Nel terzo trimestre del 2025, la Spagna guidata dal primo ministro Pedro Sánchez ha raggiunto 22,39 milioni di occupati, con un aumento di 564.100 unità (+2,58%) rispetto allo stesso periodo del 2024, come dimostrano i dati dell’Instituto Nacional de Estadística (Ine).
Il tasso di disoccupazione è sceso al 10,45%, il livello più basso dall’inizio della crisi finanziaria del 2008. Nello stesso arco temporale, il governo ha portato il salario minimo, a 1.184 euro mensili su 14 mensilità, ovvero 1.381€ mensili su 12 mensilità, segnando un incremento del 4,4% rispetto al 2024. Il modello spagnolo dimostra che salari più alti e diritti rafforzati non distruggono posti di lavoro, ma possono crearne.
I numeri dell’economia spagnola
I dati ufficiali dell’Ine documentano una crescita occupazionale senza precedenti. Nel secondo trimestre 2025, l’occupazione ha raggiunto 22,27 milioni di persone, con un incremento di 503.300 unità rispetto al trimestre precedente e 584.000 rispetto al secondo trimestre 2024. Il numero di disoccupati è sceso a 2,55 milioni, con una riduzione di 236.100 persone rispetto al primo trimestre. Nel terzo trimestre, nonostante la fine della stagione estiva, l’occupazione è salita ulteriormente a 22,39 milioni, con altri 118.400 nuovi posti di lavoro.
La crescita occupazionale si è concentrata nel settore privato, che ha rappresentato oltre il 90% dei nuovi posti di lavoro nel terzo trimestre (107.600 unità), contro i 10.800 del pubblico impiego. Per settore, l’industria ha guidato la creazione con 64.100 nuovi occupati, seguita dai servizi (39.100) e dalle costruzioni (32.600). I contratti a tempo indeterminato sono cresciuti di 530.000 unità tra il terzo trimestre 2024 e il terzo trimestre 2025, per un totale di 16,13 milioni.
Il tasso di occupazione per la fascia 15-64 anni ha raggiunto il 66,5% nel primo trimestre 2025, un record storico secondo l’Ocse. Questo ha ridotto il divario con la media Ocse a soli 3,8 punti percentuali, rispetto ai quasi 10 punti registrati dopo la crisi finanziaria globale dei mutui subprime. Come riportano i dati Eurostat, a fine 2024, il tasso di occupazione spagnolo per la fascia 20-64 anni aveva raggiunto il 71,4% (contro il 67,1% dell’Italia nella stessa fascia di età).
Nel terzo trimestre 2025, il Pil dal settore dei servizi ha raggiunto 290.355 milioni di euro, il massimo storico assoluto per la Spagna.
Il confronto con gli altri Paesi Ue
La Spagna ha ridotto sensibilmente il divario occupazionale con l’Ue, pur mantenendo livelli ancora inferiori rispetto alla media europea. Nel 2024, il tasso di occupazione per la fascia 20-64 anni ha raggiunto il 71,4% in Spagna, rispetto al 75,8% della media Ue. Nel secondo trimestre 2025, il tasso di occupazione dell’Unione europea è salito al 76,2%, in aumento di 0,1 punti rispetto al primo trimestre, con 198 milioni di occupati totali.
La crescita occupazionale spagnola procede a ritmi superiori alla media europea. Tra il 2015 e il 2024, l’occupazione in Spagna è cresciuta più rapidamente rispetto alla media Ue-27, nonostante la caduta più marcata durante la pandemia del 2020. Secondo le previsioni di Cedefop, centro europeo per lo sviluppo della formazione professionale, nel periodo 2020-2035 l’occupazione spagnola crescerà dell’1,1% annuo, circa tre volte più velocemente della media Ue-27 (0,3-0,4% annuo).
Il divario principale riguarda il tasso di disoccupazione. A settembre 2025, la Spagna registrava un tasso del 10,5% (rivisto al rialzo rispetto al 10,3% inizialmente comunicato), il più alto nell’Unione europea, contro il 6% della media Ue e il 6,3% dell’eurozona. Nel terzo trimestre 2025, il tasso spagnolo si attestava al 10,45%, in lieve aumento rispetto al 10,29% del secondo trimestre, nonostante l’occupazione abbia raggiunto il record storico di 22,39 milioni. Nella fascia 15-64 anni il tasso di occupazione ha raggiunto il 66,5% nel primo trimestre 2025, riducendo il divario con la media Ocse da 10 punti del 2008 a 3,8 punti percentuali rispetto ai quasi 10 punti registrati dopo la crisi del 2008.
L’Ocse prevede che il tasso di disoccupazione spagnolo scenda ulteriormente al 10,7% entro fine 2025 e al 10,1% nel 2026, beneficiando della forte domanda interna, che è sostenuta dall’aumento salariale.

Tra il primo e il secondo trimestre 2025, secondo Eurostat, la Spagna ha registrato una crescita dell’occupazione superiore alla maggior parte dei Paesi europei, anche se alcuni Paesi baltici hanno mostrato incrementi più marcati, come Lettonia (+1,3 punti percentuali) ed Estonia (+0,8 punti). Il divario di genere nell’occupazione rimane più ampio in Spagna rispetto alla media europea: nel 2024, nell’Unione europea il tasso di occupazione maschile era dell’80,8% contro il 70,8% femminile, con Spagna, Italia e Grecia tra i Paesi con i divari più marcati.
La riforma del lavoro voluta da Sánchez
Il modello spagnolo portato avanti dall’esecutivo di Pedro Sánchez si fonda su due pilastri ben noti nel dibattito politico recente e nella storia della macroeconomia:
- aumenti salariali significativi;
- riduzione della precarietà contrattuali
La riforma del lavoro approvata nel dicembre 2021, attraverso il Real Decreto-ley 32/2021, ha modificato lo Statuto dei lavoratori in quattro aree: semplificazione dei contratti, contrattazione collettiva, subappalto e meccanismi di flessibilità interna.
L’intervento più incisivo ha riguardato i contratti temporanei. Il testo ufficiale della riforma, pubblicato nel Boletín Oficial del Estado (Boe) il 30 dicembre 2021, stabilisce che il contratto a tempo indeterminato diventa la norma, mentre il contratto per opera o servizio viene eliminato.
Le tipologie di contratti a termine sono ridotte a due: quello per circostanze produttive temporali (affini ai nostri contratti stagionali) con un limite di sei mesi estendibili fino a un anno tramite contrattazione collettiva, e quello di sostituzione temporanea (come nel caso della sostituzione per maternità). Qualsiasi irregolarità contrattuale comporta la conversione automatica in contratto a tempo indeterminato, con sanzioni fino a 10.000 euro per ciascun lavoratore coinvolto.
Il risultato è stato una riduzione drastica del tasso di contratti a tempo determinato. Secondo CaixaBank Research, il tasso è passato dal 29,7% medio del periodo 2014-2019 al 12,7% nel 2024, avvicinandosi alla media europea. Nel primo trimestre 2025, il tasso di temporaneità si attestava al 15,1%, trainato dal settore pubblico (28% di precarietà contro il 13% del privato). Nella Spagna socialista di Sánchez, è il privato sta
Sul fronte salariale, il salario minimo è aumentato da 735 euro mensili nel 2018 a 1.184 euro nel 2025 (14 mensilità), pari a 16.576 euro annui. L’incremento 2025 di 50 euro mensili (+4,4%) ha beneficiato principalmente lavoratori vulnerabili, il 60% dei quali sono donne. La riforma ha anche ripristinato la priorità degli accordi settoriali su quelli aziendali in materia salariale e l’ultrattività indefinita dei contratti collettivi in caso di mancato rinnovo.
Perché il modello Sánchez sta funzionando
La teoria economica classica prevede che aumenti del salario minimo comportino perdite occupazionali. Nel caso spagnolo, questo non è avvenuto. Secondo Eurofound, le ricerche più recenti concordano sul fatto che gli incrementi non hanno determinato cali occupazionali complessivi, sebbene alcuni studi abbiano identificato effetti negativi limitati su gruppi specifici come giovani o lavoratori poco qualificati. La capacità di consumo rafforzata dai salari più alti ha sostenuto la domanda aggregata, creando un circolo virtuoso tra redditi, consumi e occupazione. Proprio in questo meccanismo si denota un apparente paradosso: la crescita economia di un Paese a guida socialista è trainata dal settore privato.
Il Fondo monetario internazionale ha analizzato gli effetti della riforma del 2021, confermando che la riduzione della temporaneità e il rafforzamento dei diritti non hanno frenato la creazione di posti di lavoro. La stabilità contrattuale incentiva le imprese ad investire in formazione del personale, aumentando produttività e competitività.
Uno spunto interessante qui
Spagna, eccezione in un’Europa che va a destra
La Spagna rappresenta un’anomalia nel panorama politico europeo. Mentre i gruppi parlamentari di destra radicale (Ecr, PfE ed Esn) hanno raggiunto 214 seggi nel Parlamento europeo a maggio 2025, Madrid persegue politiche redistributive e di rafforzamento dei diritti del lavoro.
Nonostante l’instabilità politica interna — Sánchez non è ancora riuscito a far approvare il bilancio 2025 — e il sostegno parlamentare limitato, il governo ha mantenuto la rotta sulle politiche del lavoro. La riforma del 2021 è stata la prima grande riforma del lavoro nella storia democratica spagnola approvata con il consenso delle organizzazioni sindacali (Ccoo e Ugt) e imprenditoriali (Ceoe e Cepyme).
Il modello spagnolo si distingue anche sul piano demografico. Mentre il dibattito europeo sull’immigrazione si polarizza, Sánchez ha definito i flussi migratori come una delle risposte all'”inverno demografico” che rischia di ridurre la forza lavoro spagnola di 4 milioni di persone nei prossimi 25 anni. Secondo l’Ocse, le proiezioni demografiche indicano che entro il 2060 la popolazione in età lavorativa della Spagna si ridurrà del 30%, con il calo più marcato dell’intera area Ocse.
“Per la prima volta, abbiamo più di 22 milioni di persone che lavorano. L’economia spagnola sta avanzando fortemente, e lo sta facendo creando posti di lavoro di qualità”, ha dichiarato il primo ministro Pedro Sánchez a luglio scorso.
