Migrazione, richieste di asilo, rifugiati politici: in sintesi? Esseri umani. Lo sottolinea con forza Amnesty International, il movimento globale di volontari che ha acceso i riflettori sul centro per rifugiati a Samos, in Grecia, finanziato dall’Unione europea.
“Abrogare urgentemente le norme che causano sistemica e illegale privazione della libertà”, chiede Amnesty a tutela delle persone richiedenti asilo attualmente collocate nel “Centro chiuso ad accesso controllato” sull’isola. E “ritenere la Grecia responsabile delle violazioni dei diritti umani in quella struttura” è l’appello rivolto all’Unione europea.
Cosa preoccupa? Che questo tipo di gestione dei migranti diventi un “esempio per il Patto su migrazione e asilo recentemente adottato”.
Il rapporto di Amnesty International
In nuovo rapporto intitolato “Samos: ‘Ci sentiamo in prigione sull’isola’. Detenzione illegale e condizioni inferiori agli standard in un centro per rifugiati finanziato dall’Unione europea” di Amnesty International ha rivelato l’uso indiscriminato degli ordini di “restrizione della libertà” che costringono le persone a subire una forma di detenzione illegale e arbitraria.
“La Grecia è da tempo un banco di prova per le politiche migratorie dell’Unione europea basate sull’esclusione delle persone in movimento ai confini della regione – ha affermato Deprose Muchena, direttore della divisione Impatto sui diritti umani di Amnesty -. Ciò che avviene a Samos dimostra che questo modello è punitivo, dispendioso e incentrato sulla violenza. Con il pretesto di registrare e identificare le persone, le autorità greche stanno di fatto trattenendo tutte le persone al loro arrivo, comprese quelle che si trovano in situazioni di vulnerabilità, violando i loro diritti. Tutto ciò sta accadendo in un centro finanziato dall’Unione europea, che dunque dovrebbe essere conforme agli standard europei”.
“Un incubo” finanziato dall’Unione europea
Il centro di Samos nasce dal frutto dell’impegno dell’Unione europea, dopo che nel 2020 alcuni incendi hanno devastato il campo profughi di Moria, a Lesbo, in Grecia. La Commissione europea aveva fornito ben 276 milioni di euro per dei nuovi centri “multiuso”. Strutture, cioè, che includessero centri di accoglienza e detenzione pre–rimpatrio. Quello di Samos è stato il primo ad essere inaugurato, nel 2021.
Tra giugno 2023 e gennaio 2024, l’aumento dell’arrivo dei rifugiati ha resto il centro sovraffollato, “con un picco di 4850 persone, a fronte di una capienza massima di 2040. Le persone sono state pertanto trasferite in aree non residenziali come cucine, aule e container, in condizioni inadeguate. Nel settembre 2023 le autorità hanno aumentato la capienza a 3650 posti, senza alcun intervento per incrementare il numero degli alloggi”, spiega Amnesty.
I servizi primari sono diventati difficili da reperire. Non c’è abbastanza acqua e l’assenza di assistenza sanitaria non è garantita tutto il giorno. I contratti degli operatori sanitari in servizio nel centro sono scaduti il 30 giugno.
“L’Unione europea aveva promesso che questi centri sarebbero stati conformi agli ‘standard europei’. Invece, la realtà ha rivelato un incubo distopico: un campo altamente sorvegliato, privo dei servizi più basilari. Telecamere di sicurezza e filo spinato circondano il centro, che è diventato così simile a una prigione. Le persone non hanno abbastanza acqua o cure mediche adeguate e, in alcuni casi, nemmeno letti. Tutto questo mentre sono impossibilitate a lasciare il centro per settimane, a volte mesi”, ha aggiunto Deprose Muchena.
Detenzione “arbitraria e illegale”
Amnesty International ha raccolto prove sull’applicazione delle misure di “restrizione della libertà” che confinano le persone all’interno di Samos fino a 25 giorni dal loro ingresso. “Inoltre, specialmente nei periodi di sovraffollamento, le persone all’interno del centro vivono in condizioni indegne, che potrebbero violare il divieto di trattamenti inumani o degradanti – denuncia AI -. Sebbene gli ordini di restrizione della libertà sembrino “non basati su criteri razziali” e riguardino tutte le persone nuove che entrano nei centri, in realtà colpiscono quasi esclusivamente i richiedenti asilo appartenenti a minoranze etniche. La Grecia deve garantire che le sue politiche migratorie non producano risultati discriminatori sulla base di una razializzazione, in quanto contrari al diritto internazionale.
