte tradizionalmente nazionali, si aprirebbe un fronte di scontro sulla sovranità fiscale. E sullo sfondo resta un rischio concreto: un incremento del contrabbando che potrebbe vanificare sia le ambizioni sanitarie, sia le promesse di nuove entrate.