Stavolta la spia non viene dal freddo, ma lavora al freddo. Se una volta il nemico era la Russia, come ricordava il titolo di un celebre romanzo giallo di John Le Carrè, ora occorre diffidare anche degli amici, o forse ex tali. La Danimarca ieri ha convocato il più alto diplomatico statunitense a Copenaghen per chiedergli conto di alcune “operazioni segrete” condotte da americani in Groenlandia per influenzare l’opinione pubblica locale, ai danni di Copenaghen. L’Isola artica fa attualmente parte del Regno di Danimarca come territorio autonomo. “Non spiamo gli amici”, ha affermato il ministro degli Esteri danese Lars Løkke Rasmussen. Ma l’episodio è solo l’ultimo di una serie che da gennaio sta incrinando sempre più i rapporti tra i due alleati.
La longa manus di Trump sulla Groenlandia
Secondo l’emittente danese DR, che ha citato fonti anonime (otto, governative e di autorità centrali, in Groenlandia e negli Stati Uniti), almeno tre americani legati al presidente Donald Trump, anche se non è ancora chiaro se agissero di propria iniziativa o su ordine di terzi, avrebbero condotto operazioni segrete per manipolare i groenlandesi e portarli dalla parte dell’annessione agli Usa. Le attività andrebbero dalla compilazione di liste di groenlandesi favorevoli o contrari agli Stati Uniti e a Trump allo sviluppo di contatti politici e commerciali, fino all’invito alla gente del posto a segnalare casi da utilizzare per mettere in cattiva luce la Danimarca.
L’elenco dei favorevoli, riporta ancora DR, sarebbe servito a reclutare persone per un movimento secessionista in Groenlandia e Danimarca. L’emittente ha fatto sapere anche di conoscere i nomi delle persone coinvolte ma di non divulgarli per proteggere le proprie fonti.
Il Dipartimento di Stato americano ieri ha confermato che l’incaricato d’affari Usa, Mark Stroh, ha incontrato funzionari del Ministero degli Esteri danese, ma non ha commentato quelle che ha definito “azioni di privati cittadini statunitensi”, che il governo “non controlla né dirige”.
Ha aggiunto poi che Stroh “ha avuto una conversazione produttiva e ha ribadito i forti legami tra il governo della Groenlandia, gli Stati Uniti e la Danimarca”, e che gli Usa rispettano “il diritto del popolo della Groenlandia a determinare il proprio futuro”.
La Danimarca: “Interferenze inaccettabili”
Il servizio di sicurezza e intelligence danese (PET), contattato da DR, avrebbe affermato che il territorio “è un bersaglio per campagne di influenza di vario genere“, con lo scopo di alterare i rapporti tra Groenlandia e Danimarca, “sfruttando disaccordi esistenti o inventati o promuovendo o amplificando determinati punti di vista in Groenlandia riguardo al Regno, agli Stati Uniti o ad altri Paesi con un interesse particolare in Groenlandia”, e di aver rafforzato il monitoraggio in collaborazione con le autorità groenlandesi.
A maggio il Wall Street Journal ha rivelato che ai servizi segreti statunitensi era stato ordinato di intensificare lo spionaggio sul movimento indipendentista groenlandese e di identificare le persone in Groenlandia e Danimarca favorevoli ai piani di Trump. La strategia, secondo le fonti del WSJ, sarebbe divisa in tre fasi: inviare il figlio Donald Trump junior sull’isola, cosa avvenuta a gennaio prima ancora dell’insediamento del tycoon alla Casa Bianca, inviare il vice presidente JD Vance, com’è successo a marzo, e infiltrarsi nella società groenlandese.
Rasmussen ha definito “inaccettabile” ogni tentativo di interferire negli affari interni del Regno e che la cooperazione tra i governi di Danimarca e Groenlandia “è stretta e basata sulla fiducia reciproca”.
Il ministro danese ha anche spiegato che “siamo consapevoli che attori stranieri continuano a mostrare interesse per la Groenlandia e per la sua posizione nel Regno di Danimarca; non sorprende quindi che assisteremo a tentativi esterni di influenzare il futuro del Regno”.
Piccola nota: richiamare un diplomatico è uno dei modi principali per gli Stati per esprimere dissenso e protesta verso un altro Paese. In sé per sé non ha grosse conseguenze ma è comunque un segnale di tensione, ed è grave se avviene fra due Nazioni teoricamente alleate, come in questo caso. Normalmente è l’ambasciatore ad essere convocato, ma gli Usa non ne hanno uno in Danimarca, dato che non ne hanno ancora nominato uno, dopo la fine del mandato di quello precedente. L’incaricato d’affari è il secondo diplomatico più alto in grado di un’ambasciata.
Per Trump avere la Groenlandia è “una necessità assoluta”
La Groenlandia, ex colonia danese, è oggi un territorio semiautonomo appartenente al Regno di Danimarca, e Trump vuole da tempo metterci sopra le mani, vista la sua importanza geostrategica, anche militare, e la sue ricchezze minerarie. Il miliardario vuole prendersela fin dal suo primo passaggio alla Casa Bianca, con le buone – pagando – o con le cattive: appena iniziato il suo secondo mandato, ha chiarito di “non escludere l’uso della forza”. E tra le cattive, o quanto meno poco ortodosse verso un alleato, può anche rientrare il fomentare il sentimento indipendentistico dei groenlandesi, ignorando che, se molti di questi vorrebbero staccarsi dalla Danimarca, da cui peraltro dipendono economicamente, dall’altro lato nessuno di loro vuole passare sotto gli Stati Uniti.
Basti pensare alla gelida accoglienza riservata lo scorso marzo al vicepresidente Usa JD Vance che, in visita a una base militare americana su suolo groenlandese, ha dovuto cancellare le altre attività in agenda per le proteste. Vance alla fine si è recato solo alla base di Pituffik, da lì accusando in un discorso la Danimarca di non fare abbastanza per proteggere l’isola dalle minacce russe e cinesi. Mentre Trump assicurava: “In un modo o nell’altro ce la faremo (a prenderla, ndr)”.
Accoglienza molto diversa per il il presidente francese Emmanuel Macron, che a a giugno ha visitato l’isola artica in segno di solidarietà: gli abitanti lo hanno accolto in centinaia.
Un altro chiaro segnale delle intenzioni dei groenlandesi sono state poi le elezioni dello scorso marzo, vinte dal partito più cauto circa l’eventualità di staccarsi dalla Danimarca e contrario a entrare negli Usa.
Intanto, in questi mesi, Danimarca e Groenlandia hanno ripetutamente affermato che l’isola non è in vendita. Ma Trump non si scoraggerà così facilmente.