Secondo il movimento di volontari, il sostegno della Commissione europea alla creazione e gestione del centro aumenta le sue responsabilità per eventuali violazioni dei diritti umani che ne derivano. Come tutti i nuovi centri finanziati dall’Unione europea, quello di Samos è progettato per rispettare i principi del Patto europeo su migrazione e asilo: un insieme di riforme recentemente adottate dalla legislazione europea sull’asilo.
“Samos è una finestra sul futuro del Patto su migrazione e asilo e rappresenta un’opportunità cruciale per l’Unione europea e i suoi stati membri per cambiare rotta. Le norme greche sull’asilo relative alle ‘restrizioni della libertà’ devono essere urgentemente abrogate e, a tal fine, la Commissione europea deve avviare le procedure di infrazione contro la Grecia per assicurare il rispetto delle norme dell’Unione europea – ha aggiunto Deprose Muchena -. L’Unione europea deve agire con urgenza per garantire che l’uso di misure restrittive durante le procedure migratorie non si traduca in una diffusa detenzione illegale e in altre violazioni, come stiamo vedendo a Samos. Non farlo, non solo pregiudicherebbe radicalmente gli standard dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ma aumenterebbe drasticamente i traumi e le sofferenze delle persone alle frontiere”, ha concluso Muchena.
Il nuovo Patto su migranti e asilo
Il Nuovo Patto migranti e asilo dell’Ue è una risposta comune europea alla migrazione. Ecco i punti chiave:
• Solidarietà obbligatoria: Il patto prevede la solidarietà obbligatoria per i paesi dell’Ue riconosciuti come sotto pressione migratoria. Gli altri Stati membri possono scegliere tra il ricollocamento dei richiedenti asilo nel loro territorio e il versamento di contributi finanziari.
• Procedure accelerate: Il patto prevede procedure accelerate alla frontiera per i richiedenti asilo che provengono da paesi considerati sicuri.
• Estensione della detenzione amministrativa: Il patto prevede l’estensione della detenzione amministrativa dei richiedenti asilo.
• Sistema di quote: Il patto prevede un meccanismo obbligatorio di solidarietà tra i diversi paesi dell’Unione, che implica il ricollocamento dei migranti secondo un sistema di quote.
• Tutela dei Diritti Fondamentali: Il patto fornisce certezza e chiarezza alle persone che arrivano nell’Ue e tutela i loro diritti fondamentali.
Il funzionamento del patto è monitorato dalla Commissione europea. Ogni Stato membro è responsabile dell’efficace attuazione del patto nel proprio territorio.
Il piano Ippocrate in Grecia
L’Unione europea finanzia il programma sanitario globale rivolto ai migranti e ai rifugiati in Grecia (PHILOS II) dal 2019. PHILOS II è stato prorogato fino a febbraio 2024. La Grecia ha lanciato un invito a presentare proposte nell’ambito del Fondo per l’asilo, la migrazione e l’integrazione 2021-2027 per il progetto Ippocrate, per la fornitura di servizi sanitari alla popolazione migrante (30 milioni di euro, comprensivi del contributo nazionale e dell’Ue), come successore di PHILOS II.
La commissaria europea Ylva Johansson, in un’interrogazione parlamentare al Parlamento europeo, negli scorsi mesi, ha spiegato che “Le autorità greche sono responsabili della selezione dei progetti da finanziare, dell’assunzione della responsabilità della gestione e della garanzia che le azioni sostenute dai fondi siano attuate in linea con gli obiettivi del programma approvato e nel rispetto delle norme applicabili. Ippocrate intende migliorare la copertura dei bisogni medici e psicosociali dei migranti e dei rifugiati -e ha aggiunto -. Gli Stati membri devono garantire che i pagamenti siano eseguiti tempestivamente e che la legislazione nazionale sia rispettata quando si rinnovano i contratti dei dipendenti”.
Ma, come spiega Amnesty International, l’avvio del nuovo progetto “Ippocrate”, finanziato dall’Unione europea e gestito dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni, è ancora in sospeso.