Sanchez propone salario minimo Ue: “Una vita migliore dipende da noi”

Solo cinque Paesi Ue, tra cui l'Italia, non hanno un salario minimo. Nei restanti ventidue si va dai 2.704 euro del Lussemburgo ai 551 euro della Bulgaria
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Pedro Sanchez Fg
Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez (Ftg)

“Dipende da noi garantire che l’Unione europea offra una vita migliore ai nostri cittadini, incluso un salario minimo comune in tutta l’Unione europea”. Con queste parole, pronunciate sabato 18 ottobre 2025 durante la chiusura del congresso del Partito Socialista Europeo ad Amsterdam, il premier spagnolo Pedro Sanchez ha lanciato una proposta destinata a riaccendere il dibattito sul futuro sociale dell’Europa. Davanti a centinaia di rappresentanti dei partiti della famiglia socialista europea, il leader del Psoe ha messo sul tavolo una misura per ridisegnare le tutele dei lavoratori nei Ventisette Stati membri, a partire da quei cinque Paesi che ancora non hanno un “minimum wage”, tra cui l’Italia.​

Una risposta all’avanzata dell’estrema destra

La proposta di Sanchez si inserisce in un contesto politico segnato dalla crescita delle forze di estrema destra in diversi Paesi europei. Il capo del governo spagnolo ritiene necessario ampliare il pilastro sociale dell’Europa, avvertendo che i diritti dei lavoratori e delle classi medie, ottenuti dopo decenni di lotta, sono ora minacciati. Nel suo intervento, il premier socialista ha lanciato un duro avvertimento accusando la destra tradizionale europea di diventare “un satellite dell’estrema destra”. “La Spagna non è un’eccezione. La destra è diventata un altro satellite dell’estrema destra”, ha affermato, criticando i partiti conservatori che si sono “arresi” copiando le idee e proposte dell’estrema destra.

Secondo Sanchez, un salario minimo europeo rappresenterebbe un passo concreto per garantire posti di lavoro dignitosi e salari equi, tutelando i lavoratori e le classi medie. Il premier ha posizionato la proposta come parte di una spinta più ampia per proteggere i diritti dei lavoratori e sostenere le classi medie europee.

Quali Paesi Ue non hanno il salario minimo

Ventidue dei ventisette Paesi dell’Unione europea hanno un salario minimo nazionale stabilito per legge. Le cinque eccezioni sono Italia, Danimarca, Austria, Finlandia e Svezia, che affidano la determinazione dei salari esclusivamente alla contrattazione collettiva, seppure con enormi differenze.

Mentre Danimarca, Finlandia e Svezia vantano sistemi di contrattazione collettiva estremamente sviluppati, l’Italia presenta tassi di inosservanza delle tutele salariali superiori all’8% della forza lavoro. Secondo le stime, 5,7 milioni di lavoratori dipendenti italiani percepiscono meno di 850 euro netti al mese, una cifra che raggiunge i 7,7 milioni considerando la soglia dei 1.200 euro.

Recentemente, la Regione Toscana ha sperimentato l’introduzione di un salario minimo regionale a nove euro lordi all’ora, ma il provvedimento è stato impugnato dal governo, che dichiara di voler puntare sulla contrattazione collettiva.

Il monito di Giorgetti

Sul punto è intervenuto il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti che un mese fa, in audizione al Senato sul Documento di programmazione fiscale, ha riconosciuto la gravità della situazione italiana dove l’assenza del salario minimo e la contrattazione collettiva spesso datata acuiscono le difficoltà delle famiglie, alle prese con l’inflazione. “Nel pubblico impiego abbiamo recuperato contratti che erano fermi“, ma non è successo altrettanto nel privato, ha spiegato il ministro. Da qui il monito ai datori di lavoro che devono “fare la loro parte e riconoscere ai lavoratori aumenti stipendiali“.

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Un progetto ambizioso per l’Europa sociale

Oltre al salario minimo comune, Sanchez ha delineato un’agenda sociale più ampia per l’Unione europea. Il premier ha difeso la protezione della salute e dell’educazione pubblica, l’adozione di misure per facilitare l’accesso alla casa, il raggiungimento di aria pulita grazie alla transizione energetica e la riduzione delle disuguaglianze. “Tutte le vite hanno lo stesso valore: in Ucraina, a Gaza o in qualsiasi altra parte del mondo“, ha dichiarato il leader socialista, avvisando che “accettare doppi standard rovina l’autorità morale dell’Europa e smantella il sistema multilaterale”.

Il premier ha anche rivendicato i risultati economici della Spagna sotto la sua guida, evidenziando che il 60% della generazione di energia proviene da fonti rinnovabili e sottolineando le proiezioni economiche positive per il Paese. “Stiamo smantellando, uno per uno, i vecchi dogmi imposti dalla destra durante e dopo la crisi finanziaria del decennio passato”, ha concluso.

Come potrebbe funzionare il salario minimo europeo

Sebbene i dettagli operativi della proposta non siano stati specificati nel discorso di Sanchez, l’idea di un salario minimo comune solleva sfide politiche e operative significative. Un’implementazione richiederebbe coordinamento tra Paesi con economie, costo della vita e livelli salariali profondamente differenti. Nel 2022, l’Unione europea ha già adottato la direttiva sui salari minimi adeguati, il cui termine di recepimento è scaduto a novembre 2024. Quel provvedimento non obbliga i Paesi a introdurre un salario minimo legale, ma stabilisce un quadro per garantire retribuzioni dignitose e promuovere la contrattazione collettiva.

Una proposta in passato ha suggerito che i salari minimi dovrebbero superare una certa percentuale del salario mediano nazionale, per evitare grandi disuguaglianze. Il salario minimo europeo, secondo la visione di Sanchez, rappresenterebbe un segno concreto di inclusione e solidarietà, rafforzando la coesione sociale e riducendo il divario tra ricchi e poveri nei diversi Stati membri. Tra i 22 Paesi Ue che hanno un salario minimo​ garantito per legge, ci sono significative differenze di retribuzione.

Salario minimo: a quanto ammonta nei Paesi Ue?

L’ultimo Paese Ue a introdurre il salario minimo è stato Cipro, che lo ha previsto per legge dal 1° gennaio 2023.

Le differenze tra i 22 Stati sono marcate. Il Lussemburgo mantiene il primato europeo con 2.704 euro mensili lordi, seguito dall’Irlanda con 2.282 euro e dai Paesi Bassi con 2.246 euro. La Germania occupa la quarta posizione con 2.161 euro e ha annunciato una serie di aumenti che porteranno il salario minimo a 14,60 euro l’ora entro il 2027. Il Belgio registra 2.112 euro, mentre la Francia si attesta a 1.802 euro.

Nella fascia intermedia, la Spagna guida con 1.381 euro, riflettendo gli sforzi del governo Sanchez per sostenere il potere d’acquisto delle famiglie. Il governo spagnolo ha aumentato il salario minimo del 61% negli ultimi sette anni, portandolo da 735 euro nel 2018 a 1.184 euro mensili nel 2025. La Slovenia segue con 1.278 euro, la Polonia con 1.091 euro, la Lituania con 1.038 euro, il Portogallo con 1.015 euro e Cipro con 1.000 euro.

All’estremo opposto della classifica si trova l’Europa orientale. La Bulgaria chiude con 551 euro mensili, seguita dall’Ungheria con 707 euro, dalla Lettonia con 740 euro, dalla Romania con 814 euro, dalla Slovacchia con 816 euro, dalla Repubblica Ceca con 826 euro, dall’Estonia con 886 euro, da Malta con 961 euro, dalla Grecia con 968 euro e dalla Croazia con 970 euro. Il divario tra la vetta e il fondo della classifica rimane ampio: nel 2020 il salario minimo lussemburghese superava di sette volte quello bulgaro, mentre oggi il rapporto si è ridotto a 4,8 volte.

​Il confronto tra i salari minimi di luglio 2015 e luglio 2025 dimostra che la convergenza europea procede, spinta dall’inflazione e dalle pressioni politiche per ottenere condizioni di vita più dignitose. Gli aumenti del 2025 hanno interessato la maggior parte degli stati membri, con la Croazia e la Lituania che hanno registrato gli incrementi più consistenti.

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