La Russia userà missili di medio e corto raggio (e Lavrov non chiude alla proposta di Trump)

Il ministro degli esteri russo ha annunciato la sospensione della "moratoria unilaterale" rispetto al Trattato Inf. L'ennesima minaccia all'Europa
3 giorni fa
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Sergej Lavrov Fotogramma
il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov_fotogramma

La Russia schiererà i missili di medio e corto raggio. Lo ha fatto sapere il ministro degli esteri russo aprendo agli scenari di una nuova guerra Fredda. Parlando con l’agenzia Ria Novosti, Sergei Lavrov ha annunciato la sospensione della “moratoria unilaterale” rispetto al Trattato Inf (Intermediate-range nuclear forces), firmato l’8 dicembre del 1987 da Ronald Reagan e da Michail Gorbaciov.

Trentasette anni sono bastati a far tornare la tensione tra l’Occidente e la Russia: “Stiamo valutando la situazione sulla base di un’analisi delle azioni destabilizzanti di Usa e Nato nella sfera strategica e, di conseguenza, dell’evoluzione delle minacce che ne derivano”, ha detto Lavrov.

L’accordo Inf dal 1987 ad oggi

Dalla firma dell’accordo ad ora, si sono invertite le logiche dello scontro. Per quasi quarant’anni il conflitto tra Usa e Russia è stato scongiurato dalla riduzione dell’arsenale nucleare, ma l’aggressione russa all’Ucraina ha riportato in auge la strategia della Guerra Fredda: senza riarmo, una potenza prevarica l’altra e la tiene in scacco.

L’inversione di rotta è iniziata già nel 2019, quando la prima amministrazione Trump decise di ritirarsi dal Trattato Inf. Dopo i missili e i droni contro l’Ucraina, il 21 febbraio 2023, Mosca ha annunciato la sospensione del Trattato “New Start” che limita(va) a 1.550 il numero delle testate nucleari a disposizione di Russia e Stati Uniti.

Poi, nel luglio 2024, Putin ha fatto sapere che avrebbe aumentato la produzione di missili “Iskander” a corto raggio (fino a 500 km) e medio (1.500 chilometri). Il Cremlino ha aumentato il pressing e la minaccia con il missile balistico intercontinentale “R-26 Rubezh”, che ha un raggio di 5.500 chilometri. Mosca ne ha lanciato uno nei dintorni della città ucraina di Dnipro.

L’ultima minaccia russa è il missile Oreshnik, il missile balistico a medio raggio che ha debuttato mercoledì 21 novembre, quando è stato lanciato con le sue testate multiple contro un impianto industriale di Dnipro. Il raid è stato la risposta di Putin ai missili Atamcs e Storm Shadow che l’Ucraina ha lanciato contro obiettivi in Russia dopo l’autorizzazione di Stati Uniti e Regno Unito. Il missile, per Putin, è un asso che la Russia può calare su ogni tavolo. “Nessuno ha le armi di cui disponiamo noi, nessuno può intercettare il missile Oreshnik”, ha detto il presidente russo promettendo di lanciare altri e nuovi missili in guerra.

Cosa prevedeva l’accordo

L’Intermediate-range nuclear forces metteva al bando gli ordigni in grado di colpire obiettivi a una distanza compresa tra i 500 e i 1.000 chilometri (corto raggio); oppure tra i 1.000 e i 5.000 chilometri. Dopo la firma di Reagan e Gorbaciov, gli americani smantellarono i “Pershing” e i “Tomahawk” collocati in Europa mentre il Cremlino eliminò gli “Rsd-10 Pioner”.

Lavrov risponde a Trump

Nell’intervista a Ria Novosti, Lavrov ha anche risposto alle proposte di Donald Trump per far cessare il conflitto. Tra le proposte del tycoon, ci sarebbe quella di rinviare l’adesione dell’Ucraina alla Nato per vent’anni e di dispiegarvi un contingente di forze di pace dell’Ue e del Regno Unito. Il ministro degli esteri russo non ha chiuso a questa proposta, ma ha precisato che, per il momento, gli Stati Uniti non hanno inviato nessuna comunicazione ufficiale al Cremlino in merito a una soluzione sull’Ucraina.

“Nessun percorso per un processo di pace in Ucraina è ancora in vista a causa della posizione del regime di Kiev”, ha quindi confermato il portavoce presidenziale russo Dmitry Peskov. 

Le trattative potranno subire un’accelerata (ma la direzione resta ignota) dal 20 gennaio, data dell’insediamento ufficiale di Donald Trump. Proprio il presidente che aveva lasciato la sola Russia nell’accordo Inf, che oggi neanche il Cremlino vuole più rispettare.

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