Sentenza Pfizergate: Commissione colpevole di non aver rispettato le norme sulla trasparenza

Al centro della questione il rifiuto di pubblicare il contenuto delle chat tra la presidente Ue Ursula von der Leyen e il ceo del colosso farmaceutico Albert Bourla, in occasione della maxi-commessa sui vaccini contro il Covid-19
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Ursula von der Leyen
Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea (Afp)

Sul caso ‘Pfizergate’ la Commissione europea è colpevole di non aver dato reso pubbliche le chat tra la sua presidente Ursula von der Leyen e il ceo di Pfizer Albert Bourla durante la pandemia da Covid-19, in occasione dell’accordo multimiliardario tra l’Unione e il colosso farmaceutico sulla fornitura dei vaccini. L’accordo, finalizzato a maggio 2021, prevedeva che l’Ue acquistasse fino a 1,8 miliardi di dosi del vaccino Pfizer-BioNTech.

Il nodo: le chat sono ‘documenti’?

Sul caso si è pronunciata nella prima mattina del 14 maggio la Corte di giustizia dell’Ue. In sostanza, la Commissione ha violato le norme sulla trasparenza. Al centro della questione infatti c’era il rifiuto di pubblicare il contenuto della chat scritte tra von der Leye e Bourla, e se queste siano da considerare ‘documenti’, quindi da rendere noti in base alle regole sulla trasparenza.

Il Tribunale europeo di Lussemburgo ha deciso che la Commissione “non ha fornito una spiegazione plausibile per giustificare” il rifiuto alla richiesta di un giornalista di accedere ai testi.

Secondo il regolamento dell’Ue sull’accesso ai documenti, la Commissione deve fornire “spiegazioni credibili che consentano al pubblico e al Tribunale di comprendere perché tali documenti non possono essere reperiti”, ha sottolineato la Corte. Ma l’organo esecutivo europeo non ha dimostrato in modo plausibile che i testi “non contenessero informazioni importanti” e che quindi non fosse suo obbligo conservarli, registrarli come documenti e poi consegnarli su richiesta.

Va notato poi che i giudici del Tribunale dell’Ue si sono già pronunciati contro la decisione della Commissione di oscurare parti dei contratti sui vaccini prima di renderli disponibili, non ritenendo valida la giustificazione di aver posto gli ‘omissis’ per proteggere la privacy del personale e gli interessi commerciali delle aziende coinvolte.

Le implicazioni della sentenza

La sentenza potrebbe avere importanti ricadute sia su von der Leyen, che ha personalmente firmato l’accordo, il più sostanzioso nella storia del blocco in termini monetari, sia sull’organo che essa presiede, teoricamente chiamato a rispettare e far rispettare le norme. In entrambi i casi, la reputazione non potrà che uscirne intaccata, offrendo il fianco a facili critiche soprattutto dalle forze più euroscettiche. Sono in molti, non necessariamente tra gli estremisti, a lamentare segretezza e opacità istituzionale dei più alti livelli istituzionali del blocco.

La pronuncia, inoltre, potrebbe avere implicazioni su come i massimi funzionari dell’Unione conducono i loro affari a porte chiuse.

Le tappe principali del Pfizergate

Tutto ha inizio nel 2022, quando il New York Times ha avviato un’azione legale alla Corte di Giustizia dell’Unione europea contro la decisione della Commissione di non pubblicare i messaggi di testo in questione, la cui esistenza era stata rivelata dallo stesso quotidiano nel 2021. E confermata dalla Commissione dopo molto tempo e molte ambiguità.

L’avvocato dell’organo esecutivo Ue ha tuttavia negato anche in queste ultime fasi l’importanza dei messaggi, e ha sostenuto che sarebbero stati conservati, e potenzialmente resi disponibili, se fossero stati correlati alle negoziazioni del contratto con Pfizer.

Nel giugno 2022 si è espressa in merito la mediatrice europea Emily O’Reilly (analoga al difensore civico italiano) che aveva definito la negoziazione del contratto un esempio di “cattiva amministrazione” e la mancata pubblicazione dei messaggi “”campanello d’allarme” per le istituzioni comunitarie.

La storia è proseguita nel 2023, quando un lobbista belga, Frédéric Baldan, ha presentato una denuncia penale alle autorità giudiziarie di Liegi per gli sms tra von der Leyen e Bourla. Le accuse andavano da “usurpazione di funzioni e titoli” a “distruzione di documenti pubblici” e infine “appropriazione illegale di interessi e corruzione”.

Secondo il lobbista, infatti, la presidente della Commissione avrebbe agito al di fuori dei trattati Ue e del proprio mandato, andando anche a minare la fiducia nelle istituzioni comunitarie.

A questa denuncia si sono aggiunti Paesi come la Polonia e l’Ungheria, in scontro con la Commissione che li accusava di violare i principi dello Stato di diritto. La Polonia vorrebbe ora ritirare il proprio ricorso, ipotesi però non prevista dalla legge belga.

A maggio del 2023, il Belgio ha poi trasmesso la denuncia alla Procura europea (Eppo, European Public Prosecutor’s Office), che ha il compito di indagare, perseguire e portare in giudizio i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Ue. L’organo giudiziario si è dichiarato competente in materia e nel maggio 2024 ha reso noto che stava investigando già da ottobre 2022 sul ‘Pfizergate’, ma di non aver mai rivelato i dettagli per proteggere l’esito dell’inchiesta.

Più recentemente, lunedì scorso durante un briefing con i giornalisti, un funzionario della Commissione ha sottolineato come tutti i contratti europei sui vaccini siano stati negoziati con il sostegno dei paesi dell’Ue e con un costante lavoro comune. Ma questa e le altre argomentazioni avanzate dall’organo esecutivo Ue evidentemente non hanno convinto.

Ora la Commissione può presentare ricorso alla Corte di giustizia, la massima autorità giudiziaria dell’Unione.