Smacco per l’Unione europea: Orbán ottiene da Trump l’esenzione alle sanzioni contro la Russia

In un incontro a Washington, il premier ungherese agguanta una deroga di un anno, ma si impegna ad acquistare gas, armi e combustibile nucleare americani. Budapest si conferma una spina nel fianco dell'Unione europea, impegnata nell'abbandono dell'energia russa
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Trump Orban Incontro Ipa Ftg
Da sinistra, il presidente Usa Donald Trump e il premier ungherese Viktor Orbán (Ipa/Fotogramma)

Viktor Orbán ottiene la desiderata esenzione dalle sanzioni Usa contro il petrolio russo e sbeffeggia l’Unione europea, che dell’addio al greggio di Mosca ha fatto uno degli obiettivi principali della propria politica energetica. Il blocco punta infatti all’indipendenza dalla Federazione e allo stesso tempo a costringere Putin a più miti consigli, tagliando la principale fonte finanziaria che alimenta la sua guerra in Ucraina.

Ma in cosa consiste nel dettaglio l’esenzione ottenuta dal premier ungherese, volato a Washington venerdì 7 novembre per un incontro programmato con il suo idolo politico? Al centro dei colloqui c’erano proprio le sanzioni recentemente decise contro la Russia dal presidente americano, e la contropartita da dare – ovviamente – a quest’ultimo, che basa i rapporti internazionali sul do ut des.

Al termine dell’incontro, il ministro degli Esteri magiaro Peter Szijjarto ha scritto su X: “Gli Stati Uniti hanno concesso all’Ungheria un’esenzione totale e illimitata dalle sanzioni su petrolio e gas. Siamo grati per questa decisione, che garantisce la sicurezza energetica dell’Ungheria“.

Funzionari dell’amministrazione americana hanno affermato che l’esenzione durerà un anno. Meno netto ma di fatto d’accordo Trump, che venerdì ha commentato: “Stiamo esaminando la questione, per l’Ungheria è difficile avere gas e petrolio da altre parti, non hanno il vantaggio di avere lo sbocco al mare e ai porti”.

In realtà il Paese delle alternative ce le ha. E lo ha confermato la principale azienda energetica ungherese, MOL, che ha affermato di poter sostituire l’80% del greggio russo attraverso l’oleodotto dalla Croazia. Senza contare i gasdotti in Germania e in Polonia.

Il prezzo dell’esenzione

In ogni caso, tutto ha un prezzo, soprattutto se in mezzo c’è Trump. Perciò, anche se il governo ungherese ha presentato l’esenzione come una grande vittoria, tralasciando il fatto che è provvisoria e inferiore a quanto desiderato, la concessione comunque non è arrivata solo per amicizia e comunanza di vedute.

Budapest infatti si è impegnata ad acquistare dagli Usa armi, gas naturale liquefatto e combustibile nucleare. Quanto al primo punto, si parla di materiale bellico per 700 milioni di dollari, come comunicato dopo l’incontro dal Dipartimento di Stato. Le forze armate ungheresi avranno accesso alle più recenti tecnologie militari, ha annunciato il premier magiaro. Quanto al gas naturale liquefatto (Gnl), Budapest si è impegnata per circa 600 milioni di dollari di acquisti dagli Stati Uniti, in tal modo diversificando le sue fonti energetiche rispetto alla Russia. Peraltro Mol ha fatto sapere di stare modificando due raffinerie perché possano lavorare il petrolio statunitense invece di quello russo.

Quanto invece al terzo, rilevante, punto, Budapest comprerà dalla società statunitense Westinghouse combustibile nucleare per 114 milioni di dollari per la centrale di Paks I. Previsto poi un investimento tra i 100 e i 200 milioni di dollari per il deposito di scorie della stessa centrale e un trasferimento di tecnologia per i reattori modulari di piccole dimensioni (Smr), con un investimento stimato tra i 10 e i 20 miliardi di dollari. Le sanzioni statunitensi sulla centrale nucleare Paks II, attualmente sospese, saranno revocate.

Infine, Szijjártó ha annunciato la partecipazione di aziende spaziali ungheresi alla costruzione di una nuova stazione spaziale commerciale.

Trump: “L’Ue deve rispettarlo, è un grande leader”

Più in generale, Trump ha elogiato Orbán ammonendo l’Unione europea: “L’Ue deve rispettare l’Ungheria e il suo leader, e rispettarlo molto, perché ha ragione sull’immigrazione“. “È un grande leader”, ha detto ancora Trump, specificando che “non è necessariamente apprezzato da tutti i leader, ma quei leader si sono dimostrati in errore. Se guardate alla sua posizione sull’immigrazione e a quella dell’Europa – che ha fatto errori enormi che sta pagando a caro prezzo – lui non ha mai commesso errori sull’immigrazione”.

La Commissione europea non ha commentato né l’incontro né l’esenzione ottenuta da Orban, né gli abbracci tra i due leader, sostanzialmente concordi su tutto, anche nel ritenere che l’Ucraina possa vincere il conflitto solo con “un miracolo”.

Ricordiamo che proprio a Budapest si sarebbe dovuto tenere un incontro tra Trump e Putin, dopo quello di Ferragosto in Alaska, da cui non era uscito sostanzialmente nulla di concreto. Un incontro prima annunciato e poi annullato dal leader americano perché “non penso sarebbe successo nulla”. Il presidente americano ha di conseguenza deciso di sanzionare la Russia, dopo aver minacciato a vuoto di farlo per settimane.

Parlando con i giornalisti in occasione dell’incontro con Orbán, l’inquilino della Casa bianca ha confermato di desiderare la capitale ungherese come sede di un vertice futuro che al momento non è nemmeno all’orizzonte.

“Un’ancora di salvezza per le elezioni”

L’esenzione, sebbene di un anno, è comunque molto importante per Orbán, che ad aprile dovrà fronteggiare delle elezioni casalinghe che per la prima volta in 15 anni lo vedono sfavorito. Grazie alla concessione di Trump potrà ora battere sul fatto che ha garantito le importazioni a prezzo scontato dalla Russia: un tassello chiave del suo consenso. Potrà anche presentarsi come amico del presidente Usa e contare sul ‘peso politico’ di quest’ultimo. Un’operazione che ha un precedente, di successo, nell’Argentina di Javier Milei. Il principale oppositore del premier, Peter Magyar, ha infatti commentato: “Trump sta offrendo a Orbán un’ancora di salvezza, un salvagente politico ed economico in vista delle elezioni”.

D’altronde l’amministrazione Trump ha già tentato in vari modi di influenzare le elezioni che si sono tenute in Europa negli ultimi mesi, e Orbán è il leader più europeo a lui più vicino: utile per dividere, rallentare o bloccare (con i veti) l’Unione europea e come testa di ponte per portare l’agenda Maga nel Vecchio Continente. “L’Ungheria è gestita nel modo giusto e avrà successo alle prossime elezioni”, ha vaticinato il tycoon venerdì.

Si complica il phase out europeo dall’energia russa

Ungheria a parte, la strada europea verso il phase out (l’abbandono) del petrolio e del gas russi, deciso dall’Ue dopo l’invasione dell’Ucraina e peraltro richiesto più e più volte dallo stesso Trump, si complica. Oltre alla resistenza di Budapest e Bratislava (Slovacchia), che negli ultimi quasi quattro anni hanno anzi incrementato le quote di importazione da Mosca, le sanzioni decise da Trump ora stanno portando scompiglio anche in altri Paesi quali Romania e Bulgaria, che ospitano raffinerie dell’azienda petrolifera russa Lukoil, colpita dalle misure a stelle e strisce.

Venerdì il Parlamento bulgaro ha approvato in tutta fretta (la votazione in commissione è durata 30 secondi) una legge d’emergenza che consente al governo di gestire, vendere o nazionalizzare la raffineria di Burgas, di proprietà della russa Lukoil, che copre circa l’80% del fabbisogno di carburante nazionale.

In Romania, dove la raffineria Petrotel di Lukoil a Ploieşti copre circa il 20% della domanda interna, l’esposizione è minore, ma una chiusura avrebbe ripercussioni sulla vicina Moldova, ancora dipendente dal petrolio russo e dove le recenti elezioni sono state fortemente in bilico tra Europa e Russia. Il governo di Chișinău ha già presentato un’offerta di acquisto per gli asset locali di Lukoil, ma la vendita delle aziende sanzionate da Trump resta un tema complesso, per via dei rischi legali e finanziari legati alle sanzioni, ai costi assicurativi e agli investimenti necessari. Senza contare la necessità di evitare che la Russia possa eludere le misure statunitensi attraverso cessioni frammentate o triangolazioni commerciali. La Moldova intanto ha a sua volta chiesto agli Stati Uniti una proroga delle sanzioni.

Trump le concederà? Se lo facesse, svuoterebbe di senso le misure da lui stesso decise e la richiesta all’Europa di smettere di comprare energia russa. Già l’esenzione accordata a Orbán appare incoerente con le sue stesse pretese, e d’altra parte negarla a Bratislava, Bucarest, Chișinău e Sofia sarebbe incoerente rispetto al trattamento riservato a Budapest. Ma Trump non fa certamente della coerenza la propria bandiera, rispondendo piuttosto a una logica di utilità.