Il gas russo non arriva più in Europa e i prezzi, complici le rigide temperature, sono subito schizzati. Nei primi giorni del 2025, il gas naturale ha subito raggiunto i 50 euro al Megawattora, toccando i livelli preoccupanti dell’ottobre 2023, quando la crisi energetica toglieva ossigeno ai consumatori e alle aziende europee, con gravi effetti inflattivi.
Gas russo bloccato, la serenità di Bruxelles e la rabbia di Fico
Da allora, però, tante cose sono cambiate. Gran parte dei Paesi europei ha trovato risorse alternative, mentre chi non lo ha fatto accusa Zelensky, reo di aver interrotto l’accordo per il transito del gas russo di Gazprom tramite Kiev. È il caso del primo ministro slovacco Robert Fico che subito dopo l’annuncio del presidente ucraino è volato a Mosca per esprimere vicinanza a Vladimir Putin. A poche ore di distanza, parlando da Bruxelles, il premier slovacco ha attaccato Zelensky: “Se c’è qualcuno che impedirà il transito del gas verso la Repubblica Slovacca, se c’è qualcuno che causerà un aumento dei prezzi del gas nel territorio europeo, se c’è qualcuno che causerà un enorme danno economico all’Unione europea, quello è il presidente Zelensky”.
Non solo Slovacchia. Fino al 31 dicembre scorso, dal gasdotto russo che collega Sudzha, città della regione russa di Kursk attualmente sotto il controllo delle forze ucraine, a Uzhorod, al confine tra Ucraina e Slovacchia, si rifornivano anche altri tre Paesi europei. Nel 2023, a Bratislava sono giunti 6,5 miliardi di metri cubi di gas russo, a Vienna 6 miliardi, a Budapest circa un miliardo. Situazione diversa per l’Italia, che a dicembre ha incamerato 526 milioni di metri cubi di gas dallo snodo di Tarvisio (dati Snam) solo parzialmente derivanti da Mosca (gli altri derivanti da stoccaggi di Austria e Germania).
Dal canto suo, il presidente ucraino esulta sui social: “Quando Putin ha preso il potere in Russia più di 25 anni fa, il pompaggio annuale di gas attraverso l’Ucraina verso l’Europa era di oltre 130 miliardi di metri cubi. Oggi il transito di gas russo è pari a 0″, scrive il presidente ucraino commentando la sospensione dell’accordo avviato nel 2019. Secondo Kiev, il danno per il Cremlino sarà tra i 5 e 6,5 miliardi di dollari all’anno, mentre l’Ucraina rinuncia a circa un miliardo di dollari in accise.
Bruxelles non è preoccupata per la chiusura dei rubinetti da parte di Gazprom: “L’Ue è ben preparata ad affrontare la fine del transito del gas attraverso l’Ucraina, grazie agli sforzi di collaborazione della Commissione e degli Stati membri”, scrive la Commissione europea, indicando “quattro principali percorsi di diversificazione” per garantire i volumi necessari di approvvigionamento.
Le rassicurazioni dell’esecutivo comunitario non sono condivise all’unanimità. Sebbene “non ci saranno carenze di gas per i servizi essenziali”, serve considerare l’impatto dei prezzi alti nella stagione estiva (quando si stocca il gas per l’inverno) e il rischio di guasti o sabotaggi alle infrastrutture con cui i fornitori principali riforniscono l’Ue di gas naturale, avverte all’Adnkronos. “Non ci sono i fondamentali per un calo dei prezzi prima della fine del 2025”, avverte Francesco Sassi – Research Fellow in geopolitica dei mercati energetici presso il think tank Rie – sentito dall’Adnkronos.
Se le parole sono opinabili, i numeri non lo sono: i prezzi del gas sono fino a quattro volte più alti rispetto alla media 2010-2019, ricorda ancora Sassi per cui la crisi energetica è diventata ormai strutturale con inevitabili ricadute geopolitiche: “L’Ue insiste che non è più dipendente dal gas russo, ma gli operatori “non credono che da qui al 2027 – anno in cui l’Ue dovrebbe abbandonare completamente l’approvvigionamento di gas russo – la situazione sarà sotto il pieno controllo delle autorità europee”, aggiunge l’esperto.
Di tenore diverso tenore il giudizio di Simone Tagliapietra sul nuovo corso energetico: “Era prevedibile una certa volatilità dei prezzi con la fine dell’accordo di transito del gas russo attraverso l’Ucraina”, ma “grazie al lavoro di preparazione e coordinamento tra gli Stati europei interessati non ci sono problemi di sicurezza degli approvvigionamenti“, rassicura il Senior Fellow di Bruegel all’Adnkronos.
I quattro percorsi per il gas Ue
Dall’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022, la quota di gas russo sul mercato europeo è scesa da circa il 35% a circa l’8%. Il calo è in linea con il ‘REPowerEu‘ dove Bruxelles ha stabilito l’impegno di liberarsi dai combustibili fossili russi al più tardi entro il 2027. Dopo la sospensione dell’accordo sul transito del gas russo, l’Ue punta sui “terminali Gnl in Germania, Grecia, Italia e Polonia ma forse anche dalla Turchia”, come scrive l’esecutivo europeo.
La crescente indipendenza da Mosca è anche il risultato della strategia rinnovabile di Bruxelles. Come certificato dalla Relazione sullo stato dell’Unione dell’energia 2024, nei primi sei mesi del 2024 metà della generazione di elettricità dell’Ue proveniva da fonti rinnovabili. La quota di gas russo nelle importazioni è scesa dal 45% nel 2021 al 18% nel giugno 2024, mentre sono aumentate le importazioni da altri Paesi come Norvegia e Stati Uniti.
Tra agosto 2022 e maggio 2024 la domanda di gas è stata ridotta di 138 miliardi di metri cubi. In questo modo, l’Ue ha raggiunto il 19 agosto 2024 il suo obiettivo di stoccaggio invernale del gas del 90% ben prima della scadenza del primo novembre. Soddisfatta Kadri Simson: “Non siamo più in balia dei gasdotti di Putin”, ha commentato la Commissaria per l’energia europea a margine della pubblicazione della Rapporto.
Un risultato che, spiega la Commissione, è arrivato dopo aver “lavorato per più di un anno alla preparazione di questo scenario”.
La situazione drammatica della Transnistria
Per ora, le conseguenze più gravi sono pagate dalla Transnistria, dove l’inizio del nuovo anno è coinciso con il taglio del riscaldamento e dell’acqua calda. Bruxelles ha riconosciuto la situazione critica della regione separatista moldava: “È fondamentale che la Moldavia acceda a forniture alternative per coprire la domanda di gas della Transnistria”, ha scritto la Commissione nella sua valutazione sullo stop al transito dall’Ucraina. A causa dei conflitti interni, i 450mila abitanti della Transnistria non potranno compensare la perdita del gas russo dalle proprie riserve né importando il gas dalla Romania come invece avviene per la maggior parte dei 2,5 milioni di abitanti della Moldavia.
Come ricordato da Sassi, la questione moldova sarà un banco di prova cruciale per l’Europa, mentre il governo filoeuropeo parla del rischio di un collasso energetico regionale e si preannunciano tensioni con l’enclave filorusso della Transnistria